Barletta, una chiacchierata col giudice Francesco Messina: tra intercettazioni e deontologia
di Nicola Ricchitelli
La città di Barletta, dal punto di vista legale, ma non solo: tanti i temi toccati con il giudice monocratico della sezione di Barletta Francesco Messina. Dai continui attacchi che quotidianamente bersagliano la magistratura, alle ragioni della difficile scelta di indossare la toga, fino ad arrivare ai tempi d’attualità quale separazione delle carriere e legge sulle intercettazioni.
D: "Questi giudici sono doppiamente matti. Per prima cosa, perchè lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana". Se mi permette, vorrei andare controcorrente e vorrei evitare quindi di riportare chi ha fatto questa dichiarazione, lasciando quindi all’immaginazione di chi ci leggerà colui che ha fatto detto ciò, immagino che lei ha capito di chi sto parlando. Si sente antropologicamente diverso dal resto dalla razza umana? Pretendere giustizia, e fare rispettare la legge, è diventato davvero un qualcosa di insano e di immorale in Italia?
R: "E' bene che ognuno si assuma la responsabilità per le frasi pronunciate. Quando ascolto quel genere di affermazioni penso subito a quale effetto avranno sui giovani e sulle persone più deboli per aver meno cultura. Ritengo che un rappresentante delle Istituzioni, come qualsiasi genitore, debba sempre ricordare di essere un esempio di vita per gli altri, anche nel linguaggio che usa.
Per quanto mi riguarda ho imparato, sia in famiglia che a scuola, il rispetto critico della legge: la migliore civiltà umana si fonda su questo principio. Se altri, malgrado l'età, la pensano in modo diverso, è un problema loro e di coloro che non ne prendono le distanze".
D: Rimanendo in tema alla dichiarazione del misterioso personaggio, quindi, perché ha scelto di fare questo lavoro? Magari perché in tempi non sospetti ha inteso di essere matto o perché spinto da altri valori?
R: "Ho scelto di fare il magistrato per dare un senso alla mia passione per l'equilibrio, quando non c'è, oppure per ricrearlo quando è stato alterato. In fondo, la felicità vera, quella non egoistica, sta proprio nel soddisfare questa esigenza".
D: Prendendo in esame alcuni dati che lei stesso ha riportato in un noto blog (Uguale per tutti), e nella fattispecie – facendo riferimento all’anno 2009 – lei parla di 670 sentenze emesse: una media quindi di due sentenze al giorno; immagino, quindi, che nel 2010 stiamo su per giù su quelle cifre. Dal punto di vista della legalità, quanto c’è da fare ancora nella città di Barletta? Quali sono i reati maggiormente commessi dai cittadini della città della Disfida? Qual’è il campo in cui maggiormente si delinque?
R: "Da quando mi è stato affidato il coordinamento della sezione di Barletta e, in particolare, il settore penale, ho cercato rendere il servizio giustizia più celere e di maggiore qualità.
Ho sempre pensato che la Città in cui vivo debba essere un modello operativo per gli altri; un luogo in cui giudici, avvocati e cancellieri riescono a offrire un esempio apprezzato a livello nazionale. Non mi interessa raggiungere ciò che è più comodo per me e per pochi, ma ciò che è utile e giusto per molti.
In questi due anni è stato fatto uno sforzo enorme per ridurre, nelle nostre possibilità umane, i tempi del processo penale. Tutto, però, sarà inutile se non ci sarà anche l'aiuto di tutti i cittadini, specialmente di chi opera negli altri settori della comunità e compone la c.d. “classe dirigente”.
Attualmente Barletta è una città molto più tranquilla rispetto ad altre realtà territoriali. L'azione delle Forze dell'ordine e della magistratura hanno represso molti reati (furti, ricettazioni, reati commessi in famiglia), e questa azione combinata ha avuto anche un valore preventivo.
