La vera Genesi? Nel diario di Adamo ed Eva
di Francesco Greco - Sapevate che Adamo teneva un diario a cui confidava tutte le angosce e le asprezze della convivenza quotidiana con quella che definiva la “nuova creatura”? Che altro non era che Eva, la sua metà. E che un giorno anche lei decise di affidare alla carta le impressioni della vita nel Paradiso Terrestre? Forse anche i figli Caino e Abele scrissero le loro memorie, ma di queste però non c'è ancora traccia. Conoscendo però l'imprevedibile Mark Twain, non è detto che prima o poi non spuntino anche questi.
“Sui fondatori della razza umana” (Da Adamo ed Eva al Diluvio Universale), di Mark Twain, Piano B Edizioni, Prato 2015, pp. 168, euro 14,00, sublima lo stile ironico e graffiante, ma anche tenero e poetico, denso di significati significanti - si direbbe quasi escatologico - dello scrittore americano che più americano non si può e che siede nell'olimpo degli scrittori immortali.
Il diario è solo un espediente letterario che Twain si inventa per affidare ai fondatori della razza umana le sue riflessioni esistenzial-estetico-filosofiche sull'etica, l'uomo, la natura umana, la scienza e la fede, il senso della vita e della sua fine inevitabile e, già che c'è, anche sulla coppia e sulla vita a due. Il suo maschilismo è attraversato da un filo sottile di tolleranza annacquato, nella sua modulazione paternalistica, da un lirismo lieve che però lascia trasparire tutte le paranoie delle vita a due, delle coppie scoppiate, alla separati in casa.
Così Eva irrompe nell'Eden e rompe l'incantesimo. Diventa quella che dà il nome alle cose, mette divieti, è golosa di frutta (“era così piacevole e tranquillo qui”), frigna di continuo (“esce acqua da quei due buchi da cui guarda”) e quando Adamo la osserva mentre “cerca di cogliere mele dall'albero proibito”, capisce che la tragedia per l'umanità s'accosta.
Il diario di Eva fu scritto a distanza di 12 anni da quello del marito, e pare sia un gentile omaggio dello scrittore all'amatissima moglie Olivia, che morì in Italia, a Fiesole (Firenze) nel luglio del 1904. La prima donna comunque appare modernissima: Freud ha appena tracciato le linee della psicoanalisi e già lei riflette: “Mi sento esattamente come un esperimento”. Un esperimento fascinoso, vissuto quasi con rassegnazione da Adamo: “Meglio vivere fuori dal Giardino con lei che stare fuori da solo”.
La donna comunque collabora alla creazione con esiti non del tutto positivi (“Nella fretta di finire, ieri, le montagne sono state lasciate in condizioni disastrose e alcune pianure erano così ingombre di residui e macerie...”). Una forma di Genesi diversa da quella che conosciamo, meno accademica e più reale, un po' pasticciona, forse meno retorica ma più dentro il dna intimo della vita e dell'uomo e del suo senso oscuro e profondo (“l'essenza e il centro della natura è l'amore per il bello”).
Che l'ironia tenera di Twain rende più vicina a noi, famigliare, facendoci sentire dentro l'Eden perduto (descritto come un parco di bellezza e paesaggi dolcissimi), riconquistato una volta per tutte e forse, chissà, definitivamente.
“Sui fondatori della razza umana” (Da Adamo ed Eva al Diluvio Universale), di Mark Twain, Piano B Edizioni, Prato 2015, pp. 168, euro 14,00, sublima lo stile ironico e graffiante, ma anche tenero e poetico, denso di significati significanti - si direbbe quasi escatologico - dello scrittore americano che più americano non si può e che siede nell'olimpo degli scrittori immortali.
Il diario è solo un espediente letterario che Twain si inventa per affidare ai fondatori della razza umana le sue riflessioni esistenzial-estetico-filosofiche sull'etica, l'uomo, la natura umana, la scienza e la fede, il senso della vita e della sua fine inevitabile e, già che c'è, anche sulla coppia e sulla vita a due. Il suo maschilismo è attraversato da un filo sottile di tolleranza annacquato, nella sua modulazione paternalistica, da un lirismo lieve che però lascia trasparire tutte le paranoie delle vita a due, delle coppie scoppiate, alla separati in casa.
Così Eva irrompe nell'Eden e rompe l'incantesimo. Diventa quella che dà il nome alle cose, mette divieti, è golosa di frutta (“era così piacevole e tranquillo qui”), frigna di continuo (“esce acqua da quei due buchi da cui guarda”) e quando Adamo la osserva mentre “cerca di cogliere mele dall'albero proibito”, capisce che la tragedia per l'umanità s'accosta.
Il diario di Eva fu scritto a distanza di 12 anni da quello del marito, e pare sia un gentile omaggio dello scrittore all'amatissima moglie Olivia, che morì in Italia, a Fiesole (Firenze) nel luglio del 1904. La prima donna comunque appare modernissima: Freud ha appena tracciato le linee della psicoanalisi e già lei riflette: “Mi sento esattamente come un esperimento”. Un esperimento fascinoso, vissuto quasi con rassegnazione da Adamo: “Meglio vivere fuori dal Giardino con lei che stare fuori da solo”.
La donna comunque collabora alla creazione con esiti non del tutto positivi (“Nella fretta di finire, ieri, le montagne sono state lasciate in condizioni disastrose e alcune pianure erano così ingombre di residui e macerie...”). Una forma di Genesi diversa da quella che conosciamo, meno accademica e più reale, un po' pasticciona, forse meno retorica ma più dentro il dna intimo della vita e dell'uomo e del suo senso oscuro e profondo (“l'essenza e il centro della natura è l'amore per il bello”).
Che l'ironia tenera di Twain rende più vicina a noi, famigliare, facendoci sentire dentro l'Eden perduto (descritto come un parco di bellezza e paesaggi dolcissimi), riconquistato una volta per tutte e forse, chissà, definitivamente.