di Nicola Ricchitelli. «A Barletta sono nato, nella sua periferia sono cresciuto, nei campi abbandonati sotto casa ho imparato a tirare calci al pallone, ero bravo, ma volevo dei campi di calcio veri su cui vedere giocare i ragazzini. La mia condizione di vita personale, semplice, mi ha spinto a sollevarmi sulle punte per arrivare a vedere più lontano e a mostrare quello stesso orizzonte agli altri, alla città , portarla sempre più vicino a quel punto lontano che, per fortuna, non raggiungeremo mai, perché deve esserci sempre un margine di miglioramento». Parole di un socialista ma soprattutto parole di Franco Pastore consigliere regionale(Psi - Gruppo Misto) e candidato alle prossime elezioni amministrative al consiglio comunale. Nel consueto appuntamento quotidiano dedicato allo speciale amministrative, quest’oggi ospitiamo Franco Pastore del Partito Socialista. Un'intervista che ha toccato le tante battaglie condotte da uno dei maggiori esponenti del Partito Socialista qui a Barletta - nonché uno dei politici di lungo corso - e quindi inevitabile il riferimento alle sue tante battaglie combattute al fianco dei carcerati, alla sua attività di consigliere regionale – un anno fa circa l’elezione in via Capruzzi – oltre a voler fare un bilancio del suo pluriennale impegno politico con sempre nelle vene quel sangue socialista, quell’essere socialista che vuol dire e vorrà sempre dire: «Mettere tutti nelle condizioni di poter vivere dignitosamente».
D: Finalmente un saluto a Franco Pastore del Partito Socialista – consigliere regionale Gruppo Misto-Psi – da Giornale di Puglia. Franco, un anno fa giungeva la tua elezione al consiglio; un anno dopo cosa ci puoi raccontare della tua esperienza in Via Capruzzi?
R:«E’ un impegno che mi riempie di responsabilità perché rappresento la regione e, in regione, anche la mia città , il territorio di cui fa parte e al quale Barletta sovrintende come capoluogo di provincia. È fondamentale che una città abbia dei suoi rappresentanti nel consiglio regionale, ci sono state anche volte in cui con gli altri colleghi barlettani abbiamo congiuntamente, come sulla sede legale della Asl due giorni fa. A chi se lo stia chiedendo mi preme dire che non solo è possibile conciliare il ruolo di consigliere regionale con quello di consigliere comunale, è in più auspicabile, per incrociare in maniera diretta le esigenze del proprio comune con le possibilità offerte dalla regione, per una azione forte, consapevole, efficace».
D: Franco, in anteprima ti anticipiamo un articolo che uscirà tra qualche giorno sulla compravendita del voto. Queste le tariffe: 50 euro in caso di vittoria, 30 in caso di sconfitta ai rappresentanti di lista, con l’assicurazione che lo stesso rappresentante di lista voti il candidato che rappresenterà . Quale il suo parere sulla compravendita del voto? È da considerarsi sintomo di mancanza di fiducia nei confronti della politica? Mancanza di cultura o solo malcostume?
R:«C’è tutto quello a cui lei fa riferimento, c’è la domanda e l’offerta, è un mercato in piena regola in cui il bene che si aliena è la democrazia, la libertà , il principio di decidere chi debba rappresentarci. Perché? Perché i cittadini credono, e a volte ne hanno ben donde di farlo, che coloro che eleggono non vanno a rappresentare i loro interessi bensì i propri. Se questo però è l’esame di quanto accade non ne rappresenta l’assoluzione. Il proprio voto non ha valore. Io non voglio essere o sembrare né retorico né politicamente romantico, ma almeno non diamo per scontato quanto ottenuto con battaglie difficili, dure e lunghe. Un tempo votava chi era ricco, decideva chi era ricco, le donne votano solo dal 1946, da quando scegliemmo di vivere da cittadini in una repubblica e non da sudditi in una monarchia. Dimostriamo di essere cittadini».
D: Franco Pastore e Antonio Carpagnano: segni particolari? Socialisti. Franco, che significa essere socialista nel 2011?
R:«Quello che ha sempre significato, giustizia sociale, lavoro, essere contro le guerre, anche contro l’ultima in Libia ovviamente, garantire i diritti alle persone, che abbiano una casa e possano curarsi e avere un lavoro e un reddito per farlo. Mettere tutti nelle condizioni di poter vivere dignitosamente. Questo vuol dire socialismo».
D: Franco, la politica oggi può dirsi ancora una condivisione di idee o prevale più l’opportunismo? Come giudica le circa dieci candidature a sindaco? Sono sintomo di un bipolarismo ormai allo sfascio e che quindi sta smarrendo con il passare dei giorni la propria identità o siamo dinnanzi ad una sorta di politicanti allo sbaraglio in cerca di gloria? Come giudica i tanti cambi di casacca che ha visto protagonisti molti esponenti politici locali?
