Yara: choc a Brembate, si fa strada l'ipotesi della setta satanica

di Roberta Calò. “Non smentisco l'esistenza di tracce di Dna, ma non è detto che siano per forza decisive”; raggelanti le parole della sostituto procuratore di Bergamo Letizia Ruggeri che stronca le speranze di quanti confidano in una svolta decisiva a seguito del ritrovamento di tracce di di dna sul cadavere della piccola Yara Gambirasio.
La Ruggeri spiega: “Non c'è stata una vera e propria relazione preliminare da parte della dottoressa Cristina Cattaneo. Ci sono continui aggiornamenti, dai quali per ora non è stato possibile comprendere la vera causa del decesso”.
Resta in ogni caso da verificare non solo la veridicità delle tracce di dna sia maschile che femminile sul corpo sia l’effettiva corrispondenza di queste con gli eventuali assassini.
Ora vacilla anche l’ipotesi che la morte sia stata determinata da asfissìa, il ricorso alle due differenti armi prevale come causa del decesso. Rammentando che sono molteplici le ferite sparse sul corpo della giovane, gli esperti si stanno focalizzando sui due tagli presenti sulla schiena che unendosi sembrerebbero formare una “X”. Ancora non si sa se si tratta di un segno casuale o se sia un simbolo voluto che spalancherebbe le ipotesi della morte a parenesi di una società moderna pervasa di sette e di congregazioni di dubbia natura. Nonostante si voglia far passare l’eventualità satanica come eventualità troppo infondata, gli investigatori hanno chiesto una consulenza a esperti di sette e simbologia.
Il criminologo Vincenzo Savatteri, chiamato in causa dal tg come, ha prospettato l’idea di un rituale esoterico: “Se è stato fatto post-mortem, con un coltello o con un’arma bianca, non ci sono dubbi: si tratta di un rito di tipo esoterico. Nulla a che vedere, comunque, col satanismo”.
“La X potrebbe essere una runa (legata al suono G) riconducibile al principio del sacrificio. Le due linee-chiarisce l’esperto- orizzontali parallele, invece, fanno riferimento all’acqua e alla femminilità. E’ un simbolo completamente nuovo, almeno per me. Ma la somma di questi due segni parla chiaro: sacrificio femminile. L’uso di questi simboli fa pensare per prima cosa a riti di passaggio con sacrificio umano. Ovvero: l’omicidio con l’obiettivo di entrare in un gruppo (da profano a iniziato) o di aumentare il proprio grado. I segni sono molto precisi e non possono certo essere opera di uno squilibrato. Anche se sarà fondamentale per un’analisi più dettagliata il posizionamento del corpo”.
Al vaglio degli inquirenti ci sono anche i filmati di una banca riportanti le immagini di un furgone bianco che alle 18.28 giunge da via Rampinelli e si dirige in direzione opposta rispetto alla casa e alla palestra della giovane ginnasta; alle 18.32 le immagini si ripetono ma questa volta la vettura proviene da via Gotti ed effettua una rapida manovra per immettersi sulla strada principale. Il furgone era stato notato nei giorni della scomparsa da una donna anziana che sosteneva di aver udito le urla di una ragazza provenire dall’interno della vettura.
E in attesa di risultati che chiariscano le dinamiche reali della vicenda, don Chino Pezzoli che si presenta con semplici parole: “Sono un prete che vive da 30 anni con giovani drogati, confusi , violenti che portano nella loro sacca il male. Li avvicino e aiuto a svuotarla” si pone le stesse domande a cui l’opinione pubblica non è riuscita ancora a dare una risposta:” Mi chiedo però che cosa sia rimasto nella tua mente e cuore dopo aver ucciso una tredicenne? Gelo, sadismo, vigliaccheria, menefreghismo, senso d'onnipotenza? Ti sarà almeno rimasto quel naturale rimorso o vergogna che ti disturba?”. Il prete confida ancora nella coscienza umana e lancia un appello al presunto omicida: “Faccio fatica a credere che qualcuno sia ancora, sotto certi aspetti, quello primitivo, quello delle caverne e che la sua stessa violenza irrazionale e assassina guidi le sue azioni. Deve esserci in te un sottile richiamo della coscienza che ti sveglia di soprassalto durante la notte mentre gli occhi sbarrati di Yara e la voce straziata chiama aiuto. Se posso esprimere un pensiero, suggerirti un consiglio, esci da quel nascondiglio ipocrita che ogni giorno ti rende sempre più sporco interiormente, cammina per una notte intera su una strada di campagna tra i campi e riporta alla tua mente quel piccolo corpo buttato tra le sterpaglie e lasciato per tre mesi in balia delle intemperie e degli animali. Poi al mattino, fermati, telefona o presentati a un commando dei carabinieri per dire come hai ucciso Yara e perché”.
L’uomo prosegue sperando di far breccia offrendo una possibilità di perdono e di riscatto confidando su un gesto di fede che forse poche persone colpite da un simile dolore riuscirebbero a garantire: “Dirti che il male che hai compiuto è grande, ma che ce anche la speranza del perdonarti e soprattutto farti perdonare. Non sei un mostro e mai lo sarai se esci allo scoperto, se lasci quel “pozzo buio”, dove lo sterco t'imputridisce sempre di più. Prima ti ho consigliato di camminare per una notte tra i campi e poi costituirti. Ho un altro consiglio. Entra in una chiesa e butta davanti a Dio il tuo tormento, piangi e chiedi a Lui la forza di dire il tuo peccato a un prete, al parroco di Yara don Corrino, a un altro che tu conosci. Poi mettiti a disposizione della giustizia. E' necessario che tu lo faccia, fallo però subito prima che il dna o altri segni lasciati sul corpo della vittima parlino”.
“Non abbruttirti ancora di più, non scegliere un destino distruttivo, -conclude Don Pezzoli- puoi riabilitarti attraverso la sofferenza e quel perdono che Dio non nega a chi si rivolge a lui con il suo fardello di male. Se ti costituisci, dovrai anche guardare negli occhi la mamma e il papà di Yara, non ti sarà facile fissare il loro sguardo appesantito dalle lacrime e chiedere loro il perdono. Anche se questi genitori buoni e credenti te lo daranno. .. Spero che tu legga questa lettera o qualcuno che ti è vicino e sa il come e il perché del tuo gesto folle, ti faccia conoscere l'invito a costituirti. Io continuo a sperare e prego”.
L’appello è stato accolto per ora da qualche abitante di Brembate che ha appeso uno striscione su un ponte: “Solo consegnandoti avrai il nostro perdono e Yara (avrà) pace”.

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