Mons. Lucio Angelo Maria Renna |
ROMA – Gli occhi del mondo sono puntati da martedì su Piazza San Pietro. Credenti e non, clero e laici, a qualsiasi confessione appartengano, miliardi di uomini di buona volontà attendono la fumata bianca che annuncerà il successore di Benedetto XVI, “l’umile operaio della vigna del Signore” che inaspettatamente si dimise lo scorso 11 febbraio e adesso vive “appartato dal mondo”, ma non indifferente al suo cammino.
Sarà italiano? Europeo? Verrà da altri continenti: l’Asia, l’Africa, l’America Latina o dagli Usa dove la Chiesa è in tumultuosa espansione? E soprattutto che Pontefice sarà? Uomo di fede, pastore d’anime attento ai destini del pianeta? Proseguirà nel solco tracciato da Papa Ratzinger che ha allargato i confini della Chiesa con una “conversione” di circa 300mila nuovi credenti sparsi nel “nuovo mondo”?
Nell’attesa ne parliamo con Mons. Lucio Angelo Maria Renna, nato a Brindisi e Vescovo della Diocesi di San Severo (Foggia).
Domanda: Monsignor Renna, che eredità ha lasciato il Papa tedesco?
Risposta: “Otto anni di Magistero illuminato e illuminante, che ci hanno confermato nella profonda convinzione che Benedetto XVI è oggi il più grande teologo vivente. Otto anni di Ministero petrino: Egli ha saputo essere 'umile servitore nella Chiesa di Cristo' guidandone la nave tra i marosi di un mondo problematico, relativista, nel quale domina il protagonismo ed in cui ciascuno presume di potersi costruire una religione 'fai da te'. Otto anni di un dolcissimo sorriso che copriva, manto paterno e pietoso, conflitti generati da motivazioni molteplici, non sempre indovinate dai mass-media. Otto anni di una presenza profetica del Vicario di Cristo in terra che, nei momenti di gloria e nei momenti di Golgota ha saputo e voluto essere se stesso confrontandosi sempre con il Signore Suo Sommo Amore. Otto anni di umiltà personificata e divenuta sfida benevola per alcuni, motivo di confusione per altri, occasione di denigrazione (pavidità) per chi non ha mai conosciuto non dico – il senso – ma neppure il termine dell’umiltà. Otto anni di presenza rassicurante per tanti cristiani sparsi nel mondo ed esposti ai soffi tenui o forti di venti maligni”.
D. Dove il suo pontificato si sovrappone, o diverge, da quello del suo predecessore, il Papa polacco?
R.“Il Beato Giovanni Paolo II aveva il carisma di catturare l’attenzione e il contatto 'quasi personale' con la marea di persone che quotidianamente incontrava. Era il Papa della comunicazione che sapeva gestire il mondo mediatico con la forza della sua parola e della sua gestualità 'quasi da consumato attore' visti i suoi precedenti teatrali. I pellegrini andavano a Roma per vederlo. Gli stessi pellegrini si recavano a Roma, nominato Papa Benedetto XVI, per sentirlo: è il testimone che prima di parlare di Dio, parla con Dio. È l’uomo della preghiera, tanto vero che, come Lui stesso ha detto con le sue dimissioni non è sceso dalla croce ma vi è rimasto impegnandosi ad essere l’orante per la Chiesa e per il mondo. Lunghissimo e fecondo il pontificato del Beato Giovanni Paolo II; ma anche se molto più breve, egualmente efficace il pontificato di Benedetto XVI”.
D. Pensa che Vatileaks abbia influito sulla sua decisione di dimettersi?
R. ”Non credo che abbia influito sulla decisione che voi giornalisticamente aggettivate come improvvisa. Accanto ai problemi causati da Vatileaks sicuramente ce ne sono altri che personalmente non conosco ma posso immaginare perché la Chiesa ha una dimensione Divina (perciò è santa nella volontà di Dio), ma anche umana e perciò 'peccatrix semper purificanda'. Del resto sfido chiunque ad indicarmi una qualsiasi realtà umana nella quale bene e male si intrecciano, il buio cerca di soffocare la luce, l’egoismo tenta di annientare l’altruismo. È il caso di dire, riferendomi a tutti i cristiani 'Homo sum et nihil humani a me alienum puto' (Sono uomo e niente mi è estraneo). Questa incontrovertibile verità non deve impedirci di ravvivare, in un cammino di conversione, la bellezza della nostra fede e di incarnarla nel vissuto quotidiano”.
