Roberta Calò. “Esistono centinaia di investigatori privati nel mondo della letteratura, del cinema, della tv e dei fumetti: e allora perché crearne un altro? Che vi piaccia o no, miei cari lettori, gli unici che possono dire se ho raggiunto o meno il mio obiettivo, siete proprio voi!”.
Ecco come Antonello Marchitelli (classe 1969) introduce il lettore nel mondo di “Gillo Armadillo” (WIP Edizioni, Bari 2012), il suo ultimo lavoro editoriale. Gillo è figlio di Franco Armadillo, un self made man che ha messo su una nota agenzia investigativa investendo sulle capacità di molti, fatta eccezione per il suo benestante rampollo, praticante di una simile professione per tradizione tramandata e non per attitudine, a cui vengono affidate scartoffie e pratiche di poco conto. Ma la sua occasione di rivalsa, dopo anni di tacito anonimato, non tarda ad arrivare ed ecco che il cameriere di un ristorante cinese, Guo Jingjing, si rivolge a lui per poter ritrovare la sua ragazza e altri quattro connazionali misteriosamente scomparsi. Il protagonista si tuffa a capofitto nelle indagini che lo metteranno a dura prova nel confronto con il commissario Loverde, i sicari della malavita barese e quelli, assai più potenti, della mafia cinese. Sarà lui, da solo, a dover sbrogliare l’enorme matassa di questo fitto e intricato caso che metterà a repentaglio la sua stessa vita.
L’invito d’apertura è una chiara prova a scoprire un nuovo modello di investigatore; Marchitelli, che si libera dai consueti cliché già notoriamente stereotipati dell’investigatore egocentrico al limite tra il supereroe dalla forza centripeta e l’uomo che non deve chiedere mai, si lancia in un volo pindarico e dà vita ad una creatura più vicina a noi nel suo essere più umano, più vero, più autentico, nel suo tentativo di provare ad essere innanzitutto protagonista della sua vita prima che del suo romanzo. La sua personalità non si palesa né si brucia subito, cresce ed esplode con la storia perché Gillo porta avanti due filoni investigativi contemporaneamente: quello che lo porterà a trovare la sua strada nella vita e quello che lo inghiottirà in un caso avvincente e irto di difficoltà che terrà il lettore col fiato sospeso, pagina dopo pagina. Lo stesso autore spiega, infatti, di aver introdotto anche l’elemento malattia e alcuni aneddoti di forte impatto emotivo dando molto risalto e spessore anche ai personaggi marginali entro un quadro corale della storia perché “non volevo raccontare la vicenda di un vincente ma, semplicemente, quella di un essere umano”. La poca autostima è una dimensione cucitagli addosso dal padre padrone, Franco Armadillo, “il signore indiscusso dell’agenzia investigativa, capace di mettere soggezione a chiunque: dipendenti, clienti e naturalmente suo figlio” a cui aveva da sempre affidato “pochi semplici casi, segno della scarsa stima che il padre nutriva nei suoi confronti”. Un uomo che aveva scelto il nome del suo erede attingendo dalla cultura cinematografica data la sua passione per il regista Pontecorvo. Gillo, appassionato suonatore di clarinetto come Dylan Dog, suona nel gruppo dei Forsennati; “non era mai stato un conquistatore. Aveva sposato Martina la sua compagna del liceo a venticinque anni. A trenta aveva divorziato. L’unico aspetto positivo di tutta la storia era non aver messo al mondo figli”. Lui però non si sente un fallito, ma vagabonda nelle vite degli altri alla ricerca della sua vita finché un giorno il destino gli consegna quasi a domicilio un caso e lui, carico di entusiasmo, accetta la sfida: “Ti troverò anche gratis, non fallirò al mio primo incarico serio. […]Posso fare qualcosa per qualcun altro e nemmeno per soldi, mi scontrerò con la mafia cinese e i Bambini Cinesi di Satana se necessario”. A dispetto della poca stima che gli altri nutrono per lui, Gillo dimostra un gran senso di responsabilità , “La verità era che in una situazione del genere non sapeva nemmeno da dove cominciare. Di sicuro non poteva più tirarsi indietro. Una persona disperata si era affidata a lui e lui avrebbe fatto il possibile per non tradire quella fiducia”. Ma Gillo è anche un uomo di cuore, capace di ascoltare e di star vicino agli altri con disinteressata sensibilità : “Mulan smise di urlare e di tremare e cominciò a piangere. Gillo la cullò come si fa con i bambini senza dire più nulla e a poco a poco il pianto perse di intensità . Quando fu sicuro che dormisse, Gillo posò la ragazza dolcemente sul letto”. A sorprendere i lettori in questa “detective story in salsa umoristica” ci sarà un sano e gradito tocco di simpatia: “Un connubio piuttosto strano”, spiega l’autore, “non è molto usuale l’utilizzo dello humour nelle storie noir perché ci sono degli stereotipi ed è difficile uscirne. Ci si aspetta il detective che si muove in un certo modo, che abbia tante donne, che sia quasi al limite dell’alcolismo, trasandato. Gillo Armadillo è completamente diverso, è agli antipodi. Perché un thriller non può avere dei momenti divertenti? Non so perché gli altri non lo facciano. Io scelgo questa chiave di lettura. Anche nella vita capita di passare da un momento triste ad un momento allegro e viceversa, per cui perché no in una storia?”