BARI. Con la sentenza nella causa C – 224/09 la Corte di Giustizia Europea colma un vuoto normativo presente nella normativa italiana, secondo Giovanni D’Agata, Componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, in un momento molto delicato nel quale la normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro viene messa in discussione da ipotetiche riforme in senso peggiorativo paventate dall’attuale governo.
Infatti, secondo la direttiva 24 giugno 1992, 92/57/CEE riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili stabilisce che, in ogni cantiere in cui siano presenti più imprese, il committente o il responsabile dei lavori designa un coordinatore per la sicurezza e la salute, il quale è incaricato dell’attuazione dei principi generali di prevenzione e di sicurezza per la tutela dei lavoratori. Essa prescrive altresì che il committente o il responsabile dei lavori controlli redigano un piano di sicurezza nel caso in cui si tratti di lavori che comportano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tali lavori sono indicati in un elenco, non esaustivo, contenuto nella direttiva.
Purtroppo, in sede di recepimento della normativa europea la legge italiana aveva omesso di trasporre l’obbligo di designare tale coordinatore e di redigere un siffatto piano per tutti i lavori privati non soggetti a permesso di costruire.
Il caso di specie preso in esame dai giudici europei prende spunto da una richiesta del Tribunale di Bolzano relativamente al procedimento penale per violazione degli obblighi di sicurezza imposti dalla direttiva della proprietaria di un immobile che nel 2008 a seguito di un ispezione da parte degli ispettori del servizio di tutela del lavoro della Provincia autonoma di Bolzano che aveva appaltato un cantiere edile avente ad oggetto il rifacimento della copertura del tetto di una casa di abitazione ad un’altezza di circa 6-8 metri ed in particolare parapetto, l’autogrù e la manodopera erano forniti da tre imprese diverse.
Nella vicenda de quo, peraltro, il rilascio di un permesso di costruire non era richiesto ai sensi della legislazione italiana.
Il Tribunale italiano sollevava la questione in quanto riteneva non persuasive le deroghe che la legge nostrana aveva statuito in relazione all’obbligo di designare un coordinatore per la sicurezza, nella convinzione che il legislatore – nel supporre che un cantiere di lavori privati sia di modesta entità e dunque privo di rischi – non avrebbe considerato che anche lavori non soggetti a permesso di costruire potevano essere complessi e pericolosi e richiedere, di conseguenza, la nomina di un coordinatore per la sicurezza.
Con la decisione in discussione la Corte ricorda, in primo luogo, che la direttiva statuisce inequivocabilmente l’obbligo di nominare un coordinatore in materia di sicurezza e di salute per ogni cantiere in cui siano presenti più imprese, senza prevedere alcuna deroga a tale obbligo.
Pertanto, per qualsiasi cantiere in cui sono presenti più imprese al momento della progettazione o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori, permane per l’appaltatore l’obbligo di nominare un coordinatore in materia di sicurezza e di salute, indipendentemente dalla circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere comporti o meno rischi particolari.
La direttiva impedisce, quindi, la validità di una normativa nazionale che, nel caso di un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire e nel quale sono presenti più imprese, consenta di derogare all’obbligo (incombente al committente o al responsabile dei lavori) di nominare un coordinatore per la sicurezza e la salute al momento della progettazione dell’opera o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori.
In ultimo per quanto riguarda l’obbligo di redazione del piano di sicurezza e di salute, la direttiva autorizza gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, a derogare all’obbligo di redigerlo, tranne nel caso in cui si tratti di lavori che comportano rischi particolari quali quelli enumerati nella direttiva o di lavori per i quali è richiesta una notifica preliminare.
Ne consegue che, per qualsiasi cantiere i cui lavori comportino rischi particolari, quali quelli elencati nella direttiva, deve essere redatto, prima della sua apertura, un piano di sicurezza e di salute, essendo irrilevante a tale riguardo il numero d’imprese presenti nel cantiere stesso.
La direttiva osta, pertanto, ad una normativa nazionale che preveda l’obbligo per il coordinatore della realizzazione dell’opera di redigere un piano di sicurezza e di salute nel solo caso in cui, in un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire, intervengano più imprese, e che non assuma come criterio a fondamento di tale obbligo i rischi particolari quali contemplati in detta direttiva.
