Gagliano in piazza: “Giù le mani dal Ciolo!”

di Francesco Greco. GAGLIANO DEL CAPO (LE) – Deve esserci un progetto inespresso, sottinteso, ma ben coordinato di devastazione delle bellezze naturali e paesaggistiche del Salento. Non può essere altrimenti. Idea delirante, folle, “assurda” (come dice il coraggioso sindaco di Tiggiano, Ippazio Antonio Morciano). E, aggiungiamo, antistorica e suicida. Nel momento in cui la chimica  a Brindisi è in fase di crisi e ancor di più lo è la siderurgia a Taranto, mostrando che, a suo tempo, le scelte politiche del modello di sviluppo furono calate dall’alto ed erano, e sono, estranee alla vocazione naturale di Terra d’Otranto. Ma i politici marziani, lontani dal territorio che li elegge, non lo sanno, e continuano a imporre scelte che alla collettività spacciano per progresso.

   E mentre le ruspe spianano le rocce fra Maglie e Otranto e gli ulivi secolari sono vittime innocenti di un genocidio, è in fase operativa (stasera il consiglio comunale dovrebbe dare il via ai lavori del primo finanziamento di 500mila €: già svolte le gare d’appalto: entro il 31/12 tutto deve essere a posto, sennò sfumano i finanziamenti, per il Pd la “procedura è scorretta e  antidemocratica”) l’annientamento di un’icona della bellezza del Sud (e quindi del suo appeal turistico nel mercato globale delle vacanze): l’incantevole gola naturale del “Ciolo” (le “ciole” in dialetto locale sono gli uccelli con la coda nera, che qui da millenni nidificano), a pochi passi dal Capo di Santa Maria di Leuca, anche questa centro mondiale di religiosità, ieri pagana (tempio alla dea Athena poi Minerva) e oggi cristiana (sulle rovine di quei templi c’è la Basilica della Madonna di Finibus Terrae, o di Leuca, visitata nel 2008 da Papa Ratzinger).

   Due progetti, uno di 500mila € (del 2010, approvato ad aprile 2013), l’altro di 1 milione (del 2011): per mettere in sicurezza il “Ciolo”. Ma che belle parole! direbbe Luciano Rispoli. Rassicuranti, democratiche, melliflue. Chi non si fiderebbe? E infatti, segno dei tempi (edilizia in crisi), alle gare d’appalto partecipano ben 100 ditte, scremate poi a 5. L’idea di ingabbiare il “Ciolo” nasce nel 2010. Da secoli, millenni quelle rocce sono sospese come a Hanging Rock: la memoria dei vecchi (qui si campa  a lungo: giorni fa è mancata una donna di 103 anni!) non ricorda frane significative. Da lassù il paesaggio è di una bellezza che confonde, intimorisce, turba: nelle giornate chiare, di tramontana, appaiono le montagne albanesi, persino i boschi e le spiagge, e più a sud la Grecia, l’isola di Fano, Corfù e altre minori. C’è poi un fascinoso fenomeno carsico e una varietà infinita di flora e fauna.

   Corsi e ricorsi: non è la prima volta che qui tentano di piegare la bellezza, che è di tutti, agli interessi di pochi, talvolta oscuri. Negli anni ’80, su quelle rocce che guardano l’Adriatico cercarono di farci un maxi-albergo. Ma il progetto saltò perché alla buona gente di Gagliano non devi toccare le risorse naturali miracolosamente intatte: diventano furiosi. E’ tutto quello che ha. E perciò rivendicano il diritto alla bellezza, non vogliono ipoteche sul futuro. Gagliano è terra d’emigrazione e ora che quei denari sudati sono stati investiti anche in attività legate al turismo e nell’indotto la magia rischia di finire? Qui riescono anche a destagionalizzare.

   30 anni fa finì con un’inchiesta. E se le storie si sovrappongono, anche stavolta il paese è in subbuglio. Legambiente a fine novembre ha fatto protocollare un ricorso articolato che parla di “deturpamento ambientale e paesaggistico” (e si riserva di scrivere anche al Tar). Ma oltre agli ambientalisti e all’opposizione di sinistra, anche l’assessore regionale Angela Barbanente nutre qualche sospetto sulla “messa in sicurezza” del “Ciolo” (critiche pure da www.salentoverticale.net). In un’affollata assemblea svoltasi nel circolo Pd, convocata dal giovane segretario Marco Pizzolante e dal gruppo consiliare d’opposizione: Davide Bisanti, Pieranna Petracca e altri, gli aspetti della complessa vicenda sono stati decodificati. La relazione di un’azienda specializzata definirebbe la zona PG3: ad alto rischio idrogeologico, a causa dell’erosione costiera. Ma il geologo non parla di intervento obbligato. E allora chi spinge per la “stabilizzazione dei massi” per cui occorre l’ingabbiatura invasiva dell’area con reti metalliche, tiranti e “chiodi” del diametro di 3 metri nella roccia (con un diluvio di resina nella roccia: 35 metri cubi)?

   La teoria è smontata dall’ing. Morciano (sindaco della vicina Tiggiano), esperto di messa in sicurezza di stabili, aree, abitazioni, ecc. Il pericolo sarebbe virtuale, e comunque fisiologico, nel senso che tutta l’area da Otranto a Leuca è nelle stesse condizioni e paradossalmente, se rischio c’è, non è il Ciolo ma le aree limitrofe. Oggi come fra un milione di anni. E comunque l’allarme sarebbe esagerato: basterebbero 10mila € per ripulire l’area e dormire tranquilli (e infatti il progetto iniziale prevedeva tale somma). In parole povere: siamo dinanzi a una psicosi collettiva fondata sul nulla. “Il Ciolo non è zona rossa, non esiste alcun rischio di frane, e se c’è è congenito…”, ripete, inascoltato, il tecnico - che ben conosce quell’area - da 4 anni. Scuola di pensiero su cui si allinea anche l’Autorità di Bacino. E per provarlo sarebbe in progress una contro-perizia geologica: sarebbero proprio le vibrazioni dell’ipotetico intervento (posto che si riesca a provare la “pubblica utilità” e quindi motivare gli espropri) a creare instabilità e accelerare il processo di distacco dei massi. Insomma, basterebbe un cartello: “Attenzione: caduta massi”. Lei quindi esclude che ci siano motivi di sicurezza alla base dell’intervento? Risponde Morciano: “Se dovessero farlo, il grado di pericolosità esisterà anche dopo l’intervento”. Per il Pd “non si possono sperperare fondi pubblici per distruggere l’ambiente: stasera chiederemo la sospensione del progetto per acquisire altri elementi di conoscenza”. Intanto in rete la petizione popolare (www.soscanaledelciolo.it) sfiora le 1000 firme e se ne  prepara un’altra in piazza San Rocco. Insomma, dopo aver scampato il pericolo-radar, Gagliano ora grida: “Giù le mani dal Ciolo!”.