Ruby: Bossi, contrario al ripristino dell'immunità parlamentare

di Roberta Calò
“Ruby ha rovinato anche me. Per colpa sua ho avuto lo sfratto e non riesco a lavorare. Facevo la cubista, ero nell’agenzia di Lele Mora, che ora non mi risponde più. Non pensavo si potesse scatenare tutto questo”. Queste le parole di Katia Pasquino, la cubista che prima aveva ospitato poi aveva denunciato Ruby per furto, dando il via all’esplosione dell’ormai noto caso. Anche la brasiliana Michelle Conceicao, che offrì un tetto a Ruby fino alla lite del cinque giugno, sostiene: “Mi sono sempre guadagnata da vivere come indossatrice e modella ma ora non riesco più a lavorare. Le agenzie mi cercano poco perché il mio nome è emerso dagli atti dell’inchiesta”. Marysthell Polanco, trentaduenne domenicana, anche lei ospite alle serate mondane organizzate dal Premier, ha fatto sapere che doveva presenziare ad una serata all’Hollywood con Belen Rodriguez, la quale, però, ha posto un aut aut agli organizzatori dell’evento non volendo condividere la scena con la modella coinvolta nel Rubygate. Dunque tempi duri anche per chi pensava di aver trovato la chiave giusta per accedere al successo e alla ricchezza facile. A quanto pare, peraltro, ora anche la giovane marocchina ha un’opposizione da cui difendersi. La stessa Ruby era stata scelta come madrina del carnevale di Fano, ma la giunta comunale della città, marchiata Pdl, ha preferito declinare l’invito attraverso le parole dell’assessore Alberto Santorelli: “È un carnevale per bambini, famiglie e coppie, in cui si cerca di far risaltare l’amore vero. La presenza di Ruby non ci sembrava opportuna”.
A farne le spese c’è anche Nicole Minetti contro cui si sono mosse Chiara Cremonesi di Sel, Arianna Cavicchioli e Sara Valmaggi del Pd, per chiedere le dimissioni del consigliere regionale della Lombardia affinchè “possa liberamente difendersi nel processo e sia tutelata l'immagine dell'istituzione Regione che e' stata chiamata a rappresentare dai cittadini nell'elezione del marzo scorso”. L’iniziativa è stata sottoscritta anche dai consiglieri uomini del Partito Democratico e dell’Italia dei Valori: “Non vogliamo che l'aula del Consiglio si trasformi in un tribunale e per questo chiediamo a Minetti di non coinvolgere il ruolo pubblico di consigliere regionale in una vicenda giudiziaria che la vede coinvolta in indagini inerenti fatti gravi”.
Non tira buon vento nemmeno in ambito giudiziario per quel che concerne le eventuali riforme che si sta pensando di apportare alla giustizia italiana, a seguito della crociata intrapresa da Berlusconi. In materia di intercettazioni si è schierato apertamente il procuratore generale della magistratura Mario Ristuccia, il quale, nella sua relazione stilata in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2011, ha dichiarato: "Non appaiono indirizzati a una vera e propria lotta alla corruzione il disegno di legge governativo sulle intercettazioni che, costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili allo scopo e neppur l’aver dimezzato con la cd legge Cirielli del 2005 i termini di prescrizione per il reato di corruzione ridotti da 15 a 7 anni e mezzo, con il risultato che molti dei relativi processi si estingueranno poco prima della sentenza finale, sebbene preceduta da una o due sentenze di condanna e con conseguenze ostative per l’esercizio dell’azione contabile sul danno all’immagine”.
La stessa Corte dei Conti ha mostrato le sue perplessità anche circa la durata dei processi: "Non costituisca un ulteriore ostacolo alla lotta contro la corruzione. Da rispettosi osservanti delle norme varate dal Parlamento si resta perplessi di fronte a recenti leggi che consentono una profonda alterazione di principi di certezza del diritto”.
Sull’immunità, invece, si è pronunciato Bossi, stranamente soffiando in senso opposto al Cavaliere: “Sono contrario al ripristino dell'immunità parlamentare. Considero Napolitano abbastanza amico”; secondo il leader della Lega il decreto Milleproroghe passerà: “La maggioranza sta crescendo e dunque 'per adesso' si va avanti con Berlusconi”.
Sul processo breve si espone anche Alfano, il quale, con filosofica moderazione, cerca di mantenere saldi falsi equilibri: “Non voglio che diventi in questo momento un elemento di rottura mentre stiamo lavorando alla riforma costituzionale. Seguiamo sempre la saggezza”.
Dal canto suo il Premier può contare sulla difesa dei suoi cortigiani, soprattutto nell’ambito dell’esercizio forense: "Mi domando come abbia potuto un giudice in due giorni leggere migliaia di carte per decidere che la prova era evidente e rinviare Berlusconi a giudizio immediato”, spiega l’avvocato Gaetano Pecorella. "Penso che il gip si sia basato su quello che affermavano i pm nella loro richiesta, cosa abituale in un sistema in cui giudici e pm sono la stessa famiglia. Certe volte chi ha in mano un processo viene preso da una specie di amore, di passione per il proprio processo e fa forzature. Trovo singolari due cose: la prima è perché non si sia pensato di investire il Tribunale dei ministri, evidentemente si è voluto tenere il processo a Milano, nelle mani di chi lo sta gestendo. Poi, si parla ormai del deposito degli atti dell'altro troncone di processo, e allora non capisco perché si sia avuta l'urgenza di andare a giudizio quando il processo unico sarebbe stato più comprensibile. Ci sono stati strappi”.
"Dal 1994 ad oggi basterebbe fare un elenco di processi subìti, però non posso dire che la magistratura perseguiti nel senso che volutamente vuol mettere sotto processo qualcuno, fatto sta che sono sempre gli stessi magistrati, sempre di Milano, ma alla fine con tutti questi processi alla magistratura è rimasto solo un pugno di mosche in mano. Colpa forse delle leggi ad personam? Le leggi devono essere universali - ha detto Pecorella a Radio 24 - ma talvolta nascono da situazioni contingenti, penso alla legge Valpreda, o a leggi fatte apposta per tenere in carcere pericolosi criminali che stavano per uscire. Io sono contrario alla legge fatta apposta, ma quando si fanno leggi fatte così è perché c'è qualcosa nel sistema che non funziona”.
Parole non buone invece giungono dal sindaco di Firenze Matteo Renzi: “Spero che il presidente del Consiglio vada davanti ai giudici, poi spero che dimostri la sua innocenza, e poi spero che venga sconfitto alle elezioni. Non riesco a pensare che si possa odiare una persona in politica, io sono tra coloro che vogliono mandarlo a casa, ma non lo voglio mandare a casa con i giudici, con il cellulare dei carabinieri. Il giorno in cui il Pd smetterà di parlare dalla mattina alla sera di Berlusconi, quel giorno il Pd vincerà le elezioni. C’è una parte del centrosinistra che non campa senza di lui, gente che ha fatto la sua fortuna sull’antiberlusconismo” spiega, facendo un riferimento chiaro a Di Pietro, e conclude “se domani torna presidente del consiglio Romano Prodi e mi chiama a Castiglion della Pescaia, dove passa le vacanze, ci vado a piedi. Lo stesso Bersani, tre mesi prima di arrabbiarsi con me, aveva detto: per le riforme andrei ad Arcore anche a piedi”.

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