Il potere della musicoterapia
di VITTORIO POLITO - È noto il potere della musica sullo spirito dell’uomo, soprattutto per i due maggiori costituenti, la melodia ed il ritmo. La musica è un linguaggio ricco e mai uguale a se stesso che si evolve continuamente, un modo di esprimere pensieri ed emozioni, come la scrittura, la pittura, la poesia o la scultura. Michel Schneider, psicanalista, nel libro “Glenn Gould. Piano solo”, sostiene che «Soltanto la musica non ripete, quando ripete. Questa è la sua forza, ed è la sua follia…».
La musica, si sa, è nostra compagna un po’ in tutti i momenti, forse soprattutto in quelli tristi. Canticchiare la nostra canzone preferita ci fa sentire meglio e ci libera dai pensieri cattivi. Ma se fino a ieri queste erano solo considerazioni empiriche, ora si ha una conferma anche dal mondo scientifico.
«La musicoterapia - secondo Rolando Benenzon e coll. - è una psicoterapia che utilizza il suono, la musica e gli strumenti corporeo- sonoro- musicali per sviluppare, elaborare e analizzare un vincolo o una relazione fra musicoterapeuta e paziente (o gruppo di pazienti) con l’obiettivo di migliorarne la qualità di vita e riabilitarlo e recuperarlo per l’inserimento sociale».
Secondo il professor Flaminio Cattabeni, farmacologo del Centro di Eccellenza delle malattie neurodegenerative dell’Università degli Studi di Milano, ascoltare canzoni fa bene al cervello perché attiva zone cerebrali che procurano piacere. Per questo motivo, il bel “motivetto che ci piace tanto”, come recitava un brano del passato, si è tentati ad ascoltarlo più volte ed a impararne i testi a memoria. Diversamente canzoni non gradite attivano aree diverse e non siamo portati a ripetere l’ascolto.
In realtà, però, c’è da dire che sin dall’antichità si è sempre riconosciuto un alto valore alla musica, soprattutto in ambito medico. Già agli inizi del 1800, Pietro Lichtenthal (1780-1853), musicologo e compositore austriaco, pubblicò un libro dal titolo “Trattato dell’influenza della musica sul corpo umano e del suo uso in certe malattie”. Ma la terapia musicale non è nuova, è solo un rimedio antico tornato di moda. In realtà pare proprio che la musicoterapia, lanciata in questi ultimi anni, tragga le sue radici prima di Cristo, quando Talete, con il suono di un’arpa, sconfisse la peste e Aristotele dispensò consigli sulle virtù della musica come unico rimedio contro i disturbi psicosomatici.
Oggi esistono vere e proprie teorie che affidano alla musica un valore terapeutico sostenendo che essa possa essere un mezzo per superare paure, timidezze, insicurezze e, in generale, conflitti interiori.
Di qui il termine musicoterapia, introdotta in Italia negli anni ’70. I musicoterapeuti intendono il ruolo di suoni e parole come terapia per migliorare e conservare la salute fisica e mentale di un individuo. Ascoltare un brano incide positivamente o negativamente sull’equilibrio psico-fisico di una persona perché la musica non passa attraverso i ragionamenti logici ma arriva direttamente alla sfera sentimentale.
Non va infine dimenticato che la musica è pur sempre un rumore e va ascoltata a “giusto volume”, in quanto, se alto, aumenta la nostra aggressività, mentre a basso volume dà una sensazione di benessere e… non danneggia i nostri apparati uditivo, digestivo, cardiocircolatorio e nervoso, particolarmente sensibili agli insulti sonori.
La musica, si sa, è nostra compagna un po’ in tutti i momenti, forse soprattutto in quelli tristi. Canticchiare la nostra canzone preferita ci fa sentire meglio e ci libera dai pensieri cattivi. Ma se fino a ieri queste erano solo considerazioni empiriche, ora si ha una conferma anche dal mondo scientifico.
«La musicoterapia - secondo Rolando Benenzon e coll. - è una psicoterapia che utilizza il suono, la musica e gli strumenti corporeo- sonoro- musicali per sviluppare, elaborare e analizzare un vincolo o una relazione fra musicoterapeuta e paziente (o gruppo di pazienti) con l’obiettivo di migliorarne la qualità di vita e riabilitarlo e recuperarlo per l’inserimento sociale».
Secondo il professor Flaminio Cattabeni, farmacologo del Centro di Eccellenza delle malattie neurodegenerative dell’Università degli Studi di Milano, ascoltare canzoni fa bene al cervello perché attiva zone cerebrali che procurano piacere. Per questo motivo, il bel “motivetto che ci piace tanto”, come recitava un brano del passato, si è tentati ad ascoltarlo più volte ed a impararne i testi a memoria. Diversamente canzoni non gradite attivano aree diverse e non siamo portati a ripetere l’ascolto.
In realtà, però, c’è da dire che sin dall’antichità si è sempre riconosciuto un alto valore alla musica, soprattutto in ambito medico. Già agli inizi del 1800, Pietro Lichtenthal (1780-1853), musicologo e compositore austriaco, pubblicò un libro dal titolo “Trattato dell’influenza della musica sul corpo umano e del suo uso in certe malattie”. Ma la terapia musicale non è nuova, è solo un rimedio antico tornato di moda. In realtà pare proprio che la musicoterapia, lanciata in questi ultimi anni, tragga le sue radici prima di Cristo, quando Talete, con il suono di un’arpa, sconfisse la peste e Aristotele dispensò consigli sulle virtù della musica come unico rimedio contro i disturbi psicosomatici.
Oggi esistono vere e proprie teorie che affidano alla musica un valore terapeutico sostenendo che essa possa essere un mezzo per superare paure, timidezze, insicurezze e, in generale, conflitti interiori.
Di qui il termine musicoterapia, introdotta in Italia negli anni ’70. I musicoterapeuti intendono il ruolo di suoni e parole come terapia per migliorare e conservare la salute fisica e mentale di un individuo. Ascoltare un brano incide positivamente o negativamente sull’equilibrio psico-fisico di una persona perché la musica non passa attraverso i ragionamenti logici ma arriva direttamente alla sfera sentimentale.
Non va infine dimenticato che la musica è pur sempre un rumore e va ascoltata a “giusto volume”, in quanto, se alto, aumenta la nostra aggressività, mentre a basso volume dà una sensazione di benessere e… non danneggia i nostri apparati uditivo, digestivo, cardiocircolatorio e nervoso, particolarmente sensibili agli insulti sonori.