Quando chiamarsi Misseri diventa una colpa

di Roberta Calò
Le telecamere de La vita in Diretta hanno intervistato un nipote di Michele Misseri. Il ragazzo è apparso un caso umano vittima dei danni collaterali che questa vicenda sta provocando di riflesso su tutti i membri, anche alla larga, della famiglia Misseri. Il ragazzo, infatti, di cui non sono state fornite le generalità ma che per sua sfortuna porta lo stesso cognome dello zio indagato per l’omicidio di Sarah Scazzi, lavorava 12 ore al giorno e fino ad agosto, quando c’era la raccolta dei pomodori, era il più ricercato ad Avetrana per la sua instancabile voglia di lavorare. Ora il ragazzo non lavora più, i suoi datori di lavoro non lo chiamano e nessuno gli offre la possibilità di guadagnare. Tale realtà, tragica per un ragazzo appartenente a una famiglia non benestante che lavora a giornata e non guadagna se si ferma, ora diventa un dramma di vita.
Il ragazzo ha commentato così questa situazione: “Perché devo nascondere, è mio zio che ci devo fare. Ho sempre lavorato e anche quest’anno fino a metà ottobre poi mi hanno detto basta e per adesso sono a casa. Per me è per via del cognome, ti guardano un po’ strano, la gente non dico che fa di tutt’erba un fascio però è così. Io vado fiero del mio cognome. Volevo comprare la macchina ma nemmeno quello, niente più. E’ inutile quando la gente si fissa con una cosa è quella. Avevo un amico molto sensibile molto stretto che da quando è successo s’è allontanato senza che gli avessi fatto niente. Mio zio non è capace di far questo, dalla mattina alla sera in campagna”.
Il ragazzo risulta dunque essere l’ennesimo bersaglio, anche se colpito di riflesso, in una vicenda la cui chiave di lettura è da ricercare probabilmente all’interno delle intricate, complesse e omertose dinamiche familiari di casa Misseri quasi al limite della patologia.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto