di Roberta Calò. Il timore degli italiani cresce parallelamente al numero dei profughi che sbarcano a Lampedusa. Portando avanti uno studio sui grafici statistici dell'IPR marketing, si palesa chiaramente il timore degli italiani non solo di ritorsioni con attacchi terroristici nel nostro paese (55%), ma anche delle sorti del considerevole numero di sbarcati che stanno invadendo il meridione a macchia d'olio, in particolare la Puglia. Secondo il 70% degli italiani saremo invasi dagli immigrati.
Il popolo italiano, che dall'inizio mal vedeva la possibilità dell'entrata in guerra nel nostro paese, ora vede concretizzarsi i propri timori con il crescente allestimento delle tendopoli per l'accoglienza dei neoclandestini.
Il governo italiano a quante pare ha male interpretato un popolo che, se fosse stato chiamato a votare sulla questione, avrebbe optato per fermare i bombardamenti e trattare con Gheddafi (56%), schierandosi contro quanti confidavano nel proseguimento dell'azione militare (33%).
Gli italiani, a quanto pare non ancora del tutto sopraffatti dalla strumentalizzazione dei politici, ha ben previsto quello che imprenditori e governanti stanno mirando a realizzare per i propri interessi personali: il 41% degli italiani pensa che Gheddafi sarà sconfitto e in Libia regnerà il caos. Forse il dato che si sottovaluta è l'enorme ricaduta economica che tale conflitto avrà sul nostro paese, già quotidianamente in lotta contro la precarietà, la crisi, i posti di lavoro, l'aumento dei costi. Già il terreno dell'Unicredit sta tremando essendo la Libia il primo azionista del gruppo. Per ora quello che si teme è anche una forte crisi energetica (52%degli italiani) essendo Italia e Libia in trattative da oltre quaranta anni. Tripoli è il primo fornitore di petrolio per l'Italia con una quota che si attesta a circa il 23% del totale; Eni è il primo operatore occidentale in Libia con esportazioni che nel periodo pre-crisi si attestavano a 280.000 mila barili di greggio e gas al giorno sugli 1,8 milioni di barili di olio equivalente complessivi garantiti quotidianamente dalla nazione magrebina. La maggior parte del nostro popolo (70%), tuttavia, è ancora convinta che il governo ha dovuto accettare l'operazione militare imposta dalla Francia e dagli Usa; solo una piccola parte (20%) è convinto che il governo sia convinto della linea d'azione intrapresa e che, anzi, ha sgomitato con le altre nazioni per il controllo della coalizione ora ricaduto sulla Nato. Anche se a quest’ultimo ben l’88% degli italiani avrebbe affidato il comando della missione.
Quanti invece affermano che durante la discussione al senato sulla Libia sarebbe stata opportuna anche la presenza di Berlusconi (72%), forse ignorano che il Premier, in grandi rapporti “d’amicizia” con Gheddafi, aveva volutamente chiarito che gli aerei sollevatisi dalle nostre basi militari si sono recati in Libia ma non hanno bombardato.
E mentre le vittime libiche aumentano in modo esponenziale, almeno per ora i rappresentanti politici appaiono sordi alla voce di chi sostiene che sia stata forzata la mano e che si poteva procedere con avvertimenti limitati (54%).
Il popolo italiano, che dall'inizio mal vedeva la possibilità dell'entrata in guerra nel nostro paese, ora vede concretizzarsi i propri timori con il crescente allestimento delle tendopoli per l'accoglienza dei neoclandestini.
Il governo italiano a quante pare ha male interpretato un popolo che, se fosse stato chiamato a votare sulla questione, avrebbe optato per fermare i bombardamenti e trattare con Gheddafi (56%), schierandosi contro quanti confidavano nel proseguimento dell'azione militare (33%).
Gli italiani, a quanto pare non ancora del tutto sopraffatti dalla strumentalizzazione dei politici, ha ben previsto quello che imprenditori e governanti stanno mirando a realizzare per i propri interessi personali: il 41% degli italiani pensa che Gheddafi sarà sconfitto e in Libia regnerà il caos. Forse il dato che si sottovaluta è l'enorme ricaduta economica che tale conflitto avrà sul nostro paese, già quotidianamente in lotta contro la precarietà, la crisi, i posti di lavoro, l'aumento dei costi. Già il terreno dell'Unicredit sta tremando essendo la Libia il primo azionista del gruppo. Per ora quello che si teme è anche una forte crisi energetica (52%degli italiani) essendo Italia e Libia in trattative da oltre quaranta anni. Tripoli è il primo fornitore di petrolio per l'Italia con una quota che si attesta a circa il 23% del totale; Eni è il primo operatore occidentale in Libia con esportazioni che nel periodo pre-crisi si attestavano a 280.000 mila barili di greggio e gas al giorno sugli 1,8 milioni di barili di olio equivalente complessivi garantiti quotidianamente dalla nazione magrebina. La maggior parte del nostro popolo (70%), tuttavia, è ancora convinta che il governo ha dovuto accettare l'operazione militare imposta dalla Francia e dagli Usa; solo una piccola parte (20%) è convinto che il governo sia convinto della linea d'azione intrapresa e che, anzi, ha sgomitato con le altre nazioni per il controllo della coalizione ora ricaduto sulla Nato. Anche se a quest’ultimo ben l’88% degli italiani avrebbe affidato il comando della missione.
Quanti invece affermano che durante la discussione al senato sulla Libia sarebbe stata opportuna anche la presenza di Berlusconi (72%), forse ignorano che il Premier, in grandi rapporti “d’amicizia” con Gheddafi, aveva volutamente chiarito che gli aerei sollevatisi dalle nostre basi militari si sono recati in Libia ma non hanno bombardato.
E mentre le vittime libiche aumentano in modo esponenziale, almeno per ora i rappresentanti politici appaiono sordi alla voce di chi sostiene che sia stata forzata la mano e che si poteva procedere con avvertimenti limitati (54%).