Precariato pubblico, sollevata pregiudizialità comunitaria su diverse discipline

di Vincenzo De Michele
Il Tribunale di Rossano con ordinanza del 14 dicembre 2009 ha sollevato la terza questione di pregiudizialità comunitaria sull’art.36, comma 5, D.Lgs. n.165/2001 (divieto di conversione dei contratti flessibili per violazione di norme imperative di legge), rilevando l’inadeguatezza dell’intero sistema di tutele antiabusive e la stessa coerenza interna, sul piano della qualificazione del rapporto e della sua tutela sostanziale e processuale, delle diverse discipline del precariato pubblico.
Dichiaratamente in contrasto con l’interpretazione della Corte costituzionale (in particolare, sentenza n.89/2003) preclusiva della conversione in contratto a termine in relazione al solito divieto dell’art.97, comma 3 (prima parte, quella sul concorso pubblico necessitato in via ordinaria), Cost., il Giudice nazionale ha chiesto alla Corte di Giustizia di accertare il (già rilevato) contrasto delle regole interne abusive che impediscono ogni effettività di tutela, rispetto ai dipendenti privati, sottolineando che, complessivamente e specificamente, l’art.36 D.Lgs. n.165/2001 è sanzione del tutto inidonea a sanzionare gli abusi: sul punto, l’ordinanza di pregiudizialità comunitaria è una vera risposta (negativa) al sofferto tentativo della Corte di Lussemburgo nelle due sentenze precedenti del 7 settembre 2006 (cause Marrosu-Sardino C-53/04 e Vassallo C-180/04) di rappresentare una compatibilità prima facie della normativa comunitaria con la presunta norma “sanzionatoria” dell’ordinamento nazionale.

Nella causa C-3/10 presso la Corte di Giustizia, l'Avvocatura generale dello Stato italiano, nelle sue osservazioni scritte, è stata costretta ad ammettere che il D.Lgs. n.368/2001 si applica anche a tutte le pubbliche amministrazioni nella sua interezza.

Nell'assumere questa nuova posizione processuale rispetto a quanto affermato in precedenza nei giudizi Marrosu-Sardino e Vassallo, l'Avvocatura generale dello Stato è costretta anche a riportare le novità introdotte dal legislatore del Collegato lavoro (legge n.247/2007), che, aggiungendo i commi 4-bis, 4-ter, 4-quater, 4-quinques, 4-sexies all'art.5 D.Lgs. n.368/2001, ha rafforzato la tutela dei precari sia nel pubblico che nel privato.

In sostanza, il nuovo art.5, comma 4-bis, D.Lgs. n.368/2001 con decorrenza dal 1° gennaio 2008 prevede che, per il lavoratore precario che abbia svolto 36 mesi a tempo determinato con mansioni equivalenti con lo stesso datore di lavoro (privato o pubblico), scatta automaticamente l'assunzione a tempo indeterminato nel caso in cui il datore di lavoro continui ad avvalersi delle sue prestazioni.

La Corte di Giustizia (VI Sezione), con ordinanza del 1° ottobre 2010 nella causa C-3/10 Affatato, preso atto del rilievo dell'Avvocatura generale dello Stato, ha testualmente precisato ai punti da 47 e 49:

47. Ne consegue che, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo i termini stessi dell’art. 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla [detta] direttiva» (citate sentenze Adeneler e a., punto 102; Marrosu e Sardino, punto 53; Vassallo, punto 38, e Angelidaki e a., punto 160, nonché citate ordinanze Vassilakis e a., punto 127, e Koukou, punto 66).

48. A tale proposito, nelle sue osservazioni scritte il governo italiano ha sottolineato, in particolare, che l’art. 5 del d. lgs. n. 368/2001, quale modificato nel 2007, al fine di evitare il ricorso abusivo ai contratti di lavoro a tempo determinato nel settore pubblico, ha aggiunto una durata massima oltre la quale il contratto di lavoro è ritenuto concluso a tempo indeterminato e ha introdotto, a favore del lavoratore che ha prestato lavoro per un periodo superiore a sei mesi, un diritto di priorità nelle assunzioni a tempo indeterminato. Inoltre, l’art. 36, quinto comma, del d. lgs. n. 165/2001, come modificato nel 2008, prevedrebbe, oltre al diritto del lavoratore interessato al risarcimento del danno subìto a causa della violazione di norme imperative e all’obbligo del datore di lavoro responsabile di restituire all’amministrazione le somme versate a tale titolo quando la violazione sia dolosa o derivi da colpa grave, l’impossibilità del rinnovo dell’incarico dirigenziale del responsabile, nonché la presa in considerazione di detta violazione in sede di valutazione del suo operato.

49. Analogamente a quanto già dichiarato dalla Corte nelle citate sentenze Marrosu e Sardino (punti 55 e 56), nonché Vassallo (punti 40 e 41), nei confronti dei provvedimenti previsti dal decreto n. 368/2001 nella sua versione originaria (v., altresì, ordinanza Vassilakis e a., cit., punto 128), così come in quelle riguardanti altre disposizioni nazionali paragonabili (v. sentenza Angelidaki e a., cit., punto 188, nonché ordinanza Koukou, cit., punto 90), una disciplina nazionale siffatta potrebbe soddisfare i requisiti ricordati nei punti 45-47 della presente ordinanza.

Questi principi enunciati dalla Corte di Giustizia hanno effetti nei confronti di tutti i datori di lavoro pubblici e, quindi, l'applicazione diretta dell'art.5, comma 4-bis, D.Lgs. n.368/2001 anche alle pubbliche amministrazioni (come l'Avvocato generale dello Stato ha dovuto "confessare" davanti al Giudice sovranazionale), comporta la possibilità di immediata ed efficace tutela di centinaia di migliaia di lavoratori nel pubblico impiego, che possono chiedere al Giudice del lavoro nazionale l'assunzione a tempo indeterminato per aver superato i 36 mesi di servizio presso lo stesso datore di lavoro pubblico per mansioni equivalenti (la stabilizzazione del precariato pubblico delle leggi finanziarie n.296/2006 e n.244/2007 è simile sul periodo dei trentasei mesi, ma diversa nei requisiti e negli effetti ed affidata alla discrezionalità della pubblica amministrazione).

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