Infatti, secondo la direttiva 24 giugno 1992, 92/57/CEE riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili stabilisce che, in ogni cantiere in cui siano presenti più imprese, il committente o il responsabile dei lavori designa un coordinatore per la sicurezza e la salute, il quale è incaricato dell’attuazione dei principi generali di prevenzione e di sicurezza per la tutela dei lavoratori. Essa prescrive altresì che il committente o il responsabile dei lavori controlli redigano un piano di sicurezza nel caso in cui si tratti di lavori che comportano rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Tali lavori sono indicati in un elenco, non esaustivo, contenuto nella direttiva.
Purtroppo, in sede di recepimento della normativa europea la legge italiana aveva omesso di trasporre l’obbligo di designare tale coordinatore e di redigere un siffatto piano per tutti i lavori privati non soggetti a permesso di costruire.
Il caso di specie preso in esame dai giudici europei prende spunto da una richiesta del Tribunale di Bolzano relativamente al procedimento penale per violazione degli obblighi di sicurezza imposti dalla direttiva della proprietaria di un immobile che nel 2008 a seguito di un ispezione da parte degli ispettori del servizio di tutela del lavoro della Provincia autonoma di Bolzano che aveva appaltato un cantiere edile avente ad oggetto il rifacimento della copertura del tetto di una casa di abitazione ad un’altezza di circa 6-8 metri ed in particolare parapetto, l’autogrù e la manodopera erano forniti da tre imprese diverse.
Nella vicenda de quo, peraltro, il rilascio di un permesso di costruire non era richiesto ai sensi della legislazione italiana.
Il Tribunale italiano sollevava la questione in quanto riteneva non persuasive le deroghe che la legge nostrana aveva statuito in relazione all’obbligo di designare un coordinatore per la sicurezza, nella convinzione che il legislatore – nel supporre che un cantiere di lavori privati sia di modesta entità e dunque privo di rischi – non avrebbe considerato che anche lavori non soggetti a permesso di costruire potevano essere complessi e pericolosi e richiedere, di conseguenza, la nomina di un coordinatore per la sicurezza.
Con la decisione in discussione la Corte ricorda, in primo luogo, che la direttiva statuisce inequivocabilmente l’obbligo di nominare un coordinatore in materia di sicurezza e di salute per ogni cantiere in cui siano presenti più imprese, senza prevedere alcuna deroga a tale obbligo.
Pertanto, per qualsiasi cantiere in cui sono presenti più imprese al momento della progettazione o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori, permane per l’appaltatore l’obbligo di nominare un coordinatore in materia di sicurezza e di salute, indipendentemente dalla circostanza che i lavori siano soggetti o meno a permesso di costruire ovvero che tale cantiere comporti o meno rischi particolari.
La direttiva impedisce, quindi, la validità di una normativa nazionale che, nel caso di un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire e nel quale sono presenti più imprese, consenta di derogare all’obbligo (incombente al committente o al responsabile dei lavori) di nominare un coordinatore per la sicurezza e la salute al momento della progettazione dell’opera o, comunque, prima dell’esecuzione dei lavori.
In ultimo per quanto riguarda l’obbligo di redazione del piano di sicurezza e di salute, la direttiva autorizza gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, a derogare all’obbligo di redigerlo, tranne nel caso in cui si tratti di lavori che comportano rischi particolari quali quelli enumerati nella direttiva o di lavori per i quali è richiesta una notifica preliminare.
Ne consegue che, per qualsiasi cantiere i cui lavori comportino rischi particolari, quali quelli elencati nella direttiva, deve essere redatto, prima della sua apertura, un piano di sicurezza e di salute, essendo irrilevante a tale riguardo il numero d’imprese presenti nel cantiere stesso.
La direttiva osta, pertanto, ad una normativa nazionale che preveda l’obbligo per il coordinatore della realizzazione dell’opera di redigere un piano di sicurezza e di salute nel solo caso in cui, in un cantiere di lavori privati non soggetti a permesso di costruire, intervengano più imprese, e che non assuma come criterio a fondamento di tale obbligo i rischi particolari quali contemplati in detta direttiva.
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