di VITTORIO POLITO – Com’è noto il 3 febbraio, ricorre la festività di San Biagio, indiscusso protettore della gola e degli specialisti otorinolaringoiatri. Biagio - il cui nome latino ‘Blasius’, deriva dall’aggettivo ‘blaesus’, balbuziente, ed a sua volta, dal greco ‘blaisos’, storto.
“Tra i Santi di più antica devozione che l’Oriente ha trasmesso all’Occidente tramite i documenti provenienti da Bisanzio nel periodo dell’Iconoclasmo, emerge la figura di San Biagio, ritenuto martire in Armenia al tempo dell’imperatore Licinio durante l’ultima, violenta ondata di persecuzioni contro i cristiani, accusati di contrastare la restaurazione dei culti tradizionali e di rifiutare la divinizzazione dell’imperatore”, scrive Stefania Colafranceschi nel suo capitolo “La Vita di San Biagio” (San Biagio Patrono di Cento – Minerva Edizioni).
Uno dei miracoli più noti è quello in cui si recò da lui una donna, il cui figlio era sul punto di morire a causa di una lisca di pesce che si era conficcata in gola e la benedizione del Santo con due ceri incrociati lo risanò immediatamente. Pare che il culto di San Biagio sia particolarmente diffuso al Sud, ove si celebra, come in altre chiese, il rito dei due ceri per la benedizione della gola.
San Biagio, martire e vescovo di Sebaste (Armenia), sarebbe stato martirizzato nel 316 per decapitazione, sotto la dominazione di Licinio (307-323).
Arrestato durante la persecuzione ordinata da Licinio, Biagio fu imprigionato, picchiato e sospeso ad un legno, dove con pettini di ferro gli fu scorticata la pelle e quindi lacerate le carni. Dopo un nuovo periodo di prigionia, fu gettato in un lago, dal quale uscì salvo, quindi per ordine dello stesso giudice, subì la decapitazione.
Il potere taumaturgico del Santo si estese nel tempo anche a numerose altre malattie: in Germania è invocato contro i mali della vescica, per l’affinità fra il suo nome e il termine tedesco che indica quest’organo.
San Biagio è stato innalzato alla dignità di santo ed è invocato contro i mali di gola. Il corpo di Biagio venne deposto nella sua cattedrale a Sebaste (Turchia), ma nel 732, mentre gli Arabi incalzano nella loro guerra di espansione religiosa, le sue spoglie vengono imbarcate da alcuni armeni alla volta di Roma. Secondo la leggenda, un’improvvisa tempesta costrinse la nave ad interrompere il viaggio nelle acque di Maratea (PZ) presso l’isolotto di Santo Ianni. Maratea rappresenta uno dei più importanti luoghi sacri di riferimento per i fedeli di San Biagio, poiché sede di un importante Basilica Pontificia che custodisce i resti del santo, tra cui il torace.
Il Santo viene ritratto da solo o con altri santi, rivestito con le insegne episcopali, spesso con il libro in mano o con altri attributi specifici, cioè con le candele incrociate, con il vaso delle medicine e, nei paesi germanici e scandinavi, con il corno da caccia. Da qui deriva il patronato affidato a San Biagio per i suonatori di strumenti a fiato e per estensione anche dei venti.
San Biagio fa anche parte dei quattordici santi cosiddetti ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari. È venerato in moltissime città e località italiane, in molte delle quali è stato proclamato anche santo patrono. Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti a lui riservati.
In molti posti la tradizione porta al consumo di particolari alimenti: a Milano si mangia l’ultima fetta di panettone avanzato da Natale, a Roma, presso la chiesa di San Biagio della Pagnotta erano offerti piccoli pani benedetti; a Ruvo di Puglia (ove il Santo ne è il protettore è venerata una statua in legno del XVI sec.) si benedicono e distribuiscono i «frecedduzze» (ciambelline a forma di nodo, quello della gola che il Santo deve sciogliere).
Lo scheletro del Santo è conservato a Maratea ma reliquie importanti sono presenti in molte Chiese. In Puglia sono a Ruvo, Carosino (un pezzo di lingua), Avetrana, Ostuni, Nardò, Gallipoli. Dal monastero situato sul monte Subasio invitano a bere la «birra di San Biagio» che «riflette la natura mistica di chi la produce». E consoliamoci perché il detto popolare avverte: «Per San Biagio il vento è andato... da ogni pertugio entra il sole».