D. Nella sue ultime omelie ha più volte accennato a 'divisioni nella Chiesa'. A cosa si riferiva di preciso?
R. “Non vivendo abitualmente negli ambienti vaticani, credo di non poter rispondere esaurientemente a questa domanda. Questo non vuol dire che nego l’esistenza di divisioni nella Chiesa. Mi permetto però di fare osservare che c’è differenza tra 'divisioni e divergenze di opinioni'. Il contrario sarebbe semplicemente assurdo. Come, d’altra parte, sarebbe molto difficile negare che alcune divisioni possano esserci nella realtà ecclesiale senza assolutizzarle e mitizzarle, così come alcuni operatori mediatici amano volutamente fare”.
D. Pensa che sia prematuro parlare di sacerdozio esteso alle donne?
R. “Il problema del sacerdozio esteso alle donne va affrontato alla luce del Vangelo. Una verità stenta ad entrare nella mente di molti: la Chiesa non è padrona ma serva del Vangelo”.
D. In materia di Bioetica pensa che la Chiesa sia al passo con i tempi?
R. “La Bioetica è una scienza relativamente giovane e in alcuni suoi assunti o risultati trova il consenso della Chiesa, la quale, però, dichiara non negoziabili alcuni valori e respinge ogni conclusione contro la vita e la banalizzazione stessa del mistero della morte. Ponendo al centro della sua missione l’uomo-Dio Cristo Gesù e ciascun uomo, la Chiesa è favorevole a tutto ciò che rispetta la dignità dell’uomo”.
D. Si legge di 'rigore' riferito alla qualità indispensabile del Papa eligendo: come dovrà essere affinché prosegua il cammino della Chiesa?
R. “Il termine 'rigore' passa attraverso la soggettività di chi lo dice e di chi si comporta in una certa maniera. Perciò come si può tipicizzare con questo termine la figura del nuovo Papa, a meno che con il suddetto termine non si intenda il rispetto dei valori naturali e sovrannaturali su indicati e soprattutto della Parola di Dio. Una conferma si può avere dai lineamenti pastorali della CEI per il decennio 2010-2020: 'Educare alla vita buona del Vangelo'. Il termine rigore fa venire alla mia mente quello che ha detto il Cardinale Sodano nella Messa di inizio-Conclave, chiedendo al Signore di illuminare la mente dei Cardinali nella scelta di un Pastore che ci sappia guidare nella sequela di Cristo”.
D. Dialogo con le altre confessioni e neo-evangelizzazione: si augura novità?
R. “Il dialogo con le altre confessioni ha oggi la forza di un cammino santo e irreversibile. Augurarsi novità nel senso del bene credo che sia giusto e scontato”.
D. La Chiesa del Terzo Millennio: più San Paolo o più Vergine Maria?
R. “Io direi più Cristo Gesù e, accanto a lui Maria, Madre della Chiesa, di Cristo e di ciascuno di noi. L’Apostolo Paolo resta comunque un testimone e maestro del Cristo crocifisso, morto e risorto dal quale è bene non stare lontani. Non solo però da lui ma dagli Apostoli, dai Padri della Chiesa, dai Padri apostolici, dai Santi e Dottori, dal Magistero ordinario e straordinario della Chiesa”.
D. Uno scultore leccese, Antonio Sodo, sostiene che la Chiesa proclama Santi con troppa facilità, una sua opera di intitola 'La fabbrica dei Santi': condivide?
R. “Ognuno ha la sua opinione. Io credo, invece, che ci sono tantissimi uomini e donne che pur non essendo stati dichiarati Santi dalla Chiesa lo siano nel cielo di Dio. Lo scultore fabbrica statue; la Chiesa aiuta gli uomini a diventare Santi”.
D. Pensa che il processo di beatificazione di Mons. Tonino Bello subirà un rallentamento?
R. “Per il bene che voglio a Mons. Bello, luminoso testimone e maestro dell’attuale momento nebuloso e problematico, spero proprio di no”.