di Maria Teresa Lattarulo
L’Unità d’Italia dal punto di vista di uno studioso di storia della letteratura: il prof. Pasquale Martino illustra la vita e il pensiero di Francesco De Sanctis. Dallo stampo del pensiero leopardiano, nel clima della Rivoluzione napoletana del 1848, nasce e si forma un intellettuale meridionale che è stato fra i protagonisti del processo risorgimentale italiano: Francesco De Sanctis. Se ne è parlato in un incontro, tenutosi il 13 novembre presso la sala consiliare del Comune di Bari, che farà parte di una serie di incontri celebrativi dei centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Il relatore, prof. Pasquale Martino, ha voluto impostarlo come una riflessione sul significato della letteratura in relazione alla società, con una particolare attenzione al tema della scuola.
La vita di De Sanctis, a detta dello stesso autore, ha avuto due pagine: una letteraria, l’altra politica, entrambe “attraversate”, come ha spiegato il prof. Martino, “dal rapporto con la scuola e con l’insegnamento”. Quella politica perché egli, due volte ministro della Pubblica Istruzione, già con il primo governo postunitario Cavour e poi con Cairoli, della sinistra storica (fra l’altro fu anche deputato nei collegi di San Severo e di Trani), nella sua attività parlamentare e di governo, mise il tema dell’istruzione e della scuola al centro della propria iniziativa.
La scuola poi, come ha sottolineato il prof. Martino, “è presente e determinante nell’altra pagina, quella della letteratura. La sua esperienza di studioso della letteratura italiana non avrebbe avuto gli esiti che ha avuto se non fosse nata da una esperienza didattica” nella scuola superiore di allora e poi anche dall’esperienza di docente universitario al Politecnico di Zurigo. Molti dei suoi libri nascono dalle sue lezioni, alcuni sono rifacimenti fatti dagli alunni e la sua opera principale, la Storia della letteratura italiana, nasce come testo per i licei.
Parabola della classe letteraria italiana, quasi secondo uno schema dialettico hegeliano di inizio, decadenza e rinascita, la Storia della letteratura rappresenta la nascita attraverso i secoli di una nuova Italia, una Nazione che, dopo aver vissuto la sua decadenza (“la catastrofe”, come egli la chiama), con la perdita di indipendenza del Rinascimento e della Controriforma, se ne risolleva con la nuova letteratura e la formazione dell’identità italiana, da Machiavelli in poi.
De Sanctis, ha spiegato il prof. Martino, afferma che l’Unità d’Italia era stata pensata molti secoli prima dagli scrittori che hanno tentato una sintesi fra le forti idealità di stampo dantesco e il preminente culto della forma degli autori successivi.
Quella di De Sanctis, secondo un grande critico letterario americano, René Wellek, è la migliore storia di una qualsiasi letteratura che sia mai stata scritta, perché è il “romanzo della letteratura italiana”, un’opera filosofica, una sorta di “romanzo di formazione”, come l’ha definito Remo Ceserani, una vera e propria “epopea dell’idea di italianità” con una funzione strategica per la costruzione dell’ideologia unitaria, come ha evidenziato da ultimo Franco Brevini. Il “diagramma De Sanctis”, come lo definisce Asor Rosa, non è privo di difetti: egli sminuisce un pezzo della letteratura italiana che è importante anche all’estero (l’Umanesimo, il Rinascimento, Boccaccio), mentre valorizza scrittori dell’Ottocento non molto noti. Tuttavia, secondo il prof. Martino, il modo di presentare Machiavelli, come l’inizio della sintesi nel periodo della catastrofe, il Lutero italiano che ha condotto una riforma intellettuale non potendo esservi una riforma religiosa a causa della presenza della Chiesa, dimostra come la visione dialettica di De Sanctis sia meno schematica di quello che potrebbe sembrare.
La lezione desanctisiana appare essenziale in una congiuntura politica come quella attuale, di decadenza dei valori della cultura e della libertà. Essa può infondere nuovo vigore alla cultura contemporanea italiana in un momento storico in cui, a causa della preminenza del pensiero debole, si avverte la mancanza di una forte ed accorata idealità, permeata tuttavia di storicistica concretezza, come quella di Francesco De Sanctis.
