Via Beltrani uno, l'emergenza freddo non ha nome nè età a Bari
BARI. Via Beltrani 1. Il freddo riottoso di questi giorni ha aperto l’ennesimo stabile, simbolo della speculazione edilizia, vera causa dell’emergenza abitativa a Bari. La palazzina rossa che si affaccia sui binari è completamente abbandonata da quasi cinque anni, quattro piani abitabili con oltre quindici appartamenti da trecento metri quadri. Appartiene ad un privato. Un immobiliarista che colpevolmente lascia sfitta una struttura solo ed esclusivamente per mantenere in vita il viscido mercato degli affitti, a fronte di una compiacenza istituzionale che nulla fa per combattere questi abusi.
A Bari i senza tetto non si contano più. Famiglie sfrattate, studenti fuorisede, la cronica e strutturale emergenza dei rifugiati politici (Bari è sede di un CARA), alla quale due occupazioni (Ferrhotel, ex-Socrate) hanno saputo dare una risposta evidentemente non definitiva. Il Comune e la Regione restano ferme a guardare, ormai assorbite totalmente dal balletto autoreferenziale che caratterizza la politica in questo periodo. Il freddo, riottoso, continua a non fare sconti. E l’emergenza non si può controllare.
Oggi nella palazzina di Via Beltrani 1, a Bari, vivono cinque famiglie baresi sfrattate, un centinaio di rifugiati politici provenienti da Eritrea, Etiopia e Sudan, studenti fuorisede che si sono presi una casa dopo le manifestazioni del 14 dicembre. Un gruppo di attivisti provvede a fornire letti e coperte, per superare le rigide temperature che proprio in questi giorni si sono abbattute sulla città. Ancora una volta la risposta ad un bisogno nasce dall’autorganizzazione, dalla volontà che supera la paura di infrangere una legge, dalle difficoltà che invece di dividere, questa volta uniscono.
Via Beltrani 1 oggi è un’esperienza nuova. Italiani e migranti convivono e si organizzano per superare l’inverno, insieme, dimostrando ancora una volta che un’altra città è possibile. Fuori dagli assurdi schemi che continuano a dividere strati di welfare, classi, categorie, periferie e centri, ultimi e penultimi. Il freddo, riottoso, è uguale per tutti. Ed anche l’emergenza non ha nome né età.
A Bari i senza tetto non si contano più. Famiglie sfrattate, studenti fuorisede, la cronica e strutturale emergenza dei rifugiati politici (Bari è sede di un CARA), alla quale due occupazioni (Ferrhotel, ex-Socrate) hanno saputo dare una risposta evidentemente non definitiva. Il Comune e la Regione restano ferme a guardare, ormai assorbite totalmente dal balletto autoreferenziale che caratterizza la politica in questo periodo. Il freddo, riottoso, continua a non fare sconti. E l’emergenza non si può controllare.
Oggi nella palazzina di Via Beltrani 1, a Bari, vivono cinque famiglie baresi sfrattate, un centinaio di rifugiati politici provenienti da Eritrea, Etiopia e Sudan, studenti fuorisede che si sono presi una casa dopo le manifestazioni del 14 dicembre. Un gruppo di attivisti provvede a fornire letti e coperte, per superare le rigide temperature che proprio in questi giorni si sono abbattute sulla città. Ancora una volta la risposta ad un bisogno nasce dall’autorganizzazione, dalla volontà che supera la paura di infrangere una legge, dalle difficoltà che invece di dividere, questa volta uniscono.
Via Beltrani 1 oggi è un’esperienza nuova. Italiani e migranti convivono e si organizzano per superare l’inverno, insieme, dimostrando ancora una volta che un’altra città è possibile. Fuori dagli assurdi schemi che continuano a dividere strati di welfare, classi, categorie, periferie e centri, ultimi e penultimi. Il freddo, riottoso, è uguale per tutti. Ed anche l’emergenza non ha nome né età.