Le Istituzioni, però, vanno sostenute sempre, senza delegare a loro ciò che rientra nelle proprie responsabilità. Faccio un esempio: nella nostra Città sono commessi molti reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. Se c'è "offerta" vuol dire che c'è anche una “domanda”. Ebbene, far diminuire la “domanda” non è compito della magistratura, ma è un compito della politica, della scuola, delle Autorità morali e della famiglia.
In sintesi: Barletta è una città vivibile sotto il profilo della sicurezza, ma si può e si deve fare di più in via preventiva".
D: “Separazione delle carriere” e “Legge sulle intercettazioni”: questi i temi caldi che in qualche modo tengono banco negli ambienti giudiziari negli ultimi anni. Circa la separazione della carriere Pier Camillo Davigo, intervenuto qualche tempo fa a Barletta nell’ambito del ciclo di incontri organizzati dall’Associazione “La Democrazia delle parole”, si era espresso in questo modo: «Se il Pubblico Ministero viene tirato fuori dall’ordine giudiziario, diventa difficile mantenere l’indipendenza e quindi sarebbe difficile combattere la corruzione. È una legge che oltre ad essere incostituzionale è altresì pericolosa, una legge che se la chiedono gli organi di Governo è un conto ma che lo chiedano anche gli organi di avvocatura è un vero e proprio suicidio». Insomma, sembra di capire che almeno sulla separazione delle carriere gli ambienti giudiziari si sono divisi? Quali sono le valutazioni del giudice Messina in merito? Sulle intercettazioni non crede che negli ultimi tempi i giornali ne hanno fatto un uso improprio?
R: "Condivido pienamente il parere di collega Davigo. L'unicità delle carriere è una garanzia per il cittadino e per la qualità culturale dei magistrati. In ordine poi alle intercettazioni, bisogna essere molto chiari: le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per accertare reati gravissimi che, specialmente al Sud, colpiscono i cittadini. Purtroppo su questo tema circolano falsità e mistificazioni, non sempre disinteressate, come quella secondo cui “tutti sono intercettati”. Tutti, invece, devono sapere che sia i magistrati che le Forze dell'ordine agiscono per scoprire i delinquenti e tutelare le persone oneste, non per il gusto di spiare qualcuno. Se poi future scelte legislative metteranno a rischio la vita, gli affetti e i beni dei cittadini, accettando la possibilità che essi siano aggrediti dalla criminalità, i magistrati avranno la coscienza a posto per aver avvertito del pericolo a cui si andava incontro. Sulla pubblicazione del contenuto delle intercettazioni - una volta che sia parte di atti pubblici e sia stato, quindi, già selezionato dai magistrati - io non vedo limitazioni. Il motivo è semplice: esiste il diritto di ognuno a conoscere e a informarsi.
In Italia oggi c'è un deficit di conoscenza profonda e seria della realtà in cui viviamo, e l'intelligenza delle persone è strumentalmente tenuta all'oscuro di fatti rilevanti per l'esercizio dei diritti democratici".
D: "La Legge è, deve essere, speriamo che sia, dobbiamo fare in modo che sia, Uguale per tutti”: questo il titolo di un blog tematico presente in rete. Ma quanto è difficile per un Magistrato far sì che la Legge sia uguale per tutti?
R: "Il principio “la legge è uguale per tutti” è sacrosanto. Magari c'è da capire se esso sia anche davvero condiviso da tutti, e su questo punto sono un po' scettico. Penso, cioè, che oggi ci siano semplici cittadini disposti a qualche deroga, purché la loro vita personale mantenga qualche convenienza. A mio avviso l'Italia è molto arretrata rispetto agli altri Paesi del mondo occidentale su un tema cruciale come il rispetto assoluto di alcuni valori".
D: Barletta tra qualche mese sarà teatro si prevede, di una accesa campagna elettorale. Ad ogni tornata elettorale puntualmente da ogni parte viene denunciata la compra vendita di voti. Secondo lei come si può combattere questo malcostume sempre più diffuso?