L’Unità d’Italia dal punto di vista di uno studioso di storia della letteratura: il prof. Pasquale Martino illustra la vita e il pensiero di Francesco De Sanctis. Dallo stampo del pensiero leopardiano, nel clima della Rivoluzione napoletana del 1848, nasce e si forma un intellettuale meridionale che è stato fra i protagonisti del processo risorgimentale italiano: Francesco De Sanctis. Se ne è parlato in un incontro, tenutosi il 13 novembre presso la sala consiliare del Comune di Bari, che farà parte di una serie di incontri celebrativi dei centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Il relatore, prof. Pasquale Martino, ha voluto impostarlo come una riflessione sul significato della letteratura in relazione alla società, con una particolare attenzione al tema della scuola.
La vita di De Sanctis, a detta dello stesso autore, ha avuto due pagine: una letteraria, l’altra politica, entrambe “attraversate”, come ha spiegato il prof. Martino, “dal rapporto con la scuola e con l’insegnamento”. Quella politica perché egli, due volte ministro della Pubblica Istruzione, già con il primo governo postunitario Cavour e poi con Cairoli, della sinistra storica (fra l’altro fu anche deputato nei collegi di San Severo e di Trani), nella sua attività parlamentare e di governo, mise il tema dell’istruzione e della scuola al centro della propria iniziativa.
La scuola poi, come ha sottolineato il prof. Martino, “è presente e determinante nell’altra pagina, quella della letteratura. La sua esperienza di studioso della letteratura italiana non avrebbe avuto gli esiti che ha avuto se non fosse nata da una esperienza didattica” nella scuola superiore di allora e poi anche dall’esperienza di docente universitario al Politecnico di Zurigo. Molti dei suoi libri nascono dalle sue lezioni, alcuni sono rifacimenti fatti dagli alunni e la sua opera principale, la Storia della letteratura italiana, nasce come testo per i licei.
Parabola della classe letteraria italiana, quasi secondo uno schema dialettico hegeliano di inizio, decadenza e rinascita, la Storia della letteratura rappresenta la nascita attraverso i secoli di una nuova Italia, una Nazione che, dopo aver vissuto la sua decadenza (“la catastrofe”, come egli la chiama), con la perdita di indipendenza del Rinascimento e della Controriforma, se ne risolleva con la nuova letteratura e la formazione dell’identità italiana, da Machiavelli in poi.
De Sanctis, ha spiegato il prof. Martino, afferma che l’Unità d’Italia era stata pensata molti secoli prima dagli scrittori che hanno tentato una sintesi fra le forti idealità di stampo dantesco e il preminente culto della forma degli autori successivi.
Quella di De Sanctis, secondo un grande critico letterario americano, René Wellek, è la migliore storia di una qualsiasi letteratura che sia mai stata scritta, perché è il “romanzo della letteratura italiana”, un’opera filosofica, una sorta di “romanzo di formazione”, come l’ha definito Remo Ceserani, una vera e propria “epopea dell’idea di italianità” con una funzione strategica per la costruzione dell’ideologia unitaria, come ha evidenziato da ultimo Franco Brevini. Il “diagramma De Sanctis”, come lo definisce Asor Rosa, non è privo di difetti: egli sminuisce un pezzo della letteratura italiana che è importante anche all’estero (l’Umanesimo, il Rinascimento, Boccaccio), mentre valorizza scrittori dell’Ottocento non molto noti. Tuttavia, secondo il prof. Martino, il modo di presentare Machiavelli, come l’inizio della sintesi nel periodo della catastrofe, il Lutero italiano che ha condotto una riforma intellettuale non potendo esservi una riforma religiosa a causa della presenza della Chiesa, dimostra come la visione dialettica di De Sanctis sia meno schematica di quello che potrebbe sembrare.
La lezione desanctisiana appare essenziale in una congiuntura politica come quella attuale, di decadenza dei valori della cultura e della libertà. Essa può infondere nuovo vigore alla cultura contemporanea italiana in un momento storico in cui, a causa della preminenza del pensiero debole, si avverte la mancanza di una forte ed accorata idealità, permeata tuttavia di storicistica concretezza, come quella di Francesco De Sanctis.