di Vittorio Polito
Da anni è in discussione l’agonia dei dialetti, ma andando in fondo, ci si rende conto che non sono pochi coloro che in famiglia e tra amici lo parlano. Con le parole del vernacolo si esprime la genuinità , la naturalezza della vita concreta, l’autentico soffrire e sentire di un popolo. Oggi, infatti, inizia ad essere fonte di studio e di interesse per molti.
Ma cos’è un dialetto? Dal punto di vista glottologico ed espressivo, non c’è alcuna differenza tra lingua letteraria e dialetto: entrambe hanno una formazione storica dovuta a fattori assai complessi, anche se i dialetti esprimono una tradizione di cultura e letteratura meno complessa ed autorevole. Perciò è errato ritenere che i dialetti siano una degradazione della lingua letteraria. La verità è che tra il concetto di “dialetto” e quello di “lingua letteraria” esiste solo un rapporto logico, per cui l’una cosa non può intendersi senza l’altra, tanto che sarebbe assurdo parlare di dialetto senza presupporre una lingua nazionale e viceversa. È pur vero che il dialetto fornisce quella sicurezza, quella certezza della nostra provenienza, delle nostre radici, alle quali, nonostante tutto, siamo e saremo ancorati, malgrado i tentativi ingegnosi o maldestri che vengono messi in atto per tagliare questo importante e vitale cordone ombelicale.
Lorenzo Gentile (1922-2008), insieme alla figlia Enrica ha pensato bene di contribuire, pubblicando il “Nuovo dizionario dei baresi”, edito da Levante Editori di Bari, per la delizia di poeti, cultori, studiosi, curiosi, ed estimatori del dialetto barese (pagg. 334, € 25). Si tratta di una esclusiva ed assoluta novità editoriale, trattandosi del primo dizionario italiano-barese e barese-italiano, rivolta a chi desideri conoscere, studiare e arricchire il proprio dialetto barese.
Lorenzo Gentile, barese doc, scomparso qualche anno fa, ha curato la regia di diverse commedie in dialetto barese di Gaetano Savelli, Domenico Triggiani ed anche una sua commedia Tutte le colpe di Martemè (Tutte le colpe di Bartolomeo), scritta con Benedetto Maggi. Gentile è anche autore della commedia U mbetate de Natale (L’invitato di Natale), e per gli appassionati di dialetto ha preparato, insieme alla figlia Enrica, ricercatrice presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari, questa preziosa chicca.
Gentile ha avuto anche esperienze di cinema nei film “Del perduto amore” (regista Michele Placido), “Hotel Dajti - Una storia al di là del mare” (regista Carmine Fornari) e “La casa delle donne” (regista Mimmo Mongelli).
Vito Maurogiovanni, che presenta l’opera, così scrive: «Lorenzo Gentile in questa meritoria fatica, ha raccolto i vocaboli nella loro doppia versione e li ha anche arricchiti con fraseologie, proverbi, sinonimi, stornelli, sonetti e via dicendo. In realtà esistono interessanti nostri dizionari, ma finora nessuno studioso di cose nostrane si era dedicato a tradurre i vocaboli italiani nella sonora lingua barese. È questa la novità della pubblicazione gentiliana, dare la possibilità di veder tradotta nel nostro vivace linguaggio la lingua nazionale».
Umiltà , umanità , signorilità , generosità e modestia sono le qualità che hanno contraddistinto il caro Lorenzo, che ha dimostrato tutto il suo amore per il dialetto barese ed il teatro, mettendo in scena, come regista e attore, le commedie “Cose ca seccèdene”, di Gaetano Savelli, e “No! U manecomie no!” di Domenico Triggiani, curando anche la regia della commedia “Tutte colpe de zì Martemè” della quale è stato autore insieme a Benedetto Maggi. È stato anche interprete di una parte nella commedia dialettale di Vito Maurogiovanni “U cafè andiche”, diretto da Vito Signorile. Appassionato della baresità ha pubblicato la commedia in dialetto barese “U mbetate de Natale” (Levante Editori), premiata alla Piedigrotta Barese del 1996, e rappresentata più volte con successo.
