REDAZIONE - Montano le polemiche, a distanza di quattro giorni, sulla tragedia della Concordia e sulle 'leggerezze' fatali compiute dal comandante Francesco Schettino, ora nel carcere di Grosseto con le accuse di omicidio colposo plurimo, naufragio ed abbandono della nave. Abbiamo intervistato un ex marittimo ufficiale di Coperta, Paolo Lopelli, che ci ha spiegato cosa non andava fatto in quei terribili momenti, anche se sarà ovviamente compito della magistratura gettar luce sull'accaduto.
Molto si è discusso sul Mayday: ci si interroga ancora se Schettino l'abbia mai lanciato, o l'abbia fatto con un ritardo di circa due ore dall'impatto 'fatale' con gli scogli antistanti l'Isola del Giglio.
Secondo Lopelli, "Il mayday, il segnale internazionale di emergenza, sarebbe dovuto essere lanciato immediatamente, non appena ci si fosse accorti che la nave imbarcava acqua".
Si è largamente discusso anche sulle operazioni di salvataggio dei circa 3200 crocieristi. Quasi tutti hanno lamentato indecisioni e ritardi da parte del personale di bordo. Lopelli sottolinea che "di sicuro le operazioni non sono state effettuate in maniera impeccabile, perchè gli ufficiali non erano pronti durante queste ultime, anche se è sempre molto difficile coordinarle in una nave così grande e far sì che tutto vada per il meglio riuscendo a gestire il panico generale".
Per quanto riguarda la vicinanza alla terra della nave durante la navigazione ed il 'rituale', fatale in tale occasione, dell'inchino, Lopelli spiega che quest'ultimo "è una tradizione che non pochi comandanti fanno e consiste appunto nell'accostarsi alla riva e azionare i fischi e la sirena: è un modo, insomma, per 'salutare' la terraferma ed i suoi abitanti. Occorre aggiungere, tuttavia, precisa Lopelli, che non bisogna mai perdere di vista la distanza di sicurezza. In tutti i casi, l''inchino' è sempre una scelta personale del comandante, mai della compagnia, per 'far scena', per 'colpire' i passeggeri".
Una manovra avventata, come più volte si è ribadito, quella di Schettino? "Di sicuro", replica l'ex marittimo. "Non si può fare una manovra così vicino alla costa, prosegue Lopelli, sapendo inoltre che il fondale del Giglio è pieno di scogli di granito, un materiale che può tagliare qualsiasi cosa".
"E' inconcepibile, conlcude Lopelli, che un comandante non conosca quel fondale, stranoto e strasegnalato sulle carte, possedendo, tra l'altro, tutte le strumentazioni più moderne e sofisticate che la tecnologia possa offrire ad una nave così moderna ed efficiente".
Molto si è discusso sul Mayday: ci si interroga ancora se Schettino l'abbia mai lanciato, o l'abbia fatto con un ritardo di circa due ore dall'impatto 'fatale' con gli scogli antistanti l'Isola del Giglio.
Secondo Lopelli, "Il mayday, il segnale internazionale di emergenza, sarebbe dovuto essere lanciato immediatamente, non appena ci si fosse accorti che la nave imbarcava acqua".
Si è largamente discusso anche sulle operazioni di salvataggio dei circa 3200 crocieristi. Quasi tutti hanno lamentato indecisioni e ritardi da parte del personale di bordo. Lopelli sottolinea che "di sicuro le operazioni non sono state effettuate in maniera impeccabile, perchè gli ufficiali non erano pronti durante queste ultime, anche se è sempre molto difficile coordinarle in una nave così grande e far sì che tutto vada per il meglio riuscendo a gestire il panico generale".
Per quanto riguarda la vicinanza alla terra della nave durante la navigazione ed il 'rituale', fatale in tale occasione, dell'inchino, Lopelli spiega che quest'ultimo "è una tradizione che non pochi comandanti fanno e consiste appunto nell'accostarsi alla riva e azionare i fischi e la sirena: è un modo, insomma, per 'salutare' la terraferma ed i suoi abitanti. Occorre aggiungere, tuttavia, precisa Lopelli, che non bisogna mai perdere di vista la distanza di sicurezza. In tutti i casi, l''inchino' è sempre una scelta personale del comandante, mai della compagnia, per 'far scena', per 'colpire' i passeggeri".
Una manovra avventata, come più volte si è ribadito, quella di Schettino? "Di sicuro", replica l'ex marittimo. "Non si può fare una manovra così vicino alla costa, prosegue Lopelli, sapendo inoltre che il fondale del Giglio è pieno di scogli di granito, un materiale che può tagliare qualsiasi cosa".
"E' inconcepibile, conlcude Lopelli, che un comandante non conosca quel fondale, stranoto e strasegnalato sulle carte, possedendo, tra l'altro, tutte le strumentazioni più moderne e sofisticate che la tecnologia possa offrire ad una nave così moderna ed efficiente".