di Luigi Bramato
Sono giorni intensi, questi, per la città di Bari. E lo saranno fino al 29 gennaio prossimo, quando il secondo, fortunato appuntamento del Bifest chiuderà i battenti. Sarà allora il momento di tirare le somme dell’imponente iniziativa. Per ora, la rassegna cinematografica presieduta da Ettore Scola e diretta da Felice Laudadio, corre a gran velocità lungo i binari della città . Più di quattrocento gli appuntamenti, tra proiezioni, dibattiti e interviste. Un’analisi serrata, ma appassionata, sulla storia del cinema italiano. Raccontata dai protagonisti, quelli veri, della macchina da presa. Ettore Scola, tanto per cominciare. Ma anche Pupi Avati, Claudia Cardinale, Giuseppe Tornatore, Gillo Pontecorvo, Sergio Rubini e tanti altri. Il pubblico, finora numerosissimo, è entusiasta. Dalle prime ore del pomeriggio fino a sera, le platee di cinema e teatri registrano il tutto esaurito. A prezzi, se non gratuiti, stracciati. Nel buio della sala, le pellicole, alcune d’annata, filtrano immagini speciali. Sono quelle di Oci Ciornie, nella candida interpretazione di Marcello Mastroianni e di Silvana Mangano. I primi piani di Amedeo Nazzari e Silvana Pampanini in Processo alla città di Luigi Zampa. Sono le parole di Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. La Sicilia di Philippe Noiret in Nuovo Cinema Paradiso. Il neorealismo di Vittorio De Sica. La bellezza di Catherine Deneuve, la comicità satirica di Mario Monicelli. E la Roma circense e aristocratica di Federico Fellini. Non c’è posto, almeno in questi giorni, per i tormentoni deliranti e le interpretazioni nonsense di certo cinema. La recitazione, come da buona tradizione, torna a far riflettere. Di questo e di altro ancora si è discusso questa mattina a Bari, nell’elegante cornice del Kursaal Santa Lucia, in compagnia di un ospite d’eccezione: Carlo Verdone. Il regista romano, accolto da un lungo e gioioso applauso, più che una lezione sul cinema ha intrattenuto il pubblico in una conversazione brillante, attingendo dalla sua fortunata carriera di commediante, una lunga serie di ricordi e testimonianze. Come gli ultimi, preziosi insegnamenti del padre, Mario Verdone, finissimo critico cinematografico; o la raffinata comicità del compianto Massimo Trosi; fino a quella, più cinica, del maestro Alberto Sordi, a proposito del quale ha voluto precisare: “Intere generazioni di italiani hanno riso con i suoi film. Hanno riso, cioè, dei loro stessi difetti, delle loro stesse cialtronerie. Ma quanti, di quei vizi e di quelle cialtronerie, si sono indignati? Nessuno. Il pubblico si è limitato a ridere, non a indignarsi. Il cinema, lungi dal trarne insegnamento, lo ha imitato, e nulla più”. Ed è al pubblico, soprattutto al pubblico più giovane, che il regista torna a rivolgere la sua attenzione, parlando del nuovo fenomeno Checco Zalone: “I suoi film, che io considero divertenti, sono una pillola antidepressiva senza effetti collaterali. Il pubblico accorre numerosissimo, ride e nient’altro. Al contrario, pellicole di grande valore passano senza lasciare alcuna traccia”. E la ragione di questo declino, ammonisce Verdone, è una sola: la televisione ci ha abituati al brutto, al volgare, i suoi modelli ci hanno imbarbarito e impoverito. Si è persa ogni capacità di analisi, di critica. Perfino l’indignazione non sappiamo più cosa sia.
Sono giorni intensi, questi, per la città di Bari. E lo saranno fino al 29 gennaio prossimo, quando il secondo, fortunato appuntamento del Bifest chiuderà i battenti. Sarà allora il momento di tirare le somme dell’imponente iniziativa. Per ora, la rassegna cinematografica presieduta da Ettore Scola e diretta da Felice Laudadio, corre a gran velocità lungo i binari della città . Più di quattrocento gli appuntamenti, tra proiezioni, dibattiti e interviste. Un’analisi serrata, ma appassionata, sulla storia del cinema italiano. Raccontata dai protagonisti, quelli veri, della macchina da presa. Ettore Scola, tanto per cominciare. Ma anche Pupi Avati, Claudia Cardinale, Giuseppe Tornatore, Gillo Pontecorvo, Sergio Rubini e tanti altri. Il pubblico, finora numerosissimo, è entusiasta. Dalle prime ore del pomeriggio fino a sera, le platee di cinema e teatri registrano il tutto esaurito. A prezzi, se non gratuiti, stracciati. Nel buio della sala, le pellicole, alcune d’annata, filtrano immagini speciali. Sono quelle di Oci Ciornie, nella candida interpretazione di Marcello Mastroianni e di Silvana Mangano. I primi piani di Amedeo Nazzari e Silvana Pampanini in Processo alla città di Luigi Zampa. Sono le parole di Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. La Sicilia di Philippe Noiret in Nuovo Cinema Paradiso. Il neorealismo di Vittorio De Sica. La bellezza di Catherine Deneuve, la comicità satirica di Mario Monicelli. E la Roma circense e aristocratica di Federico Fellini. Non c’è posto, almeno in questi giorni, per i tormentoni deliranti e le interpretazioni nonsense di certo cinema. La recitazione, come da buona tradizione, torna a far riflettere. Di questo e di altro ancora si è discusso questa mattina a Bari, nell’elegante cornice del Kursaal Santa Lucia, in compagnia di un ospite d’eccezione: Carlo Verdone. Il regista romano, accolto da un lungo e gioioso applauso, più che una lezione sul cinema ha intrattenuto il pubblico in una conversazione brillante, attingendo dalla sua fortunata carriera di commediante, una lunga serie di ricordi e testimonianze. Come gli ultimi, preziosi insegnamenti del padre, Mario Verdone, finissimo critico cinematografico; o la raffinata comicità del compianto Massimo Trosi; fino a quella, più cinica, del maestro Alberto Sordi, a proposito del quale ha voluto precisare: “Intere generazioni di italiani hanno riso con i suoi film. Hanno riso, cioè, dei loro stessi difetti, delle loro stesse cialtronerie. Ma quanti, di quei vizi e di quelle cialtronerie, si sono indignati? Nessuno. Il pubblico si è limitato a ridere, non a indignarsi. Il cinema, lungi dal trarne insegnamento, lo ha imitato, e nulla più”. Ed è al pubblico, soprattutto al pubblico più giovane, che il regista torna a rivolgere la sua attenzione, parlando del nuovo fenomeno Checco Zalone: “I suoi film, che io considero divertenti, sono una pillola antidepressiva senza effetti collaterali. Il pubblico accorre numerosissimo, ride e nient’altro. Al contrario, pellicole di grande valore passano senza lasciare alcuna traccia”. E la ragione di questo declino, ammonisce Verdone, è una sola: la televisione ci ha abituati al brutto, al volgare, i suoi modelli ci hanno imbarbarito e impoverito. Si è persa ogni capacità di analisi, di critica. Perfino l’indignazione non sappiamo più cosa sia.