R: "Ogni cittadino deve sentire il dovere di denunciare ogni illegalità. Le Istituzioni, e quindi anche i magistrati, hanno il compito tutelare le persone oneste e che non accettano soprusi. E non faranno mancare il loro massimo impegno".
D: In una recente indagine condotta da Eurispes, è emerso che circa quattro milioni di italiani sono stati vittime di “ingiustizie giudiziarie”. Le è mai capitato in tanti anni di carriera emettere una condanna sbagliata? Come ci si sente in queste situazioni?
R: "Ho sempre svolto la mia funzione con coscienza, sentendo la responsabilità delle mie decisioni. Ogni giudice deve coltivare il valore del dubbio e deve sottoporre ogni cosa alla prova del ragionamento più attento e scrupoloso. Come tutti avrò commesso errori, ma l'abitudine a richiedere da me più rigore rispetto agli altri mi aiuta ad aver la coscienza serena e tranquilla".
D: Durante tutto l’arco della sua carriera quale è stata la sentenza più difficile da emettere?
R: "Non esistono sentenze “difficili” o sentenze “semplici”, ma solo sentenze “giuste”, quelle cioè in cui il giudice si è sforzato di offrire il ragionamento più logico e coerente.
Ogni giudice deve sempre ricordare che dietro le carte di ogni processo, anche quelli apparentemente meno impegnativi, ci sono le vite e i sentimenti irripetibili, assoluti delle persone: essi vanno sempre trattati con il massimo rispetto".
D: Che consiglio si sente di dare a tutti quei giovani che sognano di intraprendere la carriera di Magistrato?
R: "Posso dare due consigli: si deve ascoltare sempre la voce della propria coscienza, senza pensare che ci siano tempi, occasioni e modi per fare qualche deroga.
E poi si deve essere meritevoli del sacrificio di tutti coloro che hanno lottato, perché ognuno, soprattutto chi è più debole, potesse avere un'occasione di giustizia. Infine, si deve studiare molto!".
La città di Barletta, dal punto di vista legale, ma non solo: tanti i temi toccati con il giudice monocratico della sezione di Barletta Francesco Messina. Dai continui attacchi che quotidianamente bersagliano la magistratura, alle ragioni della difficile scelta di indossare la toga, fino ad arrivare ai tempi d’attualità quale separazione delle carriere e legge sulle intercettazioni.
D: "Questi giudici sono doppiamente matti. Per prima cosa, perchè lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana". Se mi permette, vorrei andare controcorrente e vorrei evitare quindi di riportare chi ha fatto questa dichiarazione, lasciando quindi all’immaginazione di chi ci leggerà colui che ha fatto detto ciò, immagino che lei ha capito di chi sto parlando. Si sente antropologicamente diverso dal resto dalla razza umana? Pretendere giustizia, e fare rispettare la legge, è diventato davvero un qualcosa di insano e di immorale in Italia?
R: "E' bene che ognuno si assuma la responsabilità per le frasi pronunciate. Quando ascolto quel genere di affermazioni penso subito a quale effetto avranno sui giovani e sulle persone più deboli per aver meno cultura. Ritengo che un rappresentante delle Istituzioni, come qualsiasi genitore, debba sempre ricordare di essere un esempio di vita per gli altri, anche nel linguaggio che usa.
Per quanto mi riguarda ho imparato, sia in famiglia che a scuola, il rispetto critico della legge: la migliore civiltà umana si fonda su questo principio. Se altri, malgrado l'età, la pensano in modo diverso, è un problema loro e di coloro che non ne prendono le distanze".
D: Rimanendo in tema alla dichiarazione del misterioso personaggio, quindi, perché ha scelto di fare questo lavoro? Magari perché in tempi non sospetti ha inteso di essere matto o perché spinto da altri valori?
