di VITTORIO POLITO – San Nicola di Bari è uno dei Santi più celebri della cristianità. Nicola o Nikòlaos, che significa vincitore del popolo, è uno dei santi più popolari del calendario liturgico. La sua personalità storica, anche se molto ben conosciuta, non spiega il culto che a lui si rende non solo in Europa ma in ogni parte del mondo. Del nome Nicola si usano molte varianti, sia al maschile: Nicolino, Nico, Nicol, Nicolò o Niccolò, Nikita, che al femminile: Nicole, Nicoletta, Niki. Nicola è un nome molto diffuso in Italia, soprattutto al Sud e in particolare a Bari. Tra i personaggi celebri si ricordano il filosofo Nicòla Damasceno (64-4 a.C.), l’astronomo polacco Niccolò Copernico (1473-1543), gli scrittori Niccolò Machiavelli (1469-1527), Niccolò Tommaseo (1802-1874), Nikolaj Gogol (1809-1852), i musicisti Niccolò Piccinni (1728-1800), Niccolò Paganini (1782-1840) e Nikolaj Rimskij-Korsakov (1844-1908), il pianista Nikita Magaloff (1912-1992) e il filosofo e storico Nicola Abbagnano (1901-1990).
San Nicola non è un protettore qualunque, né solo un genio tutelare religioso, ma il Patrono civile di Bari ed i modi con cui onorarlo sono tanti, simbolici e pratici. Egli, infatti, è assertore e difensore del sentimento cittadino e chi trova nel suo culto una semplice forma di superstizione o di fanatismo è un ignorante che non conosce l’anima storica del suo paese.
Il 1° novembre del 1630 fu nominata Santa Teresa protettrice di Bari e l’atto ufficiale fu stipulato nell’ambito dell’Università (il Comune dell’epoca), mentre il giorno dopo, i due sindaci della città, Ferdinando Dottula e Giovanni de Baldis, s’accorsero di aver commesso un grosso errore: l’inversione dell’ordine gerarchico, facendo passare in second’ordine San Nicola e, successivamente, con affannosa corsa procedettero, pur infrangendo le regole del protocollo, a correggere il tabellione municipale (una sorta di albo pretorio sul quale si scrivevano gli atti pubblici). Con una nota a margine dell’atto, si legge tra l’altro “…il gloriosissimo Santo, quale non solo Padre e Padrone di questa città, ma ancora di tutta la Provincia, che perciò si chiama la Provincia di San Niccolò…” (A. Perotti, “Bari dei nostri nonni”, Adriatica Editrice, 1975).
Questo fatto suscitò gran gelosia tra i baresi appartenenti alle due chiese, anche perché era ben noto che il nome del nostro San Nicola è iscritto in testa al volume delle antiche Consuetudini e che la sua effige decorava anche lo stemma urbano di Bari e l’aula del Seggio (sede del magistrato comunale), e poi è arcinoto in qualsiasi latitudine che il nome della città è legato a quello del suo Santo protettore.
I baresi riconoscevano San Nicola anche nell’aspetto fisico coniando una moneta nella quale fu impressa l’immagine del Santo. Anche nel manuale pittorico del Monte Athos in Grecia, il nostro protettore è effigiato sulla pietra delle laure basiliane (gruppo di celle scavate nella roccia) e sulle bocce della manna. Un giudice barese, Romualdo, utilizzò un sigillo con la più antica immagine barese del Santo.
Il popolo barese quindi riconosce in San Nicola “l’ereditato simbolo della religiosità della stirpe, immutabile essenza se pure variabile apparenza, fiore immortale dell’anima di Bari, che rispunta ogni anno da millenni, in una data prescritta dalle costellazioni, e rinnova nella pienezza di primavera la festa del mare”.
«L’ecumenicità del santo, fece sì che non solo dai paesi di tradizione latina (come Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Belgio, Spagna), ma anche da quelli slavi (Russia, Serbia, Croazia, Polonia), giungessero pellegrini, a testimonianza di un culto più forte della stessa divisione delle chiese cattolica e ortodossa. Il pellegrinaggio russo ortodosso a Bari è divenuto oggi quotidiano» (padre Gerardo Cioffari).
Nico Veneziani, cardiologo, che sa molto di San Nicola, in una nota pubblicata su “San Nicola, il dialetto barese e… (Levante), scrive fra l’altro che: «Nei primi anni del novecento, durante il conflitto russo-nipponico, il giornalista Luigi Barzini, noto anche per aver partecipato al raid Pechino-Parigi, capitò in una città giapponese sede di un campo di raccolta di prigionieri russi. Nel silenzio e nella mistica oscurità di un tempio shintoista intravide una icona di San Nicola adorna di numerosi fiori freschi. La popolazione locale aveva adottato tra le sue divinità anche il barbuto Santo di Bari. Potere ecumenico di un Santo occidentale a forte connotazione interreligiosa».
L’inserimento dell’effige di San Nicola in una delle liste elettorali del Comune di Bari del 24 novembre 1946, risultò prima nella competizione per il primo Consiglio Comunale del dopoguerra, con 34287 voti (24 seggi), in concorrenza con la lista “Garibaldi” 30916 voti (22 seggi) e “Scudo crociato” 6882 voti (4 seggi).
