Mistica, poesia e ragione nella filosofia di María Zambrano


di Vittorio Polito. È stato pubblicato per la collana “Ethos” della Levante Editori, il volume di Biagio di Iasio “María Zambrano. Pietà e ragione” (pagg. 110 - € 13).
María Zambrano (1904-1991) è stata, assieme a Simone Weil e Hannah Arendt, una delle pensatrici più originali del Novecento. In un clima filosofico fortemente influenzato dalla fenomenologia di Husserl, dall’opera di Heidegger, ‘Essere e tempo’, e dalla riflessione di Simmel, Scheler, Kafka e tanti altri, la filosofa spagnola seppe individuare nell’ambito della filosofia «territori poco esplorati, quali l’ineffabile sapere della vita, la ragione poetica, la pietà e l’amore riuscendo a porsi in alternativa a quel pessimismo devastante della cultura occidentale che ebbe il suo sbocco naturale nei totalitarismi e negli stermini di massa». I temi della Zambrano erano attinti dai quei “saperi minori”, Guide, Meditazioni, Epistole, Confessioni, Memorie ecc., nei quali era possibile cogliere in diretta la vita prima della sua riduzione in idea a opera della ragione. Saperi, cosiddetti “minori”, nei quali si conservava quell’umano sparito dai grandi sistemi filosofici e conservato nella letteratura popolare. La riflessione di Zambrano non appartiene alla tradizione delle grandi sintesi logiche degli ultimi due secoli, essa si collega piuttosto alla meditazione degli stoici e di Seneca configurandosi come filosofia misericordiosa che corre in aiuto dell’uomo sofferente non per fornirgli l’“assoluto sapere” della ragione, ma il necessario soccorso per sopportare le pene quotidiane. Una filosofia, in sostanza, intrisa di pietà che è un sentimento nobile da cui originano tutti gli altri e che può considerarsi quello più vicino all’amore cristiano: il sentimento che spiana la strada al riconoscimento dell’altro, del diverso e di tutto ciò che è altro dall’uomo.
«Ispirandosi a Platone - rileva l’autore della monografia - che, da poeta tragico e cantore delle sofferenze della vita, seppe elevarsi alla filosofia, riuscendo in tale elevazione a decifrare quello che si nasconde dietro il lamento, María Zambrano comprende che la ragione per essere accettata e desiderata dalla vita deve necessariamente passare per il vissuto dell’uomo, penetrare nelle motivazioni dei suoi comportamenti e dei suoi aneliti». Solo per tale strada la vita migliora e l’uomo vede riconosciute quelle istanze profonde che lacerano la sua esistenza.
Zambrano vede nella donna tale tipo di ragione, oltre che nel pensiero di Seneca e nella meditazione di Sant’Agostino. Nelle sue analisi sulla condizione della donna, apparse nei primi articoli giovanili pubblicati sul giornale “El Liberal” (1928) e in alcuni scritti della maturità, raccolti in ‘Nacer por sí misma’, manifesta chiaramente tale punto di vista prendendo le dovute distanze dal movimento “femminista”. Zambrano fu una scrittrice che riuscì a pensare al femminile, rivendicando il diritto della donna a definirsi al di là del sogno dell’uomo: oltre, o al di qua, della sua logica, mai all’interno. Non perché la donna sia una creatura alogica, ma solo perché creatura “diversamente razionale”, fornita di ragione intrisa di pietà; più attenta alle istanze vitali che salgono dalle profondità dell’essere umano e dal gemito delle sue viscere. Forse una ragione meno “pura” di quella di Platone e di Aristotele, ma più umana, inclusiva e misericordiosa: sicuramente più idonea a fornire all’essere umano quell’aiuto sufficiente a rendere più sopportabile la vita. La donna è più dotata del senso della vita e dello spirito giusto per uscire indenne, in tempi di crisi, da navigazioni difficili; è più accogliente e attenta al diverso, e soprattutto distante dal delirio creatore dell’uomo che vuole imitare Dio. Di fronte al “sapere dell’anima” della donna, la conoscenza intellettuale dell’uomo avverte il suo limite.
Il magistero spirituale e culturale di Zambrano è stato quello di sintetizzare i due saperi: quello dell’uomo, essenzialmente intellettuale, e quello della donna, squisitamente dell’anima. In lei, nelle vesti di donna e filosofa, quella mirabile sintesi di sapere dell’anima della donna e pensiero dialettico dell’uomo, di poesia e nous si era già compiuta. Occorreva lavorare per la riconciliazione delle due parti dell’essere, pensiero e anima, perché non era un problema che riguardava solo la donna, ma anche l’uomo dalla cui soluzione avrebbe visto lievitare il suo essere, ridotto, per onnipotenza di pensiero, a strumento di potere e di violenza e privato della capacità di “sentire” con l’anima la complessità e le ragioni profonde della vita. Era questa l’unica strada da percorrere per ridurre la distanza tra la verità della ragione e la verità della vita , tra ciò che la ragione teorizza e ciò che l’anima sente. Si comprende dunque il motivo per cui Zambrano rivendicò con passione e tanta generosità il riscatto della donna da sempre esiliata dalla storia e tenuta distante dalla conoscenza intellettuale.
