Yara: "Uccisa davanti al cancello"

di Roberta Calò. I genitori di Yara Gambirasio, a cui non è ancora stato restituita la salma, rendono noto che vorrebbero seppellire la figlia nella medesima tomba dei nonni paterni, Romano e Maria. Forse quello che si cerca è di offrire almeno dopo le sofferenze che la giovane ha vissuto in vita, di offrirle un riparo sicuro dopo la morte, lì stretta nell’abbraccio di due persone che la proteggano con il loro amore. La scelta, sicuramente dettata dal desiderio dei coniugi Gambirasio di tenere unita anche se in senso lato la famiglia, non manca di coincidenze. Ironia della sorte la tomba dovrebbe infatti sorgere a circa 200 metri dal centro sportivo, luogo dove si allenava per crescere in ginnastica ritmica, sua grande passione, e da via Merlotti, luogo della scomparsa. Non si conosce ancora la data in cui verranno celebrati i funerali in qunato cil corpo è ancora nelle mani dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, incaricata di portare avanti le indagini sulle tracce biologiche ritrovate e sulle ferite inferte alla vittima. Queste ultime sono state oggetto di numerose versioni che però gli inquirenti non hanno mai confermato. L’ultima potrebbe essere quella descritta nel corso della trasmissione “Chi l’ha visto?” andata in onda la sera del 16 marzo, per cui i segni sulla schiena potrebbero indicare un simbolo in ginnastica ritmica, lo sport praticato dalla giovane, di un esercizio praticato con la palla. Nel corso della stessa trasmissione, la conduttrice Federica Sciarelli avrebbe intervistato una guardia giurata che sosteneva: “Ho visto dei piedi che si muovevano per terra, ho sentito parlare forte e urlare”. Il testimone collega il resoconto alla stessa sera in cui è scomparsa Yara ma conclude affermando di aver pensato ad una lite tra fidanzati avendo visto un uomo e una donna ma non la ragazzina.
Intanto il giornale Panorama annuncia che verranno portati a conoscenza dell’opinione pubblica dettagli ancora sconosciuti. Infatti a dicembre gli investigatori avevano fermato un giovane marocchino che, nel corso di una conversazione telefonica, aveva pronunciato una frase tradotta erroneamente come “Allah mi perdoni, non l'ho uccisa io”, anziché “Allah mi protegga”. L’errore interpretativo ha concesso all’uomo, inizialmente incriminato, di essere prosciolto da ogni accusa e di tornare in libertà. In realtà esisterebbe una seconda intercettazione, sempre a carico dell’uomo, di una telefonata con la sua fidanzata a cui avrebbe riferito: “L'hanno uccisa davanti al cancello”. Sulla versione questa volta concordano tre interpreti della procura ma a quanto pare la dichiarazione non sarebbe stata messa agli atti nel fascicolo d'indagine e così le parole non vengono contestate a Fikri quando viene interrogato dal sostituto procuratore di Bergamo, Letizia Ruggeri, lunedì 6 dicembre. Roberta Barbieri, avvocato del muratore marocchino che lavorava nel cantiere di Mappello anche nel periodo in cui è scomparsa Yara, ha dichiarato: “Di tutto questo non so nulla. Questa frase non è inserita né nei verbali dell'interrogatorio del 5 dicembre davanti al pubblico ministero, né in quelli dell'udienza di convalida davanti al Gip, il giorno successivo, il 6 dicembre”. Anche il procuratore Ruggeri ha mal visto l’iniziativa del giornale Panorama commentando: “Agli atti c'è tutto, non manca una virgola, compresi i brogliacci delle intercettazioni. Tutto è coperto da segreto istruttorio e quindi non confermo né smentisco quel particolare”.

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