ROMA. Aumentano gli immigrati in Italia e, ''se all'inizio del 2010 l'Istat ha registrato 4 milioni e 235mila residenti stranieri'', secondo la Caritas, ''includendo tutte le persone regolarmente soggiornanti seppure non ancora iscritte in anagrafe, si arriva a 4 milioni e 919mila (1 immigrato ogni 12 residenti)''. E' quanto si legge nel ''XX Rapporto sull'immigrazione. Dossier statistico 2010'' messo a punto da Caritas Migrantes e presentato oggi a Roma. Secondo il rapporto, l'aumento dei residenti e' stato di circa 3 milioni di unita' nel corso dell'ultimo decennio, durante il quale la presenza straniera e' pressoche' triplicata, e di quasi 1 milione nell'ultimo biennio.
Intanto, pero', evidenzia il dossier, ''complice la fase di recessione, sono cresciute anche le reazioni negative''. Gli italiani sembrano lontani, nella loro percezione, da un adeguato inquadramento di questa realta'. Nella ricerca ''Transatlantic Trends'' (2009) mediamente gli intervistati hanno ritenuto che gli immigrati incidano per il 23% sulla popolazione residente (sarebbero quindi circa 15 milioni, tre volte di piu' rispetto alla loro effettiva consistenza) e che i ''clandestini'' siano piu' numerosi dei migranti regolari (mentre le stime accreditano un numero attorno al mezzo milione). Su questa ''distorta percezione influiscono diversi fattori, tra i quali anche l'appartenenza politica''.
In merito alla distribuzione territoriale, la Lombardia accoglie un quinto dei residenti stranieri (982.225, 23,2%). Poco piu' di un decimo vive nel Lazio (497.940, 11,8%), il cui livello viene quasi raggiunto da altre due grandi regioni di immigrazione (Veneto 480.616, 11,3%) e Emilia Romagna (461.321, 10,9%), mentre il Piemonte e la Toscana stanno un po' al di sotto (rispettivamente 377.241, 8,9% e 338.746, 8,0%). Roma, che e' stata a lungo la provincia con il maggior numero di immigrati, perde il primato rispetto a Milano (405.657 rispetto a 407.191).
Se si aggiungono altri 17.000 nati da madre straniera e padre italiano, l'incidenza sul totale dei nati in Italia arriva al 16,5%. Il numero sarebbe ancora piu' alto se si considerassero anche i figli di padre straniero e madre italiana, per quanto tra le coppie miste prevalgono quelle in cui ad essere di origine immigrata e' la donna (nel 2008 erano 23.970 figli nati da coppie miste in Italia, 8 su 10 da padri italiani e madri straniere).
Diversificata e' anche l'incidenza dei minori, in tutto quasi un milione (932.675): dalla media del 22% (tra la popolazione totale la percentuale scende al 16,9%) si arriva al 24,5% in Lombardia e al 24,3% in Veneto, mentre il valore e' piu' basso in diverse regioni centro-meridionali, e segnatamente nel Lazio e in Campania (17,4%) e Sardegna (17%).
A differenza della chiusura su altri aspetti, gli italiani sembrano essere piu' propensi alla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia seppure da genitori stranieri. I figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5% sulla popolazione scolastica.
Nel 2009, l'apposito Comitato ha censito 6.587 minori non accompagnati, dei quali 533 richiedenti asilo, provenienti da 77 paesi (Marocco 15%, Egitto 14%, Albania 11%, Afghanistan 11%), in prevalenza maschi (90%) e di eta' compresa tra i 15 e i 17 anni (88%). Tra i di essi non sono piu' inclusi i romeni (almeno un terzo del totale), che in quanto comunitari vengono presi in carico dai servizi comunali. Non sempre, al raggiungimento del 18* anno, le condizioni attualmente previste (3 anni di permanenza e 2 anni di inserimento in un percorso formativo) consentono di garantire loro un permesso di soggiorno.
Intanto, pero', evidenzia il dossier, ''complice la fase di recessione, sono cresciute anche le reazioni negative''. Gli italiani sembrano lontani, nella loro percezione, da un adeguato inquadramento di questa realta'. Nella ricerca ''Transatlantic Trends'' (2009) mediamente gli intervistati hanno ritenuto che gli immigrati incidano per il 23% sulla popolazione residente (sarebbero quindi circa 15 milioni, tre volte di piu' rispetto alla loro effettiva consistenza) e che i ''clandestini'' siano piu' numerosi dei migranti regolari (mentre le stime accreditano un numero attorno al mezzo milione). Su questa ''distorta percezione influiscono diversi fattori, tra i quali anche l'appartenenza politica''.
In merito alla distribuzione territoriale, la Lombardia accoglie un quinto dei residenti stranieri (982.225, 23,2%). Poco piu' di un decimo vive nel Lazio (497.940, 11,8%), il cui livello viene quasi raggiunto da altre due grandi regioni di immigrazione (Veneto 480.616, 11,3%) e Emilia Romagna (461.321, 10,9%), mentre il Piemonte e la Toscana stanno un po' al di sotto (rispettivamente 377.241, 8,9% e 338.746, 8,0%). Roma, che e' stata a lungo la provincia con il maggior numero di immigrati, perde il primato rispetto a Milano (405.657 rispetto a 407.191).
Se si aggiungono altri 17.000 nati da madre straniera e padre italiano, l'incidenza sul totale dei nati in Italia arriva al 16,5%. Il numero sarebbe ancora piu' alto se si considerassero anche i figli di padre straniero e madre italiana, per quanto tra le coppie miste prevalgono quelle in cui ad essere di origine immigrata e' la donna (nel 2008 erano 23.970 figli nati da coppie miste in Italia, 8 su 10 da padri italiani e madri straniere).
Diversificata e' anche l'incidenza dei minori, in tutto quasi un milione (932.675): dalla media del 22% (tra la popolazione totale la percentuale scende al 16,9%) si arriva al 24,5% in Lombardia e al 24,3% in Veneto, mentre il valore e' piu' basso in diverse regioni centro-meridionali, e segnatamente nel Lazio e in Campania (17,4%) e Sardegna (17%).
A differenza della chiusura su altri aspetti, gli italiani sembrano essere piu' propensi alla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia seppure da genitori stranieri. I figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5% sulla popolazione scolastica.
Nel 2009, l'apposito Comitato ha censito 6.587 minori non accompagnati, dei quali 533 richiedenti asilo, provenienti da 77 paesi (Marocco 15%, Egitto 14%, Albania 11%, Afghanistan 11%), in prevalenza maschi (90%) e di eta' compresa tra i 15 e i 17 anni (88%). Tra i di essi non sono piu' inclusi i romeni (almeno un terzo del totale), che in quanto comunitari vengono presi in carico dai servizi comunali. Non sempre, al raggiungimento del 18* anno, le condizioni attualmente previste (3 anni di permanenza e 2 anni di inserimento in un percorso formativo) consentono di garantire loro un permesso di soggiorno.
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