di VITTORIO POLITO - Con l’intervento del Sindaco di Bari, Antonio Decaro, il presidente dell’Associazione Italo-Ellenica “Pitagora”, Sarina Elefteria Garufi, il presidente della Commissione Culture del Comune di Bari, Giuseppe Cascella, il prof. Aldo Luisi ed il prof. Antonio Calisi, è stata inaugurata nella Sala del Colonnato della Città Metropolitana di Bari (ex Palazzo della Provincia), la Mostra delle Icone Bizantine e delle Ampolle della Manna di San Nicola, che si protrarrà fino al 14 maggio.
La mostra, che è alla seconda edizione, sarà oggetto di visita anche da parte dei ministri finanziari che si riuniranno in nei prossimi giorni a Bari in occasione del G7.
L’icona è un prodotto esclusivamente bizantino. Nata dal ritratto di antica tradizione, acquista un senso sempre più teologico che la riempie di grazia divina inerente alla persona o alla scena che rappresenta.
La presenza a Bari delle reliquie di San Nicola, e quindi del miracoloso “sacro licor” (manna o myron, nel mondo greco, miro per i russi), ha influito non solo sulla storia della città, ma ha alimentato notevolmente l’interesse, la devozione ed il pellegrinaggio verso la Tomba del Santo, sia dei baresi e degli italiani, che del mondo ortodosso e soprattutto del popolo russo, che riconosce in Nicola “il Santo”.
La manna, com’è noto, è l’acqua che si forma nella tomba del Santo e che si formava già nella Basilica di Mira. In realtà si tratta di un’acqua (analizzata nel 1925 dal Laboratorio di chimica dell’Università di Bari) di particolare purezza, la cui origine viene diversamente spiegata.
Non va dimenticato che la manna, spesso, rappresenta l’ultima ancora a cui i malati ricorrono dopo l’esaurimento dei metodi della medicina scientifica, «prescindendo dal problema se si tratti di miracolo o meno, quest’acqua ha le caratteristiche della reliquia. Il fedele nel berla o nell’ungere la parte malata del corpo, crea una vicinanza del proprio corpo a quello di S. Nicola. A questo punto tutto passa in secondo piano, scienza, arte, letteratura, per fare spazio alla fede; non la fede cristiana in quanto tale, che non viene messa in discussione dal credere o meno ai miracoli connessi alle reliquie, ma la fede come fiducia nell’aiuto del Santo».
Le ampolle, invece, sono vetri dipinti che rientrano nella categoria dei vetri soffiati secondo la tecnica delle “forme aperte”, cioè quando la bolla vitrea, soffiata con la canna dell’artista vetraio, veniva da questi, manipolato e modellato. I vetri, prodotti a Murano, erano ultimati e rifiniti a Bari e, nel Catasto Onciario di Bari del 1753, erano registrati e tassati come “pittori di caraffine”, Donato Giustiniani e Gaetano Donatelli. Le ampolle erano così pronte erano riempite della Santa Manna e sigillati, pronti per essere affidati alla conservazione devota.
I vetri dipinti in tutto il XIX secolo, rientrano nella categoria dei vetri soffiati secondo la tecnica delle “forme aperte”, cioè quando il bollo vitreo, soffiato con la canna dell’artista vetraio, veniva da quest’ultimo manipolato e modellato. Nel Catasto onciario di Bari del 1753 erano registrati e tassati come “pittori di caraffine”, Donato Giustiniani e Gaetano Donatelli, senza ulteriori indicazioni per l’identificazione delle loro opere. I vetri principalmente prodotti a Murano, erano ultimati a Bari, accuratamente rifiniti, decorati, riempiti della Santa Manna e sigillati, pronti per essere affidati alla conservazione devota.
Una Mostra, aperta fino al 14 maggio, da non perdere.
La mostra, che è alla seconda edizione, sarà oggetto di visita anche da parte dei ministri finanziari che si riuniranno in nei prossimi giorni a Bari in occasione del G7.
L’icona è un prodotto esclusivamente bizantino. Nata dal ritratto di antica tradizione, acquista un senso sempre più teologico che la riempie di grazia divina inerente alla persona o alla scena che rappresenta.
La presenza a Bari delle reliquie di San Nicola, e quindi del miracoloso “sacro licor” (manna o myron, nel mondo greco, miro per i russi), ha influito non solo sulla storia della città, ma ha alimentato notevolmente l’interesse, la devozione ed il pellegrinaggio verso la Tomba del Santo, sia dei baresi e degli italiani, che del mondo ortodosso e soprattutto del popolo russo, che riconosce in Nicola “il Santo”.
La manna, com’è noto, è l’acqua che si forma nella tomba del Santo e che si formava già nella Basilica di Mira. In realtà si tratta di un’acqua (analizzata nel 1925 dal Laboratorio di chimica dell’Università di Bari) di particolare purezza, la cui origine viene diversamente spiegata.
Non va dimenticato che la manna, spesso, rappresenta l’ultima ancora a cui i malati ricorrono dopo l’esaurimento dei metodi della medicina scientifica, «prescindendo dal problema se si tratti di miracolo o meno, quest’acqua ha le caratteristiche della reliquia. Il fedele nel berla o nell’ungere la parte malata del corpo, crea una vicinanza del proprio corpo a quello di S. Nicola. A questo punto tutto passa in secondo piano, scienza, arte, letteratura, per fare spazio alla fede; non la fede cristiana in quanto tale, che non viene messa in discussione dal credere o meno ai miracoli connessi alle reliquie, ma la fede come fiducia nell’aiuto del Santo».
Le ampolle, invece, sono vetri dipinti che rientrano nella categoria dei vetri soffiati secondo la tecnica delle “forme aperte”, cioè quando la bolla vitrea, soffiata con la canna dell’artista vetraio, veniva da questi, manipolato e modellato. I vetri, prodotti a Murano, erano ultimati e rifiniti a Bari e, nel Catasto Onciario di Bari del 1753, erano registrati e tassati come “pittori di caraffine”, Donato Giustiniani e Gaetano Donatelli. Le ampolle erano così pronte erano riempite della Santa Manna e sigillati, pronti per essere affidati alla conservazione devota.
I vetri dipinti in tutto il XIX secolo, rientrano nella categoria dei vetri soffiati secondo la tecnica delle “forme aperte”, cioè quando il bollo vitreo, soffiato con la canna dell’artista vetraio, veniva da quest’ultimo manipolato e modellato. Nel Catasto onciario di Bari del 1753 erano registrati e tassati come “pittori di caraffine”, Donato Giustiniani e Gaetano Donatelli, senza ulteriori indicazioni per l’identificazione delle loro opere. I vetri principalmente prodotti a Murano, erano ultimati a Bari, accuratamente rifiniti, decorati, riempiti della Santa Manna e sigillati, pronti per essere affidati alla conservazione devota.
Una Mostra, aperta fino al 14 maggio, da non perdere.