Peppino Impastato, organizzati due incontri a Bari per ricordarlo
BARI. Nove maggio 1978: un giovane militante di sinistra, di nome Peppino Impastato, viene ucciso dalla mafia per aver osato combatterla. Da allora sono passati più di 30 anni, tanto è stato fatto, ancora molto c'è da fare. Per ricordare l'esempio di Peppino ci sono stati due incontri importanti nella città di Bari: il primo presso l'Istituto Margherita, il secondo presso il Tribunale di Bari. Per affrontare il problema mafia, da sempre nella cultura italiana, le importanti testimonianze di Giovanni Impastato (fratello di Peppino), Michele Emiliano (sindaco di Bari ed ex magistrato), Massimo Melpignano (avvocato e vicepresidente Adusbef Puglia), Emmanuele Virgintino (presidente dell'Ordine degli Avvocati di Bari), Marco Guida (presidente Associazione Nazionale Magistrati di Bari). “Peppino era una presenza scomoda”. Così Giovanni Impastato inizia a raccontare la storia di suo fratello. “Era riuscito – continua – a mettere in difficoltà gli uomini potenti, per molteplici motivi. Uno di questi era proprio l'appartenenza di sangue alla mafia, perchè nostro padre era mafioso. L'altra arma che Peppino usava in modo più che efficace era l'ironia attraverso le radio libere come 'Onda Pazza', passando per gli articoli sui giornali fino alla candidatura in consiglio comunale con Democrazia Proletaria. L'abilità di mio fratello – spiega ancora Giovanni Impastato – era quella di prendere in giro gli uomini mafiosi considerati intoccabili, di parlare di ambiente, cosa assolutamente non considerata in quei tempi”.
Si dipinge da sola quindi, la figura di uomo considerato un pazzo per gli anni 70', ma che poi passerà alla storia come un eroe.
“La mafia è un problema tipico dell'Italia. Siamo un popolo di mafiosi, ma anche di antimafiosi”. Così Michele Emiliano espone la sua visione in merito. “La storia di Peppino Impastato è assolutamente straordinaria, perchè ha mostrato la via per affrontare uno stile di vita insito in ognuno di noi. Ecco che dunque – termina il sindaco – l'antimafia sociale appare come la migliore arma per combattere il fenomeno della criminalità organizzata, ma per farlo è necessario il supporto dello Stato e della legalità”.
La terribile vicenda di Peppino Impastato si concluse con il suo tragico omicidio, in un primo momento spacciato per suicidio da più di un magistrato di quei tempi.
“Ci dissero che Peppino – spiega Giovanni – si era fatto esplodere sui binari della ferrovia, accusandolo di terrorismo. Quando mia madre ebbe la triste notizia della morte di mio fratello chiese giustizia. Furono anni terribili per noi, ma per fortuna alcuni giudici ed avvocati vollero andare fino in fondo alla vicenda, e grazie a loro ottenemmo giustizia quando l'assassinio di mio fratello fu attribuito alla mafia. Ma c'è un triste fatto: tutte quelle persone oneste oggi sono morte, mentre alcuni di coloro che ostacolarono le indagini oggi sono all'apice della carriera fino ad arrivare in Cassazione. Ma non dobbiamo rassegnarci. La rassegnazione è l'atteggiamento peggiore che si possa assumere, dà solo forza alla criminalità organizzata”.
“Un dibattito come quello sulla mafia – dichiara Massimo Melpignano - è un incontro che deve continuare. Il microfono con cui parlò Peppino dalla radio, quello con cui abbiamo parlato oggi, deve passare a voi. Peppino aveva come arma proprio un microfono, grazie al quale sferrò un violento attacco alla mafia. Erano i tempi delle radio libere. Nel 2010 abbiamo i social network, internet, strumenti molto più potenti. Come avvocato e rappresentante dell'Adusbef ho fatto una scelta di campo, difendendo i consumatori, ma mi piace dire che prima ancora sono un cives. Avvocati e magistrati siamo una grande squadra – aggiunge Melpignano - che lotta per la legalità in questo Stato e per difendere i diritti dei cittadini. I giorni che ho passato con Giovanni Impastato, l'Associazione Nazionale Magistrati e i tanti giovani presenti hanno sprigionato uno tsunami di energia positive, un'esondazione di legalità che abbiamo ricevuto prima ancora che dato. Sono sicuro che i ragazzi sapranno cogliere l'esempio di Giovanni e Peppino Impastato cercando di portare il loro messaggio in giro per il mondo”.