R: "Ho scelto di fare il magistrato per dare un senso alla mia passione per l'equilibrio, quando non c'è, oppure per ricrearlo quando è stato alterato. In fondo, la felicità vera, quella non egoistica, sta proprio nel soddisfare questa esigenza".
D: Prendendo in esame alcuni dati che lei stesso ha riportato in un noto blog (Uguale per tutti), e nella fattispecie – facendo riferimento all’anno 2009 – lei parla di 670 sentenze emesse: una media quindi di due sentenze al giorno; immagino, quindi, che nel 2010 stiamo su per giù su quelle cifre. Dal punto di vista della legalità, quanto c’è da fare ancora nella città di Barletta? Quali sono i reati maggiormente commessi dai cittadini della città della Disfida? Qual’è il campo in cui maggiormente si delinque?
R: "Da quando mi è stato affidato il coordinamento della sezione di Barletta e, in particolare, il settore penale, ho cercato rendere il servizio giustizia più celere e di maggiore qualità.
Ho sempre pensato che la Città in cui vivo debba essere un modello operativo per gli altri; un luogo in cui giudici, avvocati e cancellieri riescono a offrire un esempio apprezzato a livello nazionale. Non mi interessa raggiungere ciò che è più comodo per me e per pochi, ma ciò che è utile e giusto per molti.
In questi due anni è stato fatto uno sforzo enorme per ridurre, nelle nostre possibilità umane, i tempi del processo penale. Tutto, però, sarà inutile se non ci sarà anche l'aiuto di tutti i cittadini, specialmente di chi opera negli altri settori della comunità e compone la c.d. “classe dirigente”.
Attualmente Barletta è una città molto più tranquilla rispetto ad altre realtà territoriali. L'azione delle Forze dell'ordine e della magistratura hanno represso molti reati (furti, ricettazioni, reati commessi in famiglia), e questa azione combinata ha avuto anche un valore preventivo.
Le Istituzioni, però, vanno sostenute sempre, senza delegare a loro ciò che rientra nelle proprie responsabilità. Faccio un esempio: nella nostra Città sono commessi molti reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. Se c'è "offerta" vuol dire che c'è anche una “domanda”. Ebbene, far diminuire la “domanda” non è compito della magistratura, ma è un compito della politica, della scuola, delle Autorità morali e della famiglia.
In sintesi: Barletta è una città vivibile sotto il profilo della sicurezza, ma si può e si deve fare di più in via preventiva".
D: “Separazione delle carriere” e “Legge sulle intercettazioni”: questi i temi caldi che in qualche modo tengono banco negli ambienti giudiziari negli ultimi anni. Circa la separazione della carriere Pier Camillo Davigo, intervenuto qualche tempo fa a Barletta nell’ambito del ciclo di incontri organizzati dall’Associazione “La Democrazia delle parole”, si era espresso in questo modo: «Se il Pubblico Ministero viene tirato fuori dall’ordine giudiziario, diventa difficile mantenere l’indipendenza e quindi sarebbe difficile combattere la corruzione. È una legge che oltre ad essere incostituzionale è altresì pericolosa, una legge che se la chiedono gli organi di Governo è un conto ma che lo chiedano anche gli organi di avvocatura è un vero e proprio suicidio». Insomma, sembra di capire che almeno sulla separazione delle carriere gli ambienti giudiziari si sono divisi? Quali sono le valutazioni del giudice Messina in merito? Sulle intercettazioni non crede che negli ultimi tempi i giornali ne hanno fatto un uso improprio?
