COPENAGHEN - Presentati al Congresso della Società europea di oncologia medica (ESMO) a Copenaghen, i dati positivi dello studio registrativo di fase III OAK condotto sull’immunoterapico atezolizumab. Lo studio dimostra che atezolizumab ha permesso ai pazienti di raggiungere una sopravvivenza mediana di 13,8 mesi, 4,2 mesi in più rispetto ai pazienti trattati con chemioterapia a base di docetaxel (sopravvivenza globale mediana [mOS]: 13,8 vs 9,6 mesi; HR=0,73, IC al 95%: 0,62-0,87), a prescindere dai loro livelli di espressione di PD-L1. Nello studio erano inclusi pazienti con tumori sia squamosi sia non squamosi.
Nello studio OAK sono stati coinvolti i pazienti affetti da NSCLC con progressione della malattia durante o dopo il trattamento con uno o più chemioterapici a base di platino (seconda linea e terza linea). Gli eventi avversi (AE) sono paragonabili a quelli osservati in studi precedenti su atezolizumab.
“I risultati dello studio OAK confermano il valore dell’immunoterapia nel trattamento del carcinoma polmonare. – afferma il dott.. Federico Cappuzzo, primario di oncologia dell'ospedale di Ravenna –Avere a disposizione una terapia che fosse efficace e al tempo stesso con minimi effetti collaterali, era per noi oncologi fino a pochi anni fa insperabile. In particolare, con atezolizumab, si è dimostrato come tutti i pazienti possano beneficiare di questa terapia indipendentemente dal livello di PD-L1 presente. In più, avendo dimostrato una significativa efficacia sia nel carcinoma squamoso, sia nel non squamoso, pone atezolizumab come una delle terapie in grado di diventare standard of care nel trattamento di seconda linea per questa malattia”.
“Atezolizumab è la prima e unica immunoterapia oncologica anti PD-L1 che permette ai pazienti affetti da NSCLC metastatico di vivere significativamente più a lungo rispetto ai pazienti trattati con la chemioterapia, indipendentemente dal loro livello di espressione di PD-L1 o dall’istologia del tumore”, ha commentato Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development. “Persino in soggetti il cui tumore presentava livelli di espressione di PD-L1 bassi o assenti atezolizumab ha dimostrato di offrire un beneficio significativo.”
La FDA ha concesso a atezolizumab la designazione di breakthrough therapy (BTD).
Roche ha attualmente in corso otto studi di fase III disegnati per valutare atezolizumab in monoterapia o in combinazione con altri trattamenti, in pazienti affetti da carcinoma polmonare in fase iniziale o avanzata.
LO STUDIO OAK - OAK è uno studio internazionale di fase III multicentrico, controllato, randomizzato, in aperto, volto a valutare l’efficacia e la sicurezza di atezolizumab rispetto a docetaxel in 1225 pazienti affetti da NSCLC localmente avanzato o metastatico e con progressione della malattia in seguito a un precedente trattamento chemioterapico a base di platino, con un’analisi primaria che ha incluso i primi 850 pazienti randomizzati. Circa un quarto dei pazienti presentava un tumore squamoso (26 percento). I pazienti sono stati randomizzati (1:1) a ricevere atezolizumab per via endovenosa 1200 mg ogni 3 settimane fino a perdita di beneficio clinico o docetaxel per via endovenosa 75 mg/m2 ogni 3 settimane fino a tossicità inaccettabile o progressione della malattia. Gli endpoint co-primari erano la sopravvivenza globale (OS) in tutti i pazienti randomizzati (popolazione intent-to-treat) e in un sottogruppo di pazienti selezionato in base all'espressione di PD-L1 nella popolazione dell’analisi primaria.
Nello studio OAK sono stati coinvolti i pazienti affetti da NSCLC con progressione della malattia durante o dopo il trattamento con uno o più chemioterapici a base di platino (seconda linea e terza linea). Gli eventi avversi (AE) sono paragonabili a quelli osservati in studi precedenti su atezolizumab.
“I risultati dello studio OAK confermano il valore dell’immunoterapia nel trattamento del carcinoma polmonare. – afferma il dott.. Federico Cappuzzo, primario di oncologia dell'ospedale di Ravenna –Avere a disposizione una terapia che fosse efficace e al tempo stesso con minimi effetti collaterali, era per noi oncologi fino a pochi anni fa insperabile. In particolare, con atezolizumab, si è dimostrato come tutti i pazienti possano beneficiare di questa terapia indipendentemente dal livello di PD-L1 presente. In più, avendo dimostrato una significativa efficacia sia nel carcinoma squamoso, sia nel non squamoso, pone atezolizumab come una delle terapie in grado di diventare standard of care nel trattamento di seconda linea per questa malattia”.
“Atezolizumab è la prima e unica immunoterapia oncologica anti PD-L1 che permette ai pazienti affetti da NSCLC metastatico di vivere significativamente più a lungo rispetto ai pazienti trattati con la chemioterapia, indipendentemente dal loro livello di espressione di PD-L1 o dall’istologia del tumore”, ha commentato Sandra Horning, MD, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development. “Persino in soggetti il cui tumore presentava livelli di espressione di PD-L1 bassi o assenti atezolizumab ha dimostrato di offrire un beneficio significativo.”
La FDA ha concesso a atezolizumab la designazione di breakthrough therapy (BTD).
Roche ha attualmente in corso otto studi di fase III disegnati per valutare atezolizumab in monoterapia o in combinazione con altri trattamenti, in pazienti affetti da carcinoma polmonare in fase iniziale o avanzata.
LO STUDIO OAK - OAK è uno studio internazionale di fase III multicentrico, controllato, randomizzato, in aperto, volto a valutare l’efficacia e la sicurezza di atezolizumab rispetto a docetaxel in 1225 pazienti affetti da NSCLC localmente avanzato o metastatico e con progressione della malattia in seguito a un precedente trattamento chemioterapico a base di platino, con un’analisi primaria che ha incluso i primi 850 pazienti randomizzati. Circa un quarto dei pazienti presentava un tumore squamoso (26 percento). I pazienti sono stati randomizzati (1:1) a ricevere atezolizumab per via endovenosa 1200 mg ogni 3 settimane fino a perdita di beneficio clinico o docetaxel per via endovenosa 75 mg/m2 ogni 3 settimane fino a tossicità inaccettabile o progressione della malattia. Gli endpoint co-primari erano la sopravvivenza globale (OS) in tutti i pazienti randomizzati (popolazione intent-to-treat) e in un sottogruppo di pazienti selezionato in base all'espressione di PD-L1 nella popolazione dell’analisi primaria.