di Piero Ladisa – Chi era San Paolo? Nato a Tarso ad inizio del primo secolo, fu dapprima uno strenuo oppositore della neonata Chiesa cristiana (partecipò al martirio di Stefano), salvo poi – dopo la conversione avvenuta sulla strada di Damasco, antica capitale della Siria – diventare un soldato di Cristo. “L’Apostolo delle genti” compì vari viaggi, visitando ed evangelizzando diverse comunità . A Paolo sono attribuite tredici testimonianze epistolari, le famose Lettere, presenti nel Nuovo Testamento. Durante la persecuzione di Nerone, molto probabilmente tra il 66 e il 68, subì il martirio per decapitazione a Roma.
Sulla figura di San Paolo si è soffermato Alessandro Grimaldi nell’opera “Il diritto naturale cristiano. La dottrina di San Paolo” (Wip Edizioni). Il lavoro dell’autore ha avuto inizio da una tesi di laurea magistrale in Giurisprudenza, venendo successivamente rielaborato in previsione della pubblicazione del libro. L’obiettivo di Grimaldi è stato quello di riscoprire il messaggio e il pensiero paolino, offrendo al lettore una possibilità di spunto critico e coraggioso relativamente all’occasione, nell’attività ermeneutica del giurista, e più in generale nell’agire pratico del cittadino post moderno, di orientare le proprie scelte anche alla luce di questo corpus di valori e di principi con i quali è ineludibile il confronto.
INTERVISTA ALL'AUTORE
Alessandro, come mai hai deciso di approfondire il tuo lavoro di tesi?
«La tesi di laurea mi ha posto di fronte ad elementi dell’ermeneutica del diritto rivelatisi molto attuali, soprattutto in virtù di svariati commenti di sentenze emanate da diverse tipologie di giurisdizione. Pertanto il lavoro meritava un approfondimento con il fine di fare emergere anche l’attualità della dottrina di San Paolo, che ho scoperto essere un eccellente giurista oltre che un grande missionario che ha portato nel mondo il Vangelo del Cristo».
Cosa ti affascina della figura di San Paolo?
«L’apostolo delle genti rappresenta il cristiano che “non sta mai fermo”, l’archetipo e il precursore della “chiesa in uscita” che fa dell’annuncio la sua prerogativa principale. Un uomo dotto che ha saputo parlare a tutti, portando caparbiamente avanti la sua missione di strumento di Gesù. Pur non facendo parte del nucleo originario degli apostoli, è considerato alla loro stregua (tanto è vero che la sua festa si celebra assieme a quella di San Pietro) ed è una delle fonti privilegiate dei Vangeli. Paolo ha saputo unire l’impegno per il mondo con la costante visione della vita divina, portando questo messaggio soprattutto ai non cristiani».
In una società come quella contemporanea, votata sempre più all'individualismo, il pensiero paolino può ancora trovare terreno fertile?
«L’individualismo esasperato, presente nella società contemporanea e condannato da Papa Francesco nella sua ultima enciclica “Laudato si”, è il risultato di secoli di accantonamento del pensiero paolino che insegna l’esatto opposto. Una riscoperta dello stesso porterebbe ad una visione di “società collettiva” orientata al bene comune. Ci vuole innanzitutto l’impegno dei cristiani nella riscoperta dello stile paolino, per poi rendere efficaci i suoi insegnamenti che, ripeto, sono validi anche per chi cristiano non è».
Come può il giurista contemporaneo, nella sua attività ermeneutica, attingere al diritto naturale e in particolare a quello cristiano?
«Il giurista contemporaneo deve rendersi conto che il diritto naturale (anche nella sua accezione cristiana) non è un diritto di nicchia valido solo per i credenti, ma che lo stesso indica le direttive per avvicinarci al senso del giusto. Una giustizia che non è “fai da te” ma che interpreta l’inclusività di tutti (ricchi, poveri, politici, caste, etc) nella formazione e applicazione della legge, senza trascurare alcun frammento della società e quindi scoprendo un senso di giustizia diremmo “universale”».