R: "Condivido pienamente il parere di collega Davigo. L'unicità delle carriere è una garanzia per il cittadino e per la qualità culturale dei magistrati. In ordine poi alle intercettazioni, bisogna essere molto chiari: le intercettazioni sono uno strumento indispensabile per accertare reati gravissimi che, specialmente al Sud, colpiscono i cittadini. Purtroppo su questo tema circolano falsità e mistificazioni, non sempre disinteressate, come quella secondo cui “tutti sono intercettati”. Tutti, invece, devono sapere che sia i magistrati che le Forze dell'ordine agiscono per scoprire i delinquenti e tutelare le persone oneste, non per il gusto di spiare qualcuno. Se poi future scelte legislative metteranno a rischio la vita, gli affetti e i beni dei cittadini, accettando la possibilità che essi siano aggrediti dalla criminalità, i magistrati avranno la coscienza a posto per aver avvertito del pericolo a cui si andava incontro. Sulla pubblicazione del contenuto delle intercettazioni - una volta che sia parte di atti pubblici e sia stato, quindi, già selezionato dai magistrati - io non vedo limitazioni. Il motivo è semplice: esiste il diritto di ognuno a conoscere e a informarsi.
In Italia oggi c'è un deficit di conoscenza profonda e seria della realtà in cui viviamo, e l'intelligenza delle persone è strumentalmente tenuta all'oscuro di fatti rilevanti per l'esercizio dei diritti democratici".
D: "La Legge è, deve essere, speriamo che sia, dobbiamo fare in modo che sia, Uguale per tutti”: questo il titolo di un blog tematico presente in rete. Ma quanto è difficile per un Magistrato far sì che la Legge sia uguale per tutti?
R: "Il principio “la legge è uguale per tutti” è sacrosanto. Magari c'è da capire se esso sia anche davvero condiviso da tutti, e su questo punto sono un po' scettico. Penso, cioè, che oggi ci siano semplici cittadini disposti a qualche deroga, purché la loro vita personale mantenga qualche convenienza. A mio avviso l'Italia è molto arretrata rispetto agli altri Paesi del mondo occidentale su un tema cruciale come il rispetto assoluto di alcuni valori".
D: Barletta tra qualche mese sarà teatro si prevede, di una accesa campagna elettorale. Ad ogni tornata elettorale puntualmente da ogni parte viene denunciata la compra vendita di voti. Secondo lei come si può combattere questo malcostume sempre più diffuso?
R: "Ogni cittadino deve sentire il dovere di denunciare ogni illegalità. Le Istituzioni, e quindi anche i magistrati, hanno il compito tutelare le persone oneste e che non accettano soprusi. E non faranno mancare il loro massimo impegno".
D: In una recente indagine condotta da Eurispes, è emerso che circa quattro milioni di italiani sono stati vittime di “ingiustizie giudiziarie”. Le è mai capitato in tanti anni di carriera emettere una condanna sbagliata? Come ci si sente in queste situazioni?
R: "Ho sempre svolto la mia funzione con coscienza, sentendo la responsabilità delle mie decisioni. Ogni giudice deve coltivare il valore del dubbio e deve sottoporre ogni cosa alla prova del ragionamento più attento e scrupoloso. Come tutti avrò commesso errori, ma l'abitudine a richiedere da me più rigore rispetto agli altri mi aiuta ad aver la coscienza serena e tranquilla".
D: Durante tutto l’arco della sua carriera quale è stata la sentenza più difficile da emettere?
R: "Non esistono sentenze “difficili” o sentenze “semplici”, ma solo sentenze “giuste”, quelle cioè in cui il giudice si è sforzato di offrire il ragionamento più logico e coerente.
Ogni giudice deve sempre ricordare che dietro le carte di ogni processo, anche quelli apparentemente meno impegnativi, ci sono le vite e i sentimenti irripetibili, assoluti delle persone: essi vanno sempre trattati con il massimo rispetto".
D: Che consiglio si sente di dare a tutti quei giovani che sognano di intraprendere la carriera di Magistrato?
R: "Posso dare due consigli: si deve ascoltare sempre la voce della propria coscienza, senza pensare che ci siano tempi, occasioni e modi per fare qualche deroga.
E poi si deve essere meritevoli del sacrificio di tutti coloro che hanno lottato, perché ognuno, soprattutto chi è più debole, potesse avere un'occasione di giustizia. Infine, si deve studiare molto!".