Corte europea, anche l'uomo ha diritto ad un equo congedo parentale
di Maria Teresa Lattarulo
Una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha riguardato la questione della fruibilità dei congedi parentali per entrambi i sessi. Si tratta del caso Konstantin Markin c. Russia, del 7 ottobre 2010; al sig. Markin, un militare divorziato con tre figli conviventi, era precluso un congedo parentale di tre anni sulla base della motivazione che esso può essere concesso solo a personale militare femminile. In primo luogo, la Corte ha respinto le eccezioni di irricevibilità avanzate dal governo russo, sottolineando che i congedi parentali “coinvolgono una importante questione di interesse generale che la Corte non ha ancora esaminato”.
La Corte ha poi considerato anche questo caso alla luce del parametro dato dall'articolo 14 in combinato disposto con l'articolo 8.
Sebbene l'articolo 8 non includa il diritto al congedo parentale, la Corte ha sottolineato che se uno Stato ha deciso di creare un regime di congedo parentale, deve farlo in modo non discriminatorio. Promuovere l'uguaglianza di uomini e donne è oggi uno dei principali obiettivi fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e motivi molto gravi devono essere addotti prima che una disparità di trattamento tra i sessi possa essere considerata compatibile con la Convenzione.
La Corte non è stata convinta dalla tesi della Corte costituzionale russa che il diverso trattamento del personale militare maschile e femminile in materia di congedo parentale è giustificato dal particolare ruolo sociale delle madri nell'educazione dei figli. A differenza del congedo di maternità, principalmente destinato a permettere alla madre di riprendersi dalla fatica del parto e ad allattare se lei lo desidera, il congedo parentale relativo al successivo
periodo è stato destinato a permettere al genitore di accudire il bambino a casa. Per quanto riguarda questo ruolo, entrambi i genitori sono in una posizione analoga.
Nel corso dell'ultimo decennio, la situazione giuridica per quanto riguarda il congedo parentale si è evoluta. In una maggioranza assoluta degli Stati membri del Consiglio d'Europa la normativa prevede ora che il congedo parentale possa essere preso da madri e padri. La Russia non poteva quindi invocare la mancanza di uno standard comune tra i paesi europei per giustificare tale disparità di trattamento. La Corte ha dunque concluso nel senso di una violazione dell’art. 14 in combinato disposto con l’art. 8.
IN ITALIA - In Italia i padri usufruiscono solo dell’astensione facoltativa dal lavoro che è il diritto di assentarsi dal lavoro nei primi 8 anni di vita del bambino, per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi, aumentabili a 11, fruibili anche contemporaneamente. Il congedo parentale spetta in particolare al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 se egli si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi.
L’astensione obbligatoria è invece fruibile solo in presenza di determinati presupposti. In particolare, esso spetta al padre 3 mesi dopo il parto o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
E’ stata presentata una proposta di legge che introdurrebbe un congedo di paternità di alcuni giorni. Inoltre, il mese scorso, è stata approvata dal Parlamento europeo una normativa che prevede un congedo di paternità interamente retribuito di due settimane. Ad essa dovrà essere data attuazione nell’ordinamento italiano.
Per informazioni: studiolegalelattarulo@alice.it
Una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha riguardato la questione della fruibilità dei congedi parentali per entrambi i sessi. Si tratta del caso Konstantin Markin c. Russia, del 7 ottobre 2010; al sig. Markin, un militare divorziato con tre figli conviventi, era precluso un congedo parentale di tre anni sulla base della motivazione che esso può essere concesso solo a personale militare femminile. In primo luogo, la Corte ha respinto le eccezioni di irricevibilità avanzate dal governo russo, sottolineando che i congedi parentali “coinvolgono una importante questione di interesse generale che la Corte non ha ancora esaminato”.
La Corte ha poi considerato anche questo caso alla luce del parametro dato dall'articolo 14 in combinato disposto con l'articolo 8.
Sebbene l'articolo 8 non includa il diritto al congedo parentale, la Corte ha sottolineato che se uno Stato ha deciso di creare un regime di congedo parentale, deve farlo in modo non discriminatorio. Promuovere l'uguaglianza di uomini e donne è oggi uno dei principali obiettivi fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e motivi molto gravi devono essere addotti prima che una disparità di trattamento tra i sessi possa essere considerata compatibile con la Convenzione.
La Corte non è stata convinta dalla tesi della Corte costituzionale russa che il diverso trattamento del personale militare maschile e femminile in materia di congedo parentale è giustificato dal particolare ruolo sociale delle madri nell'educazione dei figli. A differenza del congedo di maternità, principalmente destinato a permettere alla madre di riprendersi dalla fatica del parto e ad allattare se lei lo desidera, il congedo parentale relativo al successivo
periodo è stato destinato a permettere al genitore di accudire il bambino a casa. Per quanto riguarda questo ruolo, entrambi i genitori sono in una posizione analoga.
Nel corso dell'ultimo decennio, la situazione giuridica per quanto riguarda il congedo parentale si è evoluta. In una maggioranza assoluta degli Stati membri del Consiglio d'Europa la normativa prevede ora che il congedo parentale possa essere preso da madri e padri. La Russia non poteva quindi invocare la mancanza di uno standard comune tra i paesi europei per giustificare tale disparità di trattamento. La Corte ha dunque concluso nel senso di una violazione dell’art. 14 in combinato disposto con l’art. 8.
IN ITALIA - In Italia i padri usufruiscono solo dell’astensione facoltativa dal lavoro che è il diritto di assentarsi dal lavoro nei primi 8 anni di vita del bambino, per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi, aumentabili a 11, fruibili anche contemporaneamente. Il congedo parentale spetta in particolare al padre lavoratore dipendente per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7 se egli si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi.
L’astensione obbligatoria è invece fruibile solo in presenza di determinati presupposti. In particolare, esso spetta al padre 3 mesi dopo il parto o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
E’ stata presentata una proposta di legge che introdurrebbe un congedo di paternità di alcuni giorni. Inoltre, il mese scorso, è stata approvata dal Parlamento europeo una normativa che prevede un congedo di paternità interamente retribuito di due settimane. Ad essa dovrà essere data attuazione nell’ordinamento italiano.
Per informazioni: studiolegalelattarulo@alice.it
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Sentenze europee