di Roberta Calò. “No, quella sera Yara non indossava i guanti mentre usciva dall'atrio della palestra di via Locatelli”; questo è quanto sostenuto dal padre di una delle compagne di ginnastica ritmica di Yara Gambirasio. L’uomo infatti sarebbe stato una delle ultime persone a vedere la ragazza intorno alle 18.39 prima che scomparisse. Yara cinque minuti dopo avrebbe risposto ad un messaggio dell’amica Martina per dissolversi nel nulla senza lasciare tracce. Il giorno del ritrovamento, la piccola non indossava nulla alle mani, i guanti erano in tasca e proprio u questi indumenti la scientifica avrebbe rilevato tracce di dna. Se dunque il giorno della scomparsa la giovane non avesse utilizzato quei guanti sarebbe verosimile l’ipotesi che quelle tracce non appartengano all’assassino o, comunque, siano riconducibili a una persona molto vicina alla vittima. Avvallerebbe pertanto l’ipotesi avanzate dai due criminologhi Francesco Bruno e Carmelo Lavorino: “Yara Gambirasio e Sarah Scazzi si fidavano di chi poi le ha uccise”. “Il ritrovamento sugli oggetti di Yara dei due Dna, uno maschile e uno femminile, -spiegano- non fa che dare conforto a questa tesi: una coppia ispira più fiducia. L'omicidio di Sarah è maturato all'interno della famiglia. Chi sia l'assassino di Yara ancora non lo sappiamo ma credo che vada valutato con attenzione l'ambiente a lei più vicino. Dopo l'incontro, in entrambi i casi si è innescata una reazione imprevista che ha portato il killer a perdere la testa. E a uccidere d'impeto”. Scatta inevitabilmente il paragone con il tragico casa di Avetrana: “Sarah Scazzi cadde in una trappola. E non credo al movente gelosia. Penso a motivi inconfessabili. O forse, più semplicemente, alla più banale delle ragioni: il denaro. Credo che anche per Yara ci sia stata pianificazione. Ed escluderei il movente sessuale”. I due tecnici non mancano di abbozzare un identikit orientativo, come già ormai in tanti hanno fatto, dell’assassino; per Lavorino: “Qualcuno che ha perso la testa. Una persona della zona, che forse ha seguito le ricerche in prima persona. Ha un'ora e mezza di buco nell'alibi. Si è sporcato di sangue e ha sporcato i sedili della sua auto. Aveva un rapporto con Yara: ha rispettato il cadavere, non ha voluto né distruggerlo, né bruciarlo”. Di tutt’altra opinione Bruno il quale parla di una persona fredda: “Ha lasciato il corpo ben visibile, in un campo: voleva che venisse ritrovato. Penso che ci sia stata una segnalazione, una soffiata”. “In entrambi i casi - concordano i due esperti - i telefoni cellulari saranno fondamentali perché permettono di dire dove erano i possibili assassini al momento del delitto. Ci diranno i movimenti dell'assassino”. In attesa degli ulteriori approfondimenti scientifici e investigativi, la cittadinanza di Brembate manifesta tutto il suo affetto; in occasione della “Strabrembate”, la gara podistica avvenuta domenica 20 marzo, infatti è stato osservato un minuto di silenzio per ricordare la piccola Yara. Gli stessi genitori della giovane hanno detto che è giusto che tutto proceda come sempre perché il paese deve continuare a vivere normalmente.
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