“Peppino Impastato – dichiara Marco Guida, presidente Associazione Nazionale Magistrati di Bari - è stato una voce importante, importantissima in un momento storico terribile dell'Italia, a costo della sua stessa vita. E' necessario continuare a parlare, alzare la voce. Dobbiamo dire ai giovani di urlare e non cedere alla mafia”.
(V. Fiore)
Si dipinge da sola quindi, la figura di uomo considerato un pazzo per gli anni 70', ma che poi passerà alla storia come un eroe.
“La mafia è un problema tipico dell'Italia. Siamo un popolo di mafiosi, ma anche di antimafiosi”. Così Michele Emiliano espone la sua visione in merito. “La storia di Peppino Impastato è assolutamente straordinaria, perchè ha mostrato la via per affrontare uno stile di vita insito in ognuno di noi. Ecco che dunque – termina il sindaco – l'antimafia sociale appare come la migliore arma per combattere il fenomeno della criminalità organizzata, ma per farlo è necessario il supporto dello Stato e della legalità”.
La terribile vicenda di Peppino Impastato si concluse con il suo tragico omicidio, in un primo momento spacciato per suicidio da più di un magistrato di quei tempi.
“Ci dissero che Peppino – spiega Giovanni – si era fatto esplodere sui binari della ferrovia, accusandolo di terrorismo. Quando mia madre ebbe la triste notizia della morte di mio fratello chiese giustizia. Furono anni terribili per noi, ma per fortuna alcuni giudici ed avvocati vollero andare fino in fondo alla vicenda, e grazie a loro ottenemmo giustizia quando l'assassinio di mio fratello fu attribuito alla mafia. Ma c'è un triste fatto: tutte quelle persone oneste oggi sono morte, mentre alcuni di coloro che ostacolarono le indagini oggi sono all'apice della carriera fino ad arrivare in Cassazione. Ma non dobbiamo rassegnarci. La rassegnazione è l'atteggiamento peggiore che si possa assumere, dà solo forza alla criminalità organizzata”.
“Un dibattito come quello sulla mafia – dichiara Massimo Melpignano - è un incontro che deve continuare. Il microfono con cui parlò Peppino dalla radio, quello con cui abbiamo parlato oggi, deve passare a voi. Peppino aveva come arma proprio un microfono, grazie al quale sferrò un violento attacco alla mafia. Erano i tempi delle radio libere. Nel 2010 abbiamo i social network, internet, strumenti molto più potenti. Come avvocato e rappresentante dell'Adusbef ho fatto una scelta di campo, difendendo i consumatori, ma mi piace dire che prima ancora sono un cives. Avvocati e magistrati siamo una grande squadra – aggiunge Melpignano - che lotta per la legalità in questo Stato e per difendere i diritti dei cittadini. I giorni che ho passato con Giovanni Impastato, l'Associazione Nazionale Magistrati e i tanti giovani presenti hanno sprigionato uno tsunami di energia positive, un'esondazione di legalità che abbiamo ricevuto prima ancora che dato. Sono sicuro che i ragazzi sapranno cogliere l'esempio di Giovanni e Peppino Impastato cercando di portare il loro messaggio in giro per il mondo”.
“Peppino Impastato – dichiara Marco Guida, presidente Associazione Nazionale Magistrati di Bari - è stato una voce importante, importantissima in un momento storico terribile dell'Italia, a costo della sua stessa vita. E' necessario continuare a parlare, alzare la voce. Dobbiamo dire ai giovani di urlare e non cedere alla mafia”.
(V. Fiore)