Il dubbio di Vendola dopo il no del Tar alla sua linea abortista
di Ettore Mario Peluso
La crociata di Nichi Vendola e della Regione Puglia contro i medici obiettori di coscienza incontra un primo importante ostacolo. In una delibera del marzo 2009, la n. 405, si era approvata la riorganizzazione della rete consultoriale sul territorio pugliese, proibendo ai medici obiettori ed alle ostetriche obiettrici di coscienza di svolgere la professione all’interno dei consultori, in nome di un non ben identificato “potenziamento del percorso di nascita”(?). Qualche settimana fa la delibera era stata impugnata davanti al Tar Puglia da alcuni medici cattolici che con la nuova normativa sarebbero stati esclusi dalle future assunzioni nei consultori, nonché dal Forum delle associazioni cattoliche operanti in campo socio sanitario e dal Movimento della Vita.
Ora il Tar si è espresso a favore del loro ricorso con una sentenza di 21 pagine destinando, di conseguenza, il 50% dei posti nei consultori agli obiettori poiché la loro presenza o meno “è assolutamente irrilevante visto che all’interno dei consultori non si pratica materialmente l’interruzione, bensì soltanto attività di assistenza psicologica e di informazione/consulenza della gestante, ovvero vengono svolte funzioni di ginecologo che esulano dall’iter abortivo”.
Il provvedimento proposto dall’assessore alle Politiche della salute, Tommaso Fiore, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, vìola il principio costituzionale di eguaglianza ed i principi che sono alla base dell’obiezione di coscienza. Il tema è piuttosto delicato considerato che la Puglia ha il più alto rapporto di abortività italiano (per ogni mille bambini nati, 270 non vengono al mondo a seguito dell’ interruzione volontaria della gravidanza) ed il 79,9% dei ginecologi si dichiara obiettore.
Secondo il presidente nazionale del Movimento per la vita, Carlo Casini, “la sentenza del Tar pugliese può dare una spinta per avviare una riforma dei consultori familiari per renderli limpido strumento di protezione del diritto alla vita mediante il consiglio e l’aiuto alla madre in difficoltà per una gravidanza difficile o non desiderata”. Il prof. Nicola Colaianni, avvocato coordinatore della Regione Puglia, è convinto che la pronuncia non sia affatto una vittoria per i medici obiettori, anzi, innervosito replica: “Tutto il personale operante nei consultori sarà richiamato da subito alla rigorosa e puntuale osservanza di tutti i compiti, nessuno escluso, loro assegnati dalla legge”.
Anche l’assessore regionale Fiore non sembra aver accolto positivamente la notizia: ha dichiarato, infatti, che la Regione non potrà escludere preventivamente gli obiettori, ma vigilerà sulla loro attività, affinché “non intralcino chi ha deciso di abortire”. Soddisfatti della pronuncia i professori Aldo ed Isabella Loiodice (difensori di alcune Associazioni di sanitari e movimenti a tutela della donna) che già si erano espressi sulla illegittimità del provvedimento regionale, ma che cautamente attendono di sapere i prossimi passi della Regione. Infatti nei prossimi giorni si saprà se Vendola deciderà di opporsi alla sentenza attraverso un ricorso innanzi al Consiglio di Stato o se, magari, accetterà la pronuncia, spostando il dibattito dalle sedi dei tribunali a quelle del confronto tra associazioni per la vita, operatori sanitari ed istituzioni.
La crociata di Nichi Vendola e della Regione Puglia contro i medici obiettori di coscienza incontra un primo importante ostacolo. In una delibera del marzo 2009, la n. 405, si era approvata la riorganizzazione della rete consultoriale sul territorio pugliese, proibendo ai medici obiettori ed alle ostetriche obiettrici di coscienza di svolgere la professione all’interno dei consultori, in nome di un non ben identificato “potenziamento del percorso di nascita”(?). Qualche settimana fa la delibera era stata impugnata davanti al Tar Puglia da alcuni medici cattolici che con la nuova normativa sarebbero stati esclusi dalle future assunzioni nei consultori, nonché dal Forum delle associazioni cattoliche operanti in campo socio sanitario e dal Movimento della Vita.
Ora il Tar si è espresso a favore del loro ricorso con una sentenza di 21 pagine destinando, di conseguenza, il 50% dei posti nei consultori agli obiettori poiché la loro presenza o meno “è assolutamente irrilevante visto che all’interno dei consultori non si pratica materialmente l’interruzione, bensì soltanto attività di assistenza psicologica e di informazione/consulenza della gestante, ovvero vengono svolte funzioni di ginecologo che esulano dall’iter abortivo”.
Il provvedimento proposto dall’assessore alle Politiche della salute, Tommaso Fiore, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, vìola il principio costituzionale di eguaglianza ed i principi che sono alla base dell’obiezione di coscienza. Il tema è piuttosto delicato considerato che la Puglia ha il più alto rapporto di abortività italiano (per ogni mille bambini nati, 270 non vengono al mondo a seguito dell’ interruzione volontaria della gravidanza) ed il 79,9% dei ginecologi si dichiara obiettore.
Secondo il presidente nazionale del Movimento per la vita, Carlo Casini, “la sentenza del Tar pugliese può dare una spinta per avviare una riforma dei consultori familiari per renderli limpido strumento di protezione del diritto alla vita mediante il consiglio e l’aiuto alla madre in difficoltà per una gravidanza difficile o non desiderata”. Il prof. Nicola Colaianni, avvocato coordinatore della Regione Puglia, è convinto che la pronuncia non sia affatto una vittoria per i medici obiettori, anzi, innervosito replica: “Tutto il personale operante nei consultori sarà richiamato da subito alla rigorosa e puntuale osservanza di tutti i compiti, nessuno escluso, loro assegnati dalla legge”.
Anche l’assessore regionale Fiore non sembra aver accolto positivamente la notizia: ha dichiarato, infatti, che la Regione non potrà escludere preventivamente gli obiettori, ma vigilerà sulla loro attività, affinché “non intralcino chi ha deciso di abortire”. Soddisfatti della pronuncia i professori Aldo ed Isabella Loiodice (difensori di alcune Associazioni di sanitari e movimenti a tutela della donna) che già si erano espressi sulla illegittimità del provvedimento regionale, ma che cautamente attendono di sapere i prossimi passi della Regione. Infatti nei prossimi giorni si saprà se Vendola deciderà di opporsi alla sentenza attraverso un ricorso innanzi al Consiglio di Stato o se, magari, accetterà la pronuncia, spostando il dibattito dalle sedi dei tribunali a quelle del confronto tra associazioni per la vita, operatori sanitari ed istituzioni.
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