di Pasquale Diroma. Da dove veniamo, dove stiamo andando? Sono queste le domande che ci si pone visitando la magnifica mostra fotografica “Barletta, il tempo, le immagini, la memoria” allestita presso la Galleria del Teatro Curci a Barletta. Inaugurata in una cornice festosa come quella carnascialesca, la mostra è una collana di perle preziose, collocabili cronologicamente tra il XIX e il XX secolo, collezionate e curate con estrema dedizione dal dottor Donato Messina, già responsabile del reparto di cardiologia del nosocomio barlettano. La raccolta segue il filo logico della continuità tra passato e presente, in particolare quando si pone l’obiettivo didattico di consegnare alle nuove generazioni la memoria storica della città. Ma allo stesso tempo è anche denuncia delle brutalità e della violenza perpetrate nel presente e/o nel recente passato nei confronti del paesaggio urbano. È un affascinante viaggio nel tempo, che fa rivivere i costumi, le tradizioni, i momenti di vita quotidiana dei cittadini barlettani. Proietta una rinnovata luce – quella stessa luce particolare di cui parlava il prof. Lagrasta, preside del Liceo Classico “Casardi”, nel corso della presentazione della mostra; quella luce che coloro che hanno lasciato la propria terra natia ritrovano nostalgicamente ogni volta che ritornano, diversa da qualsiasi altra nel resto del pianeta – sui vecchi assetti urbani e scorci di città. Una luce che dovrebbe illuminare gli amministratori di oggi come quelli di domani, magari prendendo spunto dalle soluzioni del passato. Ciò che colpisce maggiormente, di fronte ad alcune fotografie e cartoline dell’epoca, è che nonostante l’intensa vitalità, le scene di lavoro e il dinamismo delle persone per le strade della città, queste fossero ordinate e pulite come mai potremmo immaginare oggi. Nessun traffico di automobili assordante, non un’aria irrespirabile e funesta, nessuna cementificazione selvaggia. Persino il ritratto della zona industriale attorno alla ex Montecatini sembra essere preso da qualche progetto architettonico biocompatibile. Che rimpianto genera il verde nella piazza del Monte di Pietà.
Eppoi il tempo libero, i meravigliosi costumi delle donne in “Spiaggia di ponente 1910-35”, le meravigliose vedute dei corsi cittadini, le botteghe, le rappresentazioni cartografiche della Terra di Bari, le opere portuali specchio del senso di grandezza, primato e apertura al mondo della città, la serie delle vecchie porte – colpisce la maestosità della porta San Leonardo – per poi tornare umilmente alle difficoltà del secondo dopoguerra, agli scatti sulla distribuzione gratuita di pane negli anni Cinquanta. Davvero una mostra magnifica, magari da rendere permanente nel Museo Civico di Barletta.
Eppoi il tempo libero, i meravigliosi costumi delle donne in “Spiaggia di ponente 1910-35”, le meravigliose vedute dei corsi cittadini, le botteghe, le rappresentazioni cartografiche della Terra di Bari, le opere portuali specchio del senso di grandezza, primato e apertura al mondo della città, la serie delle vecchie porte – colpisce la maestosità della porta San Leonardo – per poi tornare umilmente alle difficoltà del secondo dopoguerra, agli scatti sulla distribuzione gratuita di pane negli anni Cinquanta. Davvero una mostra magnifica, magari da rendere permanente nel Museo Civico di Barletta.