Crisi: Coldiretti, italiani riciclano abiti smessi nel cambio stagione

ROMA. La maggioranza delle famiglie ricicla dall’armadio gli abiti smessi nel cambio stagione, con il 53 per cento degli italiani che ha rinunciato o rimandato gli acquisti di abbigliamento ed accessori che si classificano come i prodotti dei quali si fa maggiormente a meno nel tempo della crisi. E’ quanto emerge dalla presentazione dei risultati della prima indagine su “I comportamenti degli italiani nel tempo della crisi”, realizzata da Coldiretti-Swg a ottobre 2012, in occasione della presentazione dei dati Istat su fatturato e ordinativi dell’Industria, e illustrata nel corso del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este di Cernobbio.

Sul podio delle rinunce insieme ai vestiti si collocano anche - sottolinea la Coldiretti - i viaggi e le vacanze che sono stati ridotti o annullati dal 51 per cento degli italiani e la frequentazione di bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero, dei quali ha fatto a meno ben il 48 per cento. A seguire nella classifica del cambiamento delle abitudini di consumo c’è - continua la Coldiretti - l’acquisto di nuove tecnologie al quale hanno dovuto dire addio il 42 per cento degli italiani, le ristrutturazioni della casa (40 per cento), l’auto o la moto nuova (38 per cento) e gli arredamenti (38 per cento), ma anche le attività culturali (37 per cento) la cui rinuncia preoccupa particolarmente in un Paese che deve trovare via alternative per uscire dalla crisi. Da segnalare sul lato opposto il fatto che - sostiene la Coldiretti - solo l’17 per cento degli italiani dichiara di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari, una percentuale superiore solo alle spese per i figli (9 per cento).

“Un fatto importante perché oltre un certo limite non è possibile risparmiare sull’alimentazione se non si vuole mettere a rischio la salute”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “occorre diffidare dei prodotti alimentari venduti a prezzi eccessivamente bassi dietro i quali si potrebbe nascondere il mancato rispetto dei requisiti igienico-sanitari minimi che mettono a rischio la salute, ma anche lo sfruttamento dei lavoratori o dell’ambiente”. Sul mercato si trovano ad esempio oli di oliva venduti come italiani a prezzi che - continua la Coldiretti - non riescono a coprire neanche i costi di raccolta delle olive e lo stesso vale per prosciutti o formaggi “spacciati” come nostrani o italiani senza esserlo. Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto messa in atto dalla Magistratura e da tutte le forze dell’ordine impegnate confermano - continua la Coldiretti - la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie troppo larghe della legislazione a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata, voluto con una legge nazionale all’inizio dell’anno approvata all’unanimità dal parlamento italiano ma non ancora applicato per le resistenze comunitarie.

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