Alcune di queste note sono state riprese dalla pubblicazione di Domenico Petrone e del sottoscritto “San Biagio tra storia, leggenda e tradizione” (ECA Edizioni).
“Tra i Santi di più antica devozione che l’Oriente ha trasmesso all’Occidente tramite i documenti provenienti da Bisanzio nel periodo dell’Iconoclasmo, emerge la figura di San Biagio, ritenuto martire in Armenia al tempo dell’imperatore Licinio durante l’ultima, violenta ondata di persecuzioni contro i cristiani, accusati di contrastare la restaurazione dei culti tradizionali e di rifiutare la divinizzazione dell’imperatore”, scrive Stefania Colafranceschi nel suo capitolo “La Vita di San Biagio” (San Biagio Patrono di Cento – Minerva Edizioni).
Uno dei miracoli più noti è quello in cui si recò da lui una donna, il cui figlio era sul punto di morire a causa di una lisca di pesce che si era conficcata in gola e la benedizione del Santo con due ceri incrociati lo risanò immediatamente. Pare che il culto di San Biagio sia particolarmente diffuso al Sud, ove si celebra, come in altre chiese, il rito dei due ceri per la benedizione della gola.
San Biagio, martire e vescovo di Sebaste (Armenia), sarebbe stato martirizzato nel 316 per decapitazione, sotto la dominazione di Licinio (307-323).
Arrestato durante la persecuzione ordinata da Licinio, Biagio fu imprigionato, picchiato e sospeso ad un legno, dove con pettini di ferro gli fu scorticata la pelle e quindi lacerate le carni. Dopo un nuovo periodo di prigionia, fu gettato in un lago, dal quale uscì salvo, quindi per ordine dello stesso giudice, subì la decapitazione.
Il potere taumaturgico del Santo si estese nel tempo anche a numerose altre malattie: in Germania è invocato contro i mali della vescica, per l’affinità fra il suo nome e il termine tedesco che indica quest’organo.
San Biagio è stato innalzato alla dignità di santo ed è invocato contro i mali di gola. Il corpo di Biagio venne deposto nella sua cattedrale a Sebaste (Turchia), ma nel 732, mentre gli Arabi incalzano nella loro guerra di espansione religiosa, le sue spoglie vengono imbarcate da alcuni armeni alla volta di Roma. Secondo la leggenda, un’improvvisa tempesta costrinse la nave ad interrompere il viaggio nelle acque di Maratea (PZ) presso l’isolotto di Santo Ianni. Maratea rappresenta uno dei più importanti luoghi sacri di riferimento per i fedeli di San Biagio, poiché sede di un importante Basilica Pontificia che custodisce i resti del santo, tra cui il torace.
Il Santo viene ritratto da solo o con altri santi, rivestito con le insegne episcopali, spesso con il libro in mano o con altri attributi specifici, cioè con le candele incrociate, con il vaso delle medicine e, nei paesi germanici e scandinavi, con il corno da caccia. Da qui deriva il patronato affidato a San Biagio per i suonatori di strumenti a fiato e per estensione anche dei venti.
San Biagio fa anche parte dei quattordici santi cosiddetti ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari. È venerato in moltissime città e località italiane, in molte delle quali è stato proclamato anche santo patrono. Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti a lui riservati.
In molti posti la tradizione porta al consumo di particolari alimenti: a Milano si mangia l’ultima fetta di panettone avanzato da Natale, a Roma, presso la chiesa di San Biagio della Pagnotta erano offerti piccoli pani benedetti; a Ruvo di Puglia (ove il Santo ne è il protettore è venerata una statua in legno del XVI sec.) si benedicono e distribuiscono i «frecedduzze» (ciambelline a forma di nodo, quello della gola che il Santo deve sciogliere).
Lo scheletro del Santo è conservato a Maratea ma reliquie importanti sono presenti in molte Chiese. In Puglia sono a Ruvo, Carosino (un pezzo di lingua), Avetrana, Ostuni, Nardò, Gallipoli. Dal monastero situato sul monte Subasio invitano a bere la «birra di San Biagio» che «riflette la natura mistica di chi la produce». E consoliamoci perché il detto popolare avverte: «Per San Biagio il vento è andato... da ogni pertugio entra il sole».
Alcune di queste note sono state riprese dalla pubblicazione di Domenico Petrone e del sottoscritto “San Biagio tra storia, leggenda e tradizione” (ECA Edizioni).