Libri: 'La linea del tempo', alla (ri)scoperta della storia filatelica e postale

di PIERO LADISA – “La linea del tempo” (Wip Edizioni, 2017), opera nata da un’idea dal professore Massimo Conconi, coadiuvato dai colleghi Sergio Carli ed Andrea Minidio, è un vero e proprio excursus storico riguardante il vasto mondo dei francobolli e delle lettere, strumenti di comunicazione primaria (e anche di propaganda, in alcuni periodi storici) nell’era pre-digitale. 

Nel testo vengono scanditi dal punto di vista della prospettiva filatelica e postale, preceduti da interessanti saggi di approfondimento, i momenti più importanti della storia d’Italia dalla sua fondazione fino ai giorni nostri. 

Non mancano, inoltre, anche riferimenti filatelici riguardanti altri Stati come gli USA, l’ex URSS, la Germania nazista e la Cina di Mao. 

I cimeli presenti nel testo sono visibili anche alla mostra allestita fino al 7 gennaio prossimo presso Villa Borromeo sita a Viggiù (Varese). 

INTERVISTA ALL’AUTORE

D. Quali sono i motivi che l’hanno spinta a pubblicare questa opera?
R. «Questo lavoro nasce dal mio bisogno di ricerca, di conoscenza, di curiosità. Ho ripreso in mano circa dieci anni fa una vecchia collezione filatelica già di mio padre, di mio nonno e poi mia. L’occasione mi fu data da una esposizione che nel 2005 ho promosso presso il Liceo artistico Frattini di Varese, dove insegnavo dell’opera dell’incisore dell’Istituto Poligrafico dello Stato, Eros Donnini , che venne a Varese con delle valigie di cartone piene delle sue incisioni, bozzetti, francobolli, realizzati in quarant’anni di attività al Poligrafico. Fu per me un incontro illuminante, l’uomo e l’artista erano fusi assieme, alto, allampanato, modesto ma rigoroso. Strinsi subito una cortese amicizia con lui, un’amicizia durata fino alla sua scomparsa avvenuta lo scorso marzo 2017. Ho sempre pensato che l’arte, specie in Italia, avesse bisogno di artisti- promotori- divulgatori, me l’ha insegnato una lunga attività didattica a scuola in quaranta anni di esperienza, sia come docente che come artista. Questa "linea del tempo" è per me un lavoro artistico che va in questa direzione, anche se non ho usato materiali tecnici propri delle arti visive, ho comunque operato delle scelte archivistiche pittoriche, tecniche che raccontano la storia del novecento, per brani scelti, per avvenimenti scelti, per tipologie, semplicemente ho usato la tecnica della ricerca filatelica, storico postale, filografica, grafica illustrativa di altri uomini che hanno fatto il loro tempo e le cui tracce resistono nel tempo. È questa cosa, il tempo, l’arte, la scrittura, il sentimento del tempo che ci distingue dagli animali». 

D. È stato faticoso raccogliere e “assemblare” tutto il materiale per la pubblicazione?
R. «Affatto faticoso, mi ha sorretto la passione il mio motto è: "lavorare insieme assieme è meglio che soli". Con fede e passione, oltre che l’aiuto di molti amici collezionisti e consigli di esperti più di me del settore, avendo incominciato poi circa dieci anni fa ad acquistare e collezionare materiale filatelico e di storia postale, ho potuto scegliere tra molto materiale in mio possesso e molto di quello di amici soci di associazioni filateliche. Indispensabile è stato anche lo studio di molte pubblicazioni del settore che cito nella bibliografia, solo in parte, dell'opera. La conoscenza indiretta di molti "signori della filatelia" come ad esempio Franco Filanci, Carlo Sopracodevole (purtroppo scomparso), Luigi Pirani, Vincenzo Ferrari, conosciuti soprattutto attraverso le loro pubblicazioni e poi via mail, hanno ampliato la passione delle mie ricerche, e la mia fede nell’uomo contemporaneo».

D. Tra i vari cimeli presenti alla mostra. Qual è secondo lei il più raro?
R. «Non certo quelli di valore economico, ce ne sono alcuni che valgono quasi mille euro: ma i più rari per me sono quelli che raccontano le storie degli uomini, ad esempio le lettere che l’amico Sergio De Carli ha studiato e riportato di un lavoratore italiano in Africa Orientale Italiana nel 1936, una di queste è riportata in quarta di copertina. Oppure ancora gli interi postali del Terzo Reich che un amico di origine pugliese,  Mauro Colamartino originario di Bisceglie, mi ha tradotto dal tedesco, e che sono serviti sempre a Sergio per la sua riflessione sulle falsità delle ideologie politiche e sui danni che queste hanno fatto all’uomo del novecento. La rarità la considero un valore educativo nel senso più profondo del termine dal latino "rara avis", preziosità dell’insegnamento scritto, dell’esempio visivo, della capacità di comunicazione di sentimenti, situazione, necessità persino dolori».

D. Terminata la mostra a Viggiù, è ipotizzabile che la stessa viaggi in giro per l’Italia facendo tappa nelle città importanti?
R. «Non ho nessun problema a spostarla da un posto all’altro, fermo restando la copertura assicurativa da "chiodo a chiodo", come si usa dire nel gergo delle esposizioni artistiche. Purché ne sia garantita la vigilanza, la pubblicità. Questo mio prodotto artistico, anche se non fatto di pennellate (a cui spesso sono abituato), è disponibile per essere visto da più pubblico, da più persone che abbiano voglia di riflettere sui valori sulla ricchezza del nostro tempo contemporaneo, frutto di tanta storia, di tanti sacrifici, di tanta vita, di tanto tempo delle generazioni che ci hanno preceduti. La mostra è composta da novanta fogli 70 x 50 cm in cui sono montati tra francobolli, cartoline, buste, lettere ecc. circa 500 pezzi cartacei, quasi tutti originali e che vanno dal 1900 al 2016».