BARI. Un albero e una targa per non dimenticare i 30.000 desaparecidos vittime della dittatura militare argentina. Ma anche una campagna pubblica, sostenuta dal Comune di Bari, per aiutare a ritrovare centinaia di figli sottratti e riannodare i fili di storie personali e collettive.
È questo il significato della cerimonia svoltasi questa mattina, in piazza Umberto, alla quale hanno partecipato il sindaco di Bari, Michele Emiliano, Carlos Cherniak, ministro dell’Ambasciata d’Argentina in Italia, Claudia Carlotto, coordinatrice generale della Commissione nazionale per il diritto all’identità - Argentina (CONADI), e Guillermo Pérez Rozimblit, uno dei “neonati scomparsi” recuperati dalle Nonne di Plaza de Mayo.
“Ringrazio il ministro dell’Ambasciata Argentina e tutti gli ospiti presenti per averci fatto l’onore di coinvolgere Bari e la Puglia in questa importante ed emozionante indagine - ha detto il sindaco Michele Emiliano durante la cerimonia - anche in Italia, infatti, possono esserci cittadini inconsapevoli di essere figli di desaparecidos, che potrebbero avere vantaggio nel sapere che la Repubblica Argentina li sta cercando. Perché questa ricerca abbia successo è necessario che ciascuno rifletta sulla propria storia e su quella della propria famiglia, oppure fornisca all’Ambasciata argentina notizie utili su legami familiari con l’Argentina di cui sia a conoscenza”. Emiliano si è poi soffermato sulle relazioni strette che esistono tra il nostro Paese e la comunità argentina: “Siamo riuniti qui - ha dichiarato - perché ci uniscono valori e principi condivisi. Oggi la Costituzione argentina è un presidio di democrazia. Vogliamo ribadire che la democrazia non si difende solo nei confini, ma coltivando la memoria e restituendo diritti alle persone. Ogni essere umano, per il solo fatto di essere nato, ha dei diritti inviolabili. In Italia cambiare l’identità di qualcuno è un reato grave, si chiama “alterazione di stato”, ed è punito con 15 anni di reclusione. Nel caso dei figli di desaparecidos il contesto è ancora più grave: oltre all’identità , a queste donne ea questi uomini sono stati strappati i genitori, uccisi dal regime. Una tragedia di proporzioni enormi. Ho grande ammirazione per il popolo argentino per come ha saputo reagire, con forza, a quell’evento tremendo, avviando una campagna per la restituzione dei diritti violati. Questa è l’essenza della democrazia e con la cerimonia odierna, attraverso la simbolica piantumazione di un albero, desideriamo che questa ricerca di verità sia la base per costruire un mondo diverso”.
“La scelta di Bari non è casuale - ha dichiarato il ministro dell’Ambasciata d’Argentina Carlos Cherniak - perché le autorità della città e della regione hanno dimostrato una sensibilità molto particolare rispetto al nostro percorso di riconoscimento dell’identità delle persone. Ringrazio il sindaco Emiliano, le istituzioni, e anche la stampa per averci aiutato a trasmettere il sentimento della popolazione argentina, del Governo e delle famiglie dei desaparecidos. Per noi questa è un’opportunità . Una democrazia matura non nasconde le tragedie sotto il tappeto, ma si batte per ristabilire la verità . Con noi oggi c’è Claudia Carlotto, coordinatrice dell’Agenzia nazionale che verifica e garantisce, attraverso il dna, le reali parentele tra persone. Grazie a questo lavoro siamo riusciti a restituire l’identità e la verità a tanti giovani, come Guillermo Pérez Rozimblit, ma la ricerca è ancora lunga, mancano centinaia di trentenni, e non ci stancheremo mai di mettere tutti gli strumenti a disposizione dello Stato argentino per scoprire la loro vera storia”.
La parola è passata quindi a Claudia Carlotto che, nel ringraziare Bari e la Puglia, ha voluto raccontare la sua esperienza: “Questa è una vicenda universale e al tempo stesso personale. Sto cercando da oltre trent’anni mio nipote. A sole cinque ore dalla sua nascita è stato rapito dalla dittatura. Mia sorella fu fucilata due mesi dopo. Da quell’istante lo stiamo cercando. C’è la documentazione che almeno 500 bambini hanno subito la stessa sorte. Fino a ieri erano 106 i bambini ritrovati. Ieri si è trovato il numero 107”. Una notizia che dà speranza e nuova spinta a continuare la ricerca.
Ha concluso la cerimonia un testimone diretto di questa vicenda, Guillermo Pérez Rozimblit, per la prima volta in Italia, figlio di desaparecidos ritrovato grazie al lavoro delle organizzazioni argentine per i diritti umani: “Se in casa non trovi nessuna tua foto da bimbo e non trovi neppure una foto di tua madre incinta, se sei nato dal 1976 al 1981, è molto probabile che tu possa essere figlio di desaparecidos. Così è cominciata la mia presa di coscienza. Poi ti accorgi di somiglianze che non ci sono con i tuoi familiari: mio padre “falso”, ad esempio, era alto 1,70, io invece molto più di lui. Questi dettagli, sommati ad altri, mi hanno spinto ad iniziare un percorso, pur avendo avuto tutto sommato una vita normale, da figlio unico di genitori divorziati, a cui mancava avere dei fratelli. Nell’aprile 2000 una giovane mi si avvicina, parlo con lei e mi dice di essere figlia di desaparecidos alla ricerca di suo fratello. Credeva fossi io. Lo stesso giorno sono andato a fare l’esame del dna dalle “Abuelas de Plaza de mayo” e in meno di 60 giorni ho avuto conferma di essere fratello di quella ragazza. Vivo la cerimonia odierna come un omaggio ai miei genitori naturali e a me, perché una delle cose più difficili per un figlio di desaparecidos è non avere un posto dove deporre un fiore. Ringrazio di cuore la città di Bari per questo omaggio”.