. Una vena, quella comica, che manifesta quanto di più autobiografico possa esserci in uno scritto di Marchitelli che ammette “sono così nella vita, non mi facilita. Per il lavoro che faccio spesso devo tenerla a freno ma spesso la battuta mi scappa e non posso farne a meno”. Forse anche per questo lo stesso dichiara che i lettori più accaniti saranno proprio “i non amanti del genere perché gli amanti del genere forse si troveranno spiazzati da qualche invenzione al limite del paradosso. Già il titolo è più da cartone animato che da thriller”. Pur riconoscendo tali positive anomalie l’autore svela di sognare che il suo libro possa diventare un film “quasi tutte le sere prima di addormentarmi più che vincere alla lotteria”. Non meraviglia che un simile capolavoro sia venuto fuori dalla mente di un autore d’esperienza come Marchitelli che dichiara di aver nutrito “dalla notte dei tempi” una passione per la scrittura “non come fuoco dentro ma come voglia di raccontare storie” e che ha già collezionato successi con la WIP Edizioni: “La testa sulle spalle” (1998), “Cappuccetto Rozzo” (1999), “Fabio & Mingo. Cronisti d’asfalto” (2000) e “Tre metri sopra il palo” (2008). Laureato in giurisprudenza, lavora come Ispettore Liquidatore, pratica karate, kung-fu, wing-tsun, ama i viaggi, il cinema e la letteratura. Non manca di evidenziare la sua propensione da lettore per scrittori di genere affermati come Lucarelli, Carlotto, Manniti, Carofiglio, ma si mostra anche un grande esploratore di nuove penne e spiega: “In Italia non c’è meritocrazia. Leggo autori meno conosciuti che a mio parere sono più validi di autori che invece sono famosi e non so darmi una spiegazione. C’è tanto di sommesso che invece meriterebbe di emergere un po’ di più”. In questo, come nelle precedenti opere, Marchitelli riconferma i medesimi successi: “Un pregio: è molto scorrevole; un difetto: finisce troppo presto, che è,in fondo, anche un pregio”. Forse per questo svela: “L’Armadillo due è nella mia testa, appena trovo il tempo tra lavoro, famiglia e hobby. Dal Gillo due non si può prescindere perché mi ci sono affezionato. Ho impiegato tre anni per creare un investigatore privato diverso da tutti gli altri e adesso che faccio lo butto via dopo una storia? Mi sembra un peccato. Utilizziamolo un altro po’ ”. E navigando contro qualsiasi innovazione tecnologica, anche questo sicuramente sarà su carta perché come lo stesso Marchitelli spiega: “Ho fiducia nel libro stampato e non ho fiducia nell’e-book. Mi sento una persona non molto digitale, sono più analogico. Mi piace il libro sul comodino. Ho abbandonato la pellicola per la fotocamera solo per una questione economica. Il libro stampato non farà la fine del vhs”. L’avventura di pubblicare il libro, peraltro, la descrive come un’esperienza piacevolmente ripetibile: “Ho pubblicato tutti i libri con la WIP Edizioni. Prima del mio primo libro l’attuale editore (Stefano Ruocco, ndr) aveva impaginato la mia tesi di laurea; non è stato facile rivolgermi a lui per pubblicare un libro umoristico. Non so se ero più scioccato io o l’editore. Per non parlare, poi, dell’impatto con il pubblico che è stato difficile perché c’è uno scetticismo latente: se non sei un personaggio potente è difficile che qualcuno ti venga a scoprire. Devi far sapere alla gente che esiste e devi vincere lo scetticismo che è alla base. Di fatto non sai scrivere salvo che mi dimostri il contrario. Non si parte dalla presunzione che un libro possa essere divertente. Se non sei uno che va in tv, che frequenta i salotti e che esce sui principali quotidiani evidentemente non sei bravo. Con qualche centinaio di fedelissimi sono riuscito a sfatare questo mito”.
A noi, quindi, non resta che leggerlo per condividere magari la medesima opinione perché Gillo Armadillo è un libro che non va letto ma che va vissuto fino in fondo in ogni singola stilla e che stimolerà la vena investigativa di chi vorrà tuffarsi in una simile avventura; quello che ne verrà fuori non sarà un semplice rapporto tra occhi e pagina, ma il lettore verrà completamente risucchiato nella storia quasi per diventarne parte integrante, si sentirà quasi in dovere di collaborare con Gillo per giungere ad una qualche conclusione del caso.