Libia: Napolitano e la favola della missione umanitaria

di Roberta Calò. "Sta per tramontare l’era dei regimi che nascondono la verità, limitano il movimento delle persone e fanno ricorso a menzogne, alla corruzione e a false rappresentazioni del mondo esterno". Queste le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che spiega che "venti di libertà, domande di dignità umana e giustizia sociale si levano con forza attraverso il mondo. Dobbiamo pronunciarci in difesa dei diritti umani come fondamento della stabilità politica e di una crescita sostenibile. Dobbiamo rinnovare il nostro impegno per un sistema multilaterale di relazioni internazionali. Abbiamo bisogno delle Nazioni Unite". Il capo di Stato, omettendo che le missioni umanitarie partono specificamente per un paese in cui ci sono in ballo forti interessi economici, chiarisce: "Non significa pretendere di esportare uno specifico modello di democrazia ma promuovere e proteggere i diritti fondamentali, civili e politici, e le libertà religiose, come pre-condizione per l’autonoma realizzazione di sistemi democratici".
Puntando su una linea difensiva che tende a presentare l'offensiva della coalizione come una scelte univoca e forzata, Napolitano prosegue affermando: "Il mondo non poteva assistere senza reagire alle molte vittime e alle distruzioni massicce inflitte dal leader libico alla sua stessa popolazione". In una guerra in cui nessuno sembra volersi assumere responsabilità decisionali, il capo dello Stato dichiara: "il capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite contempla specificamente l'uso della forza per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. In Libia siamo impegnati a proteggere la popolazione civile e a far rispettare la Carta delle Nazioni Unite, agendo nella piena legittimità internazionale conferita dalla Risoluzione 1973. Stiamo applicando lo statuto dell'Onu, stiamo agendo sotto l'egida dell'Onu". Il discorso super partes prosegue commemorando una storia da cui di sicuro i nostri rappresentanti politici non hanno imparato nulla: "Non sottovalutiamo nel modo più assoluto i costi umani e i rischi delle azioni militari. Nelle missioni internazionali all'estero l'Italia ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane e di sofferenza. Tuttavia la protezione internazionale dei diritti umani è al centro del sistema delle Nazioni Unite", ed è "sempre più importante per tutti gli stati membri, senza eccezione".
L'appello per questa missione si conclude con atavici stereotipi: "Il mondo ha una chiara responsabilità nell'aiutare questa nuova alba a divenire realtà, ma anche nell'intervenire ovunque dittature, violenze e oscurantismo tentino di contrastare il nuovo. La Comunità internazionale deve fare propria la domanda di libertà, giustizia e più eque opportunità che sale da società cosi a lungo tenute sotto il giogo della violenza e dell'oppressione". Sorge dunque spontanea la domanda sulle ragioni che spingono l'occidente a svolgere missioni solo in quelle terre il cui sottosuolo nasconde ricchezze smisurate che sfamano le ingorde mani degli imprenditori multinazionali.

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