di Nicola Ricchitelli
Appare ancora nitida nell'immaginario collettivo della gente la figura del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di farsi carico degli interessi generali del paese. Questo simulacro purtroppo si è dissolto ormai da tempo, lasciando posto ad un'arrogante casta iperburocratizzata ed autoreferenziale che da troppo, tanto tempo ha perso il contatto con l'Italia reale. Sì, il sindacato ha cambiato pelle, siamo passati dalle lotte degli anni '60, fino ad arrivare alla crisi di rappresentatività dei nostri giorni, ma non solo. Sono cambiati anche gli scenari dove avvengono le lotte: dalle occupazioni delle fabbriche si è passati all'ingresso nelle stanze del potere.
Crollano le borse e chiudono le fabbriche, i datori dei lavori assumono e licenziano, un usa e getta di lavoratori che non risparmia le generazioni future e passate.
Sullo sfondo i sindacati danno l'impressione di tutelare i lavoratori, ma in realtà se ne stanno li a guardare che lo scempio abbia luogo.
Nei racconti della gente si parla di taciti accordi tra i rappresentanti sindacali e i datori di lavoro, vertenze che in cambio di generosi omaggi vanno sempre dalla parte dei datori di lavori, il tutto con il solo risultato di aggravare una situazione già di per sé drammatica.
Naturalmente nulla di concreto con cui provare quello che proveremo a raccontare, specie se certe storie provengono dalla strada e quindi da quelle 'malelingue' della gente.
Già , perché quando le storie provengono dalla bocca della gente comune, chissà perché, bisogna sempre prenderle con le pinze, al contrario di autorevoli discorsi provenienti da signori ingessati che siedono sulle poltrone nei palazzi di potere.
Alla fine vengono fuori le solite storie, tante, forse troppe: gente che aveva un passato, gente che prova a starci dentro in questo presente, gente il cui futuro lascia poco all'immaginazione. Molte di queste storie sono emerse durante la protesta dei disoccupati che ha avuto luogo lo scorso 18 maggio, dinanzi al Palazzo di città di Barletta.
Tra queste, è degna di nota quella del signor C., dipendente di una nota impresa meccanica operante nell'ambito delle costruzioni aeronautiche, assunto con contratto a tempo determinato e impiegato successivamente per lo sviluppo del programma aziendale. La promessa era che al termine dei due anni sarebbe stato reinserito in una azienda appartenente sempre al gruppo aziendale: di mezzo, tanto di accordo firmato dai rappresentanti sindacali e dai vertici aziendali.
Il risultato? Il signor C. ad oggi vaga per le vie di Barletta privo di una occupazione, con tante domande senza risposta in una realtà che si stenta proprio a riconoscere.
Potremmo continuare nel raccontare altre storie, tutte uguali e tutte con un unico comune denominatore; in alcune c'è quel dettaglio che si chiama crisi, in altre c'è appunto lo spirito non troppo combattivo di chi avrebbe dovuto difendere i lavoratori ma che invece non lo ha fatto.
A questo punto viene naturale una domanda: ma quale è stato il ruolo che i sindacati hanno avuto per combattere la crescente disoccupazione nel corso di questi anni? A vedere dai risultati, nessuno. E soprattutto: la loro presenza nel mondo del lavoro ha ancora un senso?
Appare ancora nitida nell'immaginario collettivo della gente la figura del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di farsi carico degli interessi generali del paese. Questo simulacro purtroppo si è dissolto ormai da tempo, lasciando posto ad un'arrogante casta iperburocratizzata ed autoreferenziale che da troppo, tanto tempo ha perso il contatto con l'Italia reale. Sì, il sindacato ha cambiato pelle, siamo passati dalle lotte degli anni '60, fino ad arrivare alla crisi di rappresentatività dei nostri giorni, ma non solo. Sono cambiati anche gli scenari dove avvengono le lotte: dalle occupazioni delle fabbriche si è passati all'ingresso nelle stanze del potere.
Crollano le borse e chiudono le fabbriche, i datori dei lavori assumono e licenziano, un usa e getta di lavoratori che non risparmia le generazioni future e passate.
Sullo sfondo i sindacati danno l'impressione di tutelare i lavoratori, ma in realtà se ne stanno li a guardare che lo scempio abbia luogo.
Nei racconti della gente si parla di taciti accordi tra i rappresentanti sindacali e i datori di lavoro, vertenze che in cambio di generosi omaggi vanno sempre dalla parte dei datori di lavori, il tutto con il solo risultato di aggravare una situazione già di per sé drammatica.
Naturalmente nulla di concreto con cui provare quello che proveremo a raccontare, specie se certe storie provengono dalla strada e quindi da quelle 'malelingue' della gente.
Già , perché quando le storie provengono dalla bocca della gente comune, chissà perché, bisogna sempre prenderle con le pinze, al contrario di autorevoli discorsi provenienti da signori ingessati che siedono sulle poltrone nei palazzi di potere.
Alla fine vengono fuori le solite storie, tante, forse troppe: gente che aveva un passato, gente che prova a starci dentro in questo presente, gente il cui futuro lascia poco all'immaginazione. Molte di queste storie sono emerse durante la protesta dei disoccupati che ha avuto luogo lo scorso 18 maggio, dinanzi al Palazzo di città di Barletta.
Tra queste, è degna di nota quella del signor C., dipendente di una nota impresa meccanica operante nell'ambito delle costruzioni aeronautiche, assunto con contratto a tempo determinato e impiegato successivamente per lo sviluppo del programma aziendale. La promessa era che al termine dei due anni sarebbe stato reinserito in una azienda appartenente sempre al gruppo aziendale: di mezzo, tanto di accordo firmato dai rappresentanti sindacali e dai vertici aziendali.
Il risultato? Il signor C. ad oggi vaga per le vie di Barletta privo di una occupazione, con tante domande senza risposta in una realtà che si stenta proprio a riconoscere.
Potremmo continuare nel raccontare altre storie, tutte uguali e tutte con un unico comune denominatore; in alcune c'è quel dettaglio che si chiama crisi, in altre c'è appunto lo spirito non troppo combattivo di chi avrebbe dovuto difendere i lavoratori ma che invece non lo ha fatto.
A questo punto viene naturale una domanda: ma quale è stato il ruolo che i sindacati hanno avuto per combattere la crescente disoccupazione nel corso di questi anni? A vedere dai risultati, nessuno. E soprattutto: la loro presenza nel mondo del lavoro ha ancora un senso?
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