Un altro tema di grande rilevanza nel pensiero di Zambrano è quello della “rinascita” che certamente eredita dal pensiero cristiano e riflette quello della risurrezione di Cristo. Il tema della rinascita illumina l’intera vita della filosofa spagnola: dall’esperienza della malattia, in età giovanile, alla sofferenza per la morte del padre e di sua sorella Araceli, fino al lungo esilio durato quarantacinque anni. Rinascita che segue sempre a una sofferenza, a un sacrificio da consumare che richiama quella del pensiero cristiano del seme che deve marcire per risorgere a nuova vita.
Dalla lettura dei grandi mistici, apprende che l’uomo nuovo, quello totalmente rinnovato e fondamentalmente “altro” non può che nascere dalla distruzione dell’uomo vecchio e logoro, di cui parla sant’Agostino. Svuotando se stesso, l’uomo fa spazio nel suo io che diventa accogliente ed ospitale: propizia l’entrata del ”diverso” e la nascita di un nuovo essere e di una nuova identità. E in questo io ridotto a cavità accogliente possono liberamente entrare nuove parole, nuove cose, e una nuova verità, in forma di scintillìo, può trovare la sua dimora.
Oltre al pensiero mistico, in questa visione entra anche l’esperienza dell’esilio che Zambrano considera uno svuotamento di essere e un diventare estranei a se stessi in attesa di identità. Anche l’esiliato, dice la filosofa spagnola, si trova suo malgrado a dover rinascere, ad osservare il mondo con lo sguardo dell’innocente, di colui che privato di storia, di luogo e di visione del mondo, è costretto a piantarsi in una nuova esistenza con altri e diversi riferimenti esistenziali e culturali in attesa di altra identità. L’esilio «proietta l’esule in una condizione di “puro esserci”, di nudità esistenziale e d terribile semplicità: “stati aurorali” da cui partire per iniziare una nuova nascita e un nuovo pensiero. É questo, forse, il messaggio più originale di Zambrano, che per i nostri tempi di esuli, profughi, trasmigrazioni di interi popoli e di globalizzazione, costituisce senza dubbio un invito a cogliere l’occasione favorevole per la nascita di una nuova storia».
Infine, il lavoro monografico su María Zambrano si chiude con le riflessioni politiche apparse in due rilevanti opere, “Orizzonte del Liberalismo e Persona e democrazia”, nelle quali la filosofa spagnola affronta due questioni cruciali del Novecento: i limiti del liberalismo economico e i pregi della democrazia. Per amore dell’uomo, dice Zambrano, gli uomini devono rinunciare alla economia fondata sul benessere di pochi e non di tutti. Devono privilegiare un liberalismo più umano che contempli per l’uomo tutte le libertà a partire da quella economica fino ad arrivare a quelle spirituali che si concretano nella cultura. Il momento economico deve costituire solo l’inizio della elevazione dell’uomo alla sfera etica. In Persona e democrazia, opera della maturità, ha modo di riflettere sulla possibilità di attuare un autentico liberalismo economico per tutti. Condizione indispensabile è l’edificazione di una società autenticamente democratica, costituita di persone uguali in quanto tali e non per qualità o caratteri, essendo l’uguaglianza non monotona uniformità ma il presupposto necessario per l’accettazione delle differenze e della ricca complessità umana. Persone attive che per coscienza, pensiero e sensibilità etica sono quelle più disposte al cambiamento; persone che hanno compreso che l’ordine democratico «è più simile all’ordine musicale che all’ordine architettonico»; che tale ordine è dinamico e in continuo mutamento: simile a una sinfonia, dice Zambrano, che « dobbiamo ascoltarla, riprodurla ogni volta; dobbiamo in un certo senso rifarla o contribuire alla sua realizzazione: è una unità, un ordine che viene a crearsi davanti a noi e dentro di noi. Esige la nostra partecipazione». Di qui la necessità per la società di avere delle persone e non individui, perché solo la presenza di persone, intese come centri di relazioni, di spiritualità e origine dei valori costituisce per la società l’unica e reale possibilità di rinnovarsi e aprirsi al nuovo. Conclude Zambrano: «Solo in senso metaforico si può dire che una società è creatrice. In realtà, è la persona a poter creare in funzione della società e per la società».