Il prossimo weekend a Valencia: tra arte e “cremà”

di Maria Grazia Rongo. Valencia è stata per molto tempo considerata la rivale inferiore di Barcellona e Madrid. Valencia era una destinazione di passaggio per chi andava o tornava dalle località più note di questo tratto di Spagna, come la Costa del Sol e le sue località alla moda, Alicante e Benidorm. La Coppa America 2007 ha portato all'attenzione mondiale questa città che già da qualche anno ha dimostrato una grande vivacità culturale e architettonica. Il simbolo di questa rinascita è la Città delle Arti e della Scienza, Ciutat de les Arts i les Ciències. È un'immensa area con l'acquario più grande d'Europa e l'Emisferio, un complesso a forma di occhio umano progettato da Santiago Calatrava, l'architetto che è nato proprio a Valencia.
Durante tutto l’anno è meraviglioso passeggiare per Valencia, ma c’è un periodo in cui essa assume un aspetto particolare: è il giorno di San Giuseppe.
Alle prime luci dell’alba di sabato 19 marzo Valencia si sveglia con il frastuono di un petardo; poi i tamburi della banda e il canto dei giovani irrompono per le strade del centro. È la Despertà, il modo in cui viene svegliata la città spagnola il giorno più importante dell’anno, quando si festeggia San Giuseppe. La festa popolare si chiama Fallas e, in realtà, comincia qualche giorno prima, il 15 marzo, quando si aprono le celebrazioni con balli, canti, sfilate e processioni, con fuochi d’artificio e musica, che durano notte e giorno e che coinvolgono l’intera cittadinanza.
Tutti fanno festa fino al grande evento del 19 marzo con enormi fantocci bruciati nelle principali piazze della città. Durante l’anno pittori e artigiani locali si preparano alla festa costruendo i ninots, giganteschi pupazzi allegorici in legno, cartone, cera e stoffa, veri capolavori artistici che vengono fatti ardere in piazza in un immenso rogo seguito da musica e schiamazzi. Il gesto di bruciare ha una chiara e antica simbologia contadina: il fuoco esorcizza l’inverno, il male, il vecchio e invoca l’arrivo della primavera, del nuovo, della vita. La festa dei roghi Fallas, dal latino facula, torcia, ricorda l’antica usanza dei falegnami della zona che celebravano il loro patrono, San Giuseppe, bruciando le strutture di legno.
Poi la tradizione si modificò e le semplici strutture furono addobbate con vecchi abiti e fatte bruciare in piazza come pupazzi, che ricordavano da vicino personaggi famosi da deridere e condannare. Oggi i ninots rappresentano personalità della politica, della cultura e dello spettacolo, volti più o meno noti della città, ridicolizzati con toni esagerati e caricaturali. Troneggiano ovunque come statue monumentali, alte dai 15 ai 25 metri: ogni piazza cittadina, dal centro alla periferia, ne ospita almeno due, una grande e una più piccola per i bambini, che vengono montate su alti piedistalli il giorno 15, la mattina della Plantà. Ogni quartiere è rappresentato dai propri comitati che coordinano l’opera degli artisti e della banda musicale, organizzano lotterie, concorsi gastronomici e raccolgono soldi.
Nel frattempo uomini e donne dei diversi rioni, falleros e falleras, partecipano alla festa indossando costosi vestiti tradizionali (ricchi di perle, pettini dorati, ventagli di seta, corsetti, mantiglie e scarpe in tessuto) e offrendo i fiori alla patrona della città, la Virgen de los Desamparados. Ogni giorno, alle due del pomeriggio, nella piazza del Municipio si assiste alla Mascletà, un vero bombardamento di fuochi pirotecnici e di petardi colorati, mentre la giornata del 18 marzo termina con il grande spettacolo pirotecnico, la nit del foc, quando un numero impressionante di fuochi d’artificio e di bengala scoppia nel cielo della città e la illumina a giorno.
Il giorno 19 la festa è al suo apice e la città esplode in un crescendo di canti, musiche e rumori, mentre una giuria premia il fantoccio più bello e fantasioso, l’indultat, che, risparmiato dalle fiamme, verrà portato nello storico museo de Las Fallas della città. È impossibile sfuggire all’atmosfera coinvolgente della festa, che termina con l’accensione dei roghi, la Cremà: il lavoro di un anno intero brucia in pochi minuti e la città, stracolma di valenziani, visitatori e curiosi, viene investita da una pioggia di colori, di fuoco e di polvere. Ovunque, l’odore di fumo si mescola al profumo di cioccolato e dei buñuelos, i dolci fritti, tipici delle feste.

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