LECCE. Chi importa auto dall’Estero senza pagare l’Iva oltre all’evasione fiscale commette una truffa ai danni dello Stato.
È il principio stabilito nella sentenza del 29 marzo 2011, emessa dalla seconda sezione penale della Suprema Corte che riporta Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Con la decisione in commento gli ermellini hanno, infatti, confermato la condanna nei confronti della mamma di un indagato per truffa al quale erano state sequestrate delle automobili.
Nella motivazione è possibile, inoltre, leggere che il reato si consuma nel momento e nel luogo dove i mezzi arrivano e dove non sono state pagate le imposte. Il luogo della vendita non conta.
Nel caso di specie, la sezione penale ha rigettato il ricorso presentato dalla mamma di un giovane trentino che aveva importato dalla Germania una serie di automobili senza pagare l’Iva per cui era scattato il sequestro. La difesa ha allora proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Trento, sostenendo che comunque, prima di tutto, un’eccezione di incompetenza poiché sempre secondo i difensori gli atti avrebbero dovuto essere rimessi ai giudici di Brescia, luogo nel quale i veicoli erano stati venduti. Tale tesi però, non ha incontrato il favore della seconda sezione penale che hanno confermato la competenza di Trento secondo cui nessuna truffa poteva configurarsi a carico degli acquirenti.
Nella motivazione è possibile, infatti, leggere che “Nel caso di specie, secondo il capo d'imputazione, il profitto sarebbe consistito nella mancata assoluzione degli oneri fiscali ed esattamente nel mancato pagamento dell'IVA…...come correttamente rilevato dal Tribunale, che il reato si è consumato non nel momento in cui le auto furono rese commerciabili a seguito della truffa e, quindi, quando l'indagato riscosse il prezzo della compravendita (invero nessuna truffa è stata ipotizzata nei confronti degli acquirenti) ma nel momento in cui non fu assolta l'Iva, vantaggio che venne conseguito presso il luogo dove le imposte avrebbero dovuto essere pagate e quindi, pacificamente, nel circondano di Trento”.
È il principio stabilito nella sentenza del 29 marzo 2011, emessa dalla seconda sezione penale della Suprema Corte che riporta Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Con la decisione in commento gli ermellini hanno, infatti, confermato la condanna nei confronti della mamma di un indagato per truffa al quale erano state sequestrate delle automobili.
Nella motivazione è possibile, inoltre, leggere che il reato si consuma nel momento e nel luogo dove i mezzi arrivano e dove non sono state pagate le imposte. Il luogo della vendita non conta.
Nel caso di specie, la sezione penale ha rigettato il ricorso presentato dalla mamma di un giovane trentino che aveva importato dalla Germania una serie di automobili senza pagare l’Iva per cui era scattato il sequestro. La difesa ha allora proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Trento, sostenendo che comunque, prima di tutto, un’eccezione di incompetenza poiché sempre secondo i difensori gli atti avrebbero dovuto essere rimessi ai giudici di Brescia, luogo nel quale i veicoli erano stati venduti. Tale tesi però, non ha incontrato il favore della seconda sezione penale che hanno confermato la competenza di Trento secondo cui nessuna truffa poteva configurarsi a carico degli acquirenti.
Nella motivazione è possibile, infatti, leggere che “Nel caso di specie, secondo il capo d'imputazione, il profitto sarebbe consistito nella mancata assoluzione degli oneri fiscali ed esattamente nel mancato pagamento dell'IVA…...come correttamente rilevato dal Tribunale, che il reato si è consumato non nel momento in cui le auto furono rese commerciabili a seguito della truffa e, quindi, quando l'indagato riscosse il prezzo della compravendita (invero nessuna truffa è stata ipotizzata nei confronti degli acquirenti) ma nel momento in cui non fu assolta l'Iva, vantaggio che venne conseguito presso il luogo dove le imposte avrebbero dovuto essere pagate e quindi, pacificamente, nel circondano di Trento”.
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