È questo il significato della cerimonia svoltasi questa mattina, in piazza Umberto, alla quale hanno partecipato il sindaco di Bari, Michele Emiliano, Carlos Cherniak, ministro dell’Ambasciata d’Argentina in Italia, Claudia Carlotto, coordinatrice generale della Commissione nazionale per il diritto all’identità - Argentina (CONADI), e Guillermo Pérez Rozimblit, uno dei “neonati scomparsi” recuperati dalle Nonne di Plaza de Mayo.
“Ringrazio il ministro dell’Ambasciata Argentina e tutti gli ospiti presenti per averci fatto l’onore di coinvolgere Bari e la Puglia in questa importante ed emozionante indagine - ha detto il sindaco Michele Emiliano durante la cerimonia - anche in Italia, infatti, possono esserci cittadini inconsapevoli di essere figli di desaparecidos, che potrebbero avere vantaggio nel sapere che la Repubblica Argentina li sta cercando. Perché questa ricerca abbia successo è necessario che ciascuno rifletta sulla propria storia e su quella della propria famiglia, oppure fornisca all’Ambasciata argentina notizie utili su legami familiari con l’Argentina di cui sia a conoscenza”. Emiliano si è poi soffermato sulle relazioni strette che esistono tra il nostro Paese e la comunità argentina: “Siamo riuniti qui - ha dichiarato - perché ci uniscono valori e principi condivisi. Oggi la Costituzione argentina è un presidio di democrazia. Vogliamo ribadire che la democrazia non si difende solo nei confini, ma coltivando la memoria e restituendo diritti alle persone. Ogni essere umano, per il solo fatto di essere nato, ha dei diritti inviolabili. In Italia cambiare l’identità di qualcuno è un reato grave, si chiama “alterazione di stato”, ed è punito con 15 anni di reclusione. Nel caso dei figli di desaparecidos il contesto è ancora più grave: oltre all’identità , a queste donne ea questi uomini sono stati strappati i genitori, uccisi dal regime. Una tragedia di proporzioni enormi. Ho grande ammirazione per il popolo argentino per come ha saputo reagire, con forza, a quell’evento tremendo, avviando una campagna per la restituzione dei diritti violati. Questa è l’essenza della democrazia e con la cerimonia odierna, attraverso la simbolica piantumazione di un albero, desideriamo che questa ricerca di verità sia la base per costruire un mondo diverso”.
“La scelta di Bari non è casuale - ha dichiarato il ministro dell’Ambasciata d’Argentina Carlos Cherniak - perché le autorità della città e della regione hanno dimostrato una sensibilità molto particolare rispetto al nostro percorso di riconoscimento dell’identità delle persone. Ringrazio il sindaco Emiliano, le istituzioni, e anche la stampa per averci aiutato a trasmettere il sentimento della popolazione argentina, del Governo e delle famiglie dei desaparecidos. Per noi questa è un’opportunità . Una democrazia matura non nasconde le tragedie sotto il tappeto, ma si batte per ristabilire la verità . Con noi oggi c’è Claudia Carlotto, coordinatrice dell’Agenzia nazionale che verifica e garantisce, attraverso il dna, le reali parentele tra persone. Grazie a questo lavoro siamo riusciti a restituire l’identità e la verità a tanti giovani, come Guillermo Pérez Rozimblit, ma la ricerca è ancora lunga, mancano centinaia di trentenni, e non ci stancheremo mai di mettere tutti gli strumenti a disposizione dello Stato argentino per scoprire la loro vera storia”.
La parola è passata quindi a Claudia Carlotto che, nel ringraziare Bari e la Puglia, ha voluto raccontare la sua esperienza: “Questa è una vicenda universale e al tempo stesso personale. Sto cercando da oltre trent’anni mio nipote. A sole cinque ore dalla sua nascita è stato rapito dalla dittatura. Mia sorella fu fucilata due mesi dopo. Da quell’istante lo stiamo cercando. C’è la documentazione che almeno 500 bambini hanno subito la stessa sorte. Fino a ieri erano 106 i bambini ritrovati. Ieri si è trovato il numero 107”. Una notizia che dà speranza e nuova spinta a continuare la ricerca.
Ha concluso la cerimonia un testimone diretto di questa vicenda, Guillermo Pérez Rozimblit, per la prima volta in Italia, figlio di desaparecidos ritrovato grazie al lavoro delle organizzazioni argentine per i diritti umani: “Se in casa non trovi nessuna tua foto da bimbo e non trovi neppure una foto di tua madre incinta, se sei nato dal 1976 al 1981, è molto probabile che tu possa essere figlio di desaparecidos. Così è cominciata la mia presa di coscienza. Poi ti accorgi di somiglianze che non ci sono con i tuoi familiari: mio padre “falso”, ad esempio, era alto 1,70, io invece molto più di lui. Questi dettagli, sommati ad altri, mi hanno spinto ad iniziare un percorso, pur avendo avuto tutto sommato una vita normale, da figlio unico di genitori divorziati, a cui mancava avere dei fratelli. Nell’aprile 2000 una giovane mi si avvicina, parlo con lei e mi dice di essere figlia di desaparecidos alla ricerca di suo fratello. Credeva fossi io. Lo stesso giorno sono andato a fare l’esame del dna dalle “Abuelas de Plaza de mayo” e in meno di 60 giorni ho avuto conferma di essere fratello di quella ragazza. Vivo la cerimonia odierna come un omaggio ai miei genitori naturali e a me, perché una delle cose più difficili per un figlio di desaparecidos è non avere un posto dove deporre un fiore. Ringrazio di cuore la città di Bari per questo omaggio”.