Per onorare la memoria di Lorenzo Gentile è stato inserito nel volume “Baresità , curiosità e…”, (Levante Editori), un suo capitolo “Proverbi e indovinelli baresi” (appunti inediti di una conferenza sul dialetto, messi a disposizione dalla figlia Enrica). Gli autori nel vocabolario hanno dato grande spazio alle voci che si ampliano in tutta quella ricchezza non solo fraseologica che si delinea attorno al vocabolo stesso, ma dimostrando anche la varietà delle traduzioni di un vocabolo a seconda del significato che si vuol dare.
Vediamo, ad esempio, che il vocabolo ‘persona’ si può tradurre in tanti modi: chembassà te (persona a modo); jè tutte fettucce (p. azzimata); mezzacalzètte (p. di nessun valore); fafuèche (p. sbrigativa); pèggra zoppe (p. senza fiducia). E a proposito di uomo: maulòne (u. alto); striòne (u. alto e grosso); bacchettòne (u. insulso); gagliòte (un poco di buono); presciannà re (u. sempre allegro), e così per tanti altri vocaboli. Insomma una delizia.
La passione per il dialetto barese, scrive Lorenzo Gentile, mi ha permesso di portare alle stampe questo dizionario dopo anni di lavoro, consultando pubblicazioni di vari poeti, a cominciare da Francesco Saverio Abbrescia e Davide Lopez, che sono stati tra i primi a cimentarsi con lo scrivere in vernacolo, a quelle dei più recenti autori.
Nel vocabolario sono stati raccolti, per ogni singolo vocabolo, i differenti termini dialettali utilizzati dai tanti autori baresi nei loro scritti. Questo ha portato, anche alla individuazione di sinonimi che si differenziano tra loro solo per il cambio di uno o più consonanti. Inoltre sono stati raccolti proverbi, modi di dire, giaculatorie, stornelli e sonetti in modo da far gustare la bellezza del dialetto barese nelle sue espressioni vivaci ed invogliare il lettore a leggerlo per godere qualche ora di piacevole divertimento, in barba a tutte le polemiche su come si scrive il dialetto.
Il dizionario è arricchito da un’ampia bibliografia, da alcune immagini relative alla nostra città vecchia e ad alcune baresità come: Sanda Necòle (San Nicola), u presèbbie (presepio), le ficheninne (fichi d’India), le zèppue (zeppole), le pulpe rizze (polpo arricciato), ecc.
Infine, Gentile, al quale i baresi serberanno sicuramente tanta gratitudine, ha voluto trasmetterci un suo pensiero sulla nostra città con la poesia “Chèsse jè Bare” (Questa è Bari).
CHÈSSE JÈ BARE
di Lorenzo Gentile
Seccome avime perdute la memorrie
jè mègghie ca v’u digghe che la storrie
accome la Bare nèste jè nate
che le casre, la meragghie e le strate.
Cchiù de mill’anne apprìme de Criste
arrevò na morre de gènde ma’ viste,
mbrime la Pùgghie s’aggnì de crestiane
menute da tèrre assà lendane.
A Bbare se sestemarene che le famigghie
e che l’ajiute de megghière e ffigghie
facèrene cassre a preppedà gne
sènza porte, checine e bbà gne.
Chiandarene aminuue, grane dure,
vigne, auuì, ciggere e fasule,
cime de rape e ffave de cuèzze
e a mmare menarene le rèzze.
Rome no jère fendate angore
acquanne Bare jère nu sblendore
che commerciande e navegande
ca facèrene de Bare nu ngande.
Le prime a scrive u latine andiche
sò state Ennie, Pacuvie e Androniche:
sò trè pugljise brave assà assÃ
ca Rome se le petève seggnà .
Aromà u sapene tutte quande
ca Petrarche, Boccacce e Ddande
mbararene da nù u taggliane,
pure ce lore jèrene toscane.
Ce ngann’a mmare tu stà assise
te pare de stà mbaravise
e ce te mitte de facce o sole
pe rengrazzià Ddì non ge sò parole.