Infine mi piace ricordare San Nicola Nero (Sanda Necòle Gnore), la tela presente a Bari, restaurata oltre un decennio fa, che ha un significato particolare per i fedeli baresi e per i pellegrini che visitano la Basilica di San Nicola, oggi retta da padre Ciro Capotosto o.p. Le caratteristiche del dipinto furono all’origine di una leggenda circa il colore scuro della pelle del Santo. Essa rappresenta, una delle immagini cui è legata assoluta devozione. Quando i pellegrini arrivano in Basilica, la prima tappa del loro pellegrinaggio è proprio la visita all’immagine del San Nicola Nero.
San Nicola non è un protettore qualunque, né solo un genio tutelare religioso, ma il Patrono civile di Bari ed i modi con cui onorarlo sono tanti, simbolici e pratici. Egli, infatti, è assertore e difensore del sentimento cittadino e chi trova nel suo culto una semplice forma di superstizione o di fanatismo è un ignorante che non conosce l’anima storica del suo paese.
Il 1° novembre del 1630 fu nominata Santa Teresa protettrice di Bari e l’atto ufficiale fu stipulato nell’ambito dell’Università (il Comune dell’epoca), mentre il giorno dopo, i due sindaci della città, Ferdinando Dottula e Giovanni de Baldis, s’accorsero di aver commesso un grosso errore: l’inversione dell’ordine gerarchico, facendo passare in second’ordine San Nicola e, successivamente, con affannosa corsa procedettero, pur infrangendo le regole del protocollo, a correggere il tabellione municipale (una sorta di albo pretorio sul quale si scrivevano gli atti pubblici). Con una nota a margine dell’atto, si legge tra l’altro “…il gloriosissimo Santo, quale non solo Padre e Padrone di questa città, ma ancora di tutta la Provincia, che perciò si chiama la Provincia di San Niccolò…” (A. Perotti, “Bari dei nostri nonni”, Adriatica Editrice, 1975).
Questo fatto suscitò gran gelosia tra i baresi appartenenti alle due chiese, anche perché era ben noto che il nome del nostro San Nicola è iscritto in testa al volume delle antiche Consuetudini e che la sua effige decorava anche lo stemma urbano di Bari e l’aula del Seggio (sede del magistrato comunale), e poi è arcinoto in qualsiasi latitudine che il nome della città è legato a quello del suo Santo protettore.
I baresi riconoscevano San Nicola anche nell’aspetto fisico coniando una moneta nella quale fu impressa l’immagine del Santo. Anche nel manuale pittorico del Monte Athos in Grecia, il nostro protettore è effigiato sulla pietra delle laure basiliane (gruppo di celle scavate nella roccia) e sulle bocce della manna. Un giudice barese, Romualdo, utilizzò un sigillo con la più antica immagine barese del Santo.
Il popolo barese quindi riconosce in San Nicola “l’ereditato simbolo della religiosità della stirpe, immutabile essenza se pure variabile apparenza, fiore immortale dell’anima di Bari, che rispunta ogni anno da millenni, in una data prescritta dalle costellazioni, e rinnova nella pienezza di primavera la festa del mare”.
«L’ecumenicità del santo, fece sì che non solo dai paesi di tradizione latina (come Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Belgio, Spagna), ma anche da quelli slavi (Russia, Serbia, Croazia, Polonia), giungessero pellegrini, a testimonianza di un culto più forte della stessa divisione delle chiese cattolica e ortodossa. Il pellegrinaggio russo ortodosso a Bari è divenuto oggi quotidiano» (padre Gerardo Cioffari).
Nico Veneziani, cardiologo, che sa molto di San Nicola, in una nota pubblicata su “San Nicola, il dialetto barese e… (Levante), scrive fra l’altro che: «Nei primi anni del novecento, durante il conflitto russo-nipponico, il giornalista Luigi Barzini, noto anche per aver partecipato al raid Pechino-Parigi, capitò in una città giapponese sede di un campo di raccolta di prigionieri russi. Nel silenzio e nella mistica oscurità di un tempio shintoista intravide una icona di San Nicola adorna di numerosi fiori freschi. La popolazione locale aveva adottato tra le sue divinità anche il barbuto Santo di Bari. Potere ecumenico di un Santo occidentale a forte connotazione interreligiosa».
L’inserimento dell’effige di San Nicola in una delle liste elettorali del Comune di Bari del 24 novembre 1946, risultò prima nella competizione per il primo Consiglio Comunale del dopoguerra, con 34287 voti (24 seggi), in concorrenza con la lista “Garibaldi” 30916 voti (22 seggi) e “Scudo crociato” 6882 voti (4 seggi).
Infine mi piace ricordare San Nicola Nero (Sanda Necòle Gnore), la tela presente a Bari, restaurata oltre un decennio fa, che ha un significato particolare per i fedeli baresi e per i pellegrini che visitano la Basilica di San Nicola, oggi retta da padre Ciro Capotosto o.p. Le caratteristiche del dipinto furono all’origine di una leggenda circa il colore scuro della pelle del Santo. Essa rappresenta, una delle immagini cui è legata assoluta devozione. Quando i pellegrini arrivano in Basilica, la prima tappa del loro pellegrinaggio è proprio la visita all’immagine del San Nicola Nero.