Ch’u sole calde e u prefume de mare
no nge stà na cetà mègghie de Bare.
Da anni è in discussione l’agonia dei dialetti, ma andando in fondo, ci si rende conto che non sono pochi coloro che in famiglia e tra amici lo parlano. Con le parole del vernacolo si esprime la genuinità , la naturalezza della vita concreta, l’autentico soffrire e sentire di un popolo. Oggi, infatti, inizia ad essere fonte di studio e di interesse per molti.
Ma cos’è un dialetto? Dal punto di vista glottologico ed espressivo, non c’è alcuna differenza tra lingua letteraria e dialetto: entrambe hanno una formazione storica dovuta a fattori assai complessi, anche se i dialetti esprimono una tradizione di cultura e letteratura meno complessa ed autorevole. Perciò è errato ritenere che i dialetti siano una degradazione della lingua letteraria. La verità è che tra il concetto di “dialetto” e quello di “lingua letteraria” esiste solo un rapporto logico, per cui l’una cosa non può intendersi senza l’altra, tanto che sarebbe assurdo parlare di dialetto senza presupporre una lingua nazionale e viceversa. È pur vero che il dialetto fornisce quella sicurezza, quella certezza della nostra provenienza, delle nostre radici, alle quali, nonostante tutto, siamo e saremo ancorati, malgrado i tentativi ingegnosi o maldestri che vengono messi in atto per tagliare questo importante e vitale cordone ombelicale.
Lorenzo Gentile (1922-2008), insieme alla figlia Enrica ha pensato bene di contribuire, pubblicando il “Nuovo dizionario dei baresi”, edito da Levante Editori di Bari, per la delizia di poeti, cultori, studiosi, curiosi, ed estimatori del dialetto barese (pagg. 334, € 25). Si tratta di una esclusiva ed assoluta novità editoriale, trattandosi del primo dizionario italiano-barese e barese-italiano, rivolta a chi desideri conoscere, studiare e arricchire il proprio dialetto barese.
Lorenzo Gentile, barese doc, scomparso qualche anno fa, ha curato la regia di diverse commedie in dialetto barese di Gaetano Savelli, Domenico Triggiani ed anche una sua commedia Tutte le colpe di Martemè (Tutte le colpe di Bartolomeo), scritta con Benedetto Maggi. Gentile è anche autore della commedia U mbetate de Natale (L’invitato di Natale), e per gli appassionati di dialetto ha preparato, insieme alla figlia Enrica, ricercatrice presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari, questa preziosa chicca.
Gentile ha avuto anche esperienze di cinema nei film “Del perduto amore” (regista Michele Placido), “Hotel Dajti - Una storia al di là del mare” (regista Carmine Fornari) e “La casa delle donne” (regista Mimmo Mongelli).
Vito Maurogiovanni, che presenta l’opera, così scrive: «Lorenzo Gentile in questa meritoria fatica, ha raccolto i vocaboli nella loro doppia versione e li ha anche arricchiti con fraseologie, proverbi, sinonimi, stornelli, sonetti e via dicendo. In realtà esistono interessanti nostri dizionari, ma finora nessuno studioso di cose nostrane si era dedicato a tradurre i vocaboli italiani nella sonora lingua barese. È questa la novità della pubblicazione gentiliana, dare la possibilità di veder tradotta nel nostro vivace linguaggio la lingua nazionale».
Umiltà , umanità , signorilità , generosità e modestia sono le qualità che hanno contraddistinto il caro Lorenzo, che ha dimostrato tutto il suo amore per il dialetto barese ed il teatro, mettendo in scena, come regista e attore, le commedie “Cose ca seccèdene”, di Gaetano Savelli, e “No! U manecomie no!” di Domenico Triggiani, curando anche la regia della commedia “Tutte colpe de zì Martemè” della quale è stato autore insieme a Benedetto Maggi. È stato anche interprete di una parte nella commedia dialettale di Vito Maurogiovanni “U cafè andiche”, diretto da Vito Signorile. Appassionato della baresità ha pubblicato la commedia in dialetto barese “U mbetate de Natale” (Levante Editori), premiata alla Piedigrotta Barese del 1996, e rappresentata più volte con successo.
Per onorare la memoria di Lorenzo Gentile è stato inserito nel volume “Baresità , curiosità e…”, (Levante Editori), un suo capitolo “Proverbi e indovinelli baresi” (appunti inediti di una conferenza sul dialetto, messi a disposizione dalla figlia Enrica). Gli autori nel vocabolario hanno dato grande spazio alle voci che si ampliano in tutta quella ricchezza non solo fraseologica che si delinea attorno al vocabolo stesso, ma dimostrando anche la varietà delle traduzioni di un vocabolo a seconda del significato che si vuol dare.
Vediamo, ad esempio, che il vocabolo ‘persona’ si può tradurre in tanti modi: chembassà te (persona a modo); jè tutte fettucce (p. azzimata); mezzacalzètte (p. di nessun valore); fafuèche (p. sbrigativa); pèggra zoppe (p. senza fiducia). E a proposito di uomo: maulòne (u. alto); striòne (u. alto e grosso); bacchettòne (u. insulso); gagliòte (un poco di buono); presciannà re (u. sempre allegro), e così per tanti altri vocaboli. Insomma una delizia.
La passione per il dialetto barese, scrive Lorenzo Gentile, mi ha permesso di portare alle stampe questo dizionario dopo anni di lavoro, consultando pubblicazioni di vari poeti, a cominciare da Francesco Saverio Abbrescia e Davide Lopez, che sono stati tra i primi a cimentarsi con lo scrivere in vernacolo, a quelle dei più recenti autori.
Nel vocabolario sono stati raccolti, per ogni singolo vocabolo, i differenti termini dialettali utilizzati dai tanti autori baresi nei loro scritti. Questo ha portato, anche alla individuazione di sinonimi che si differenziano tra loro solo per il cambio di uno o più consonanti. Inoltre sono stati raccolti proverbi, modi di dire, giaculatorie, stornelli e sonetti in modo da far gustare la bellezza del dialetto barese nelle sue espressioni vivaci ed invogliare il lettore a leggerlo per godere qualche ora di piacevole divertimento, in barba a tutte le polemiche su come si scrive il dialetto.
Il dizionario è arricchito da un’ampia bibliografia, da alcune immagini relative alla nostra città vecchia e ad alcune baresità come: Sanda Necòle (San Nicola), u presèbbie (presepio), le ficheninne (fichi d’India), le zèppue (zeppole), le pulpe rizze (polpo arricciato), ecc.
Infine, Gentile, al quale i baresi serberanno sicuramente tanta gratitudine, ha voluto trasmetterci un suo pensiero sulla nostra città con la poesia “Chèsse jè Bare” (Questa è Bari).
CHÈSSE JÈ BARE
di Lorenzo Gentile
Seccome avime perdute la memorrie
jè mègghie ca v’u digghe che la storrie
accome la Bare nèste jè nate
che le casre, la meragghie e le strate.
Cchiù de mill’anne apprìme de Criste
arrevò na morre de gènde ma’ viste,
mbrime la Pùgghie s’aggnì de crestiane
menute da tèrre assà lendane.
A Bbare se sestemarene che le famigghie
e che l’ajiute de megghière e ffigghie
facèrene cassre a preppedà gne
sènza porte, checine e bbà gne.
Chiandarene aminuue, grane dure,
vigne, auuì, ciggere e fasule,
cime de rape e ffave de cuèzze
e a mmare menarene le rèzze.
Rome no jère fendate angore
acquanne Bare jère nu sblendore
che commerciande e navegande
ca facèrene de Bare nu ngande.
Le prime a scrive u latine andiche
sò state Ennie, Pacuvie e Androniche:
sò trè pugljise brave assà assÃ
ca Rome se le petève seggnà .
Aromà u sapene tutte quande
ca Petrarche, Boccacce e Ddande
mbararene da nù u taggliane,
pure ce lore jèrene toscane.
Ce ngann’a mmare tu stà assise
te pare de stà mbaravise
e ce te mitte de facce o sole
pe rengrazzià Ddì non ge sò parole.
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