R:«Non sempre deve esserci condivisione di idee in politica, anzi è meglio che ce ne siano tante e differenti, che ci sia dialettica, agonè democratica. Per quanto riguarda l’opportunismo si tratta invece di un comportamento e di una tendenza che caratterizza i rapporti umani di qualsiasi natura e al quale, purtroppo, la politica non si sottrae. Certo se prevale, soprattutto in politica, ne compromette l’essenza stessa, l’agire per gli altri. Dieci candidature o quante ne saranno alla fine sono tante, è evidente. Ma è quello che significano che è peggio. C’è il bipolarismo che non va bene per il nostro paese, c’è in alcuni casi l’andare allo sbaraglio, c’è il ruolo dei partiti che si è assottigliato, c’è che tra la mia e la generazione politica successiva è come se fossero venuti meno dei tabu, in senso positivo, e così chiunque ci può provare. Non è così. I cambi di casacca? A molti piace trovarsi sul carro del vincitore quando solleva lo scettro».
D: Quali sono stati i suoi modelli politici? Quanto la politica ti ha dato e quanto ti ha tolto nell’arco della tua pluriennale militanza politica? Quale il ricordo più bello che conservi dentro di te e quale il momento meno esaltante della tua carriera politica?
R:«I miei modelli sono Turati, Nenni, Pertini e Craxi. Devo dire che la politica mi ha dato molto, sia sul piano personale sia sociale. Ha arricchito me e mi ha fornito strumenti utili e che mi hanno permesso di aiutare gli altri. E’ vero, mi ha tolto del tempo, quello da dedicare alla famiglia, che a volte ho sacrificato, ma sapevo di poter contare su una compagna di vita, mia moglie, la quale è stata capace di colmare alcune mie assenze occupandosi di me e dei nostri figli meravigliosamente, pur lavorando anche lei. Facendo un bilancio, alla politica ho dato più di quello che ne ho ricevuto, ma forse cosi deve essere! I ricordi più belli nella mia mente sono visivi, sono occhi colmi di gioia, luccicanti più di un sorriso, sono gli sguardi di quelle persone con le quali abbiamo raggiunto un traguardo, siamo arrivati alla fine di una battaglia, di un problema. Tuttavia ci sono momenti meno esaltanti, sono quelli che nascono dalla frustrazione che vivo ogni volta che invece disattendo alle loro aspettative».
D: Franco, non è passato inosservato nel corso degli anni il tuo impegno nei confronti dei carcerati: a ferragosto dello scorso anno infatti hai preferito una visita alla casa circondariale di Trani ad un ombrellone e ad una spiaggia. Da cosa nasce questa tua particolare sensibilità , è cosa ti lascia dentro una visita tra le stanze di un carcere?
R:«Al carcere ci sono pure tornato molte altre volte e per i detenuti, insieme ai miei collaboratori, al coordinamento dei giovani socialisti abbiamo lavorato anche dall’esterno. In carcere abbiamo portato la musica, quella classica nel femminile, quella neomelodica al maschile. Fuori, ai nostri amici e parenti e per strada, abbiamo venduto i taralli prodotti dai detenuti, assunti dalla cooperativa Campo dei Miracoli. Quel lavoro gli regala la possibilità concreta di un futuro dopo la pena, di una vita diversa, nella regola. Abbiamo pensato anche ai figli dei detenuti e delle detenute. Che la pena da scontare sia a tempo sia che si tratti di casi di “Fine pena mai”, i detenuti sono persone e vanno rispettate. Mi sto battendo affinché la figura del garante divenga nella nostra regione una realtà e non resti sulla carta ancora a lungo. Poi c’è il problema del sovraffollamento, della carenza di personale. Una settimana fa sono tornato a Trani per questo motivo, incontrando gli agenti di polizia penitenziaria in sciopero».
D: Un altro tuo intervento di recente pubblicazione riguarda la questione rom, e in particolar modo il campo di Via Barberini. Come mai il problema viene costantemente ignorato dalle varie amministrazioni che si avvicendano in Corso Vittorio Emanuele?
R:«Il progetto per spostare quel campo esiste, lo abbiamo redatto, deve concretizzarsi. Ora bambini non ce ne sono, o sono davvero pochi, ma negli anni hanno frequentato le nostre scuole. Non possono utilizzare l’acqua fredda di una fontana pubblica per lavarsi. Oramai sono stanziali non sono nomadi coloro che ci vivono e civiltà vuole che si dia loro un luogo degno con un minimo di servizi».
D: Si stanno concludendo questi cinque anni di amministrazione Maffei. Dal tuo punto di vista quanto Barletta è cambiata in questi cinque anni, e cosa ci lascia in eredità questa amministrazione nel bene e nel male e che voto ne diamo?
R:«Io faccio parte della stessa coalizione di Nicola Maffei e ho fatto parte della sua amministrazione e ho, pertanto, il privilegio di poter dire anche in questa occasione quello che non ho mai taciuto al diretto interessato, le critiche che gli ho rivolto. Maffei, a volte, ha avuto una condotta immobilista, altre ha deciso e poi comunicato senza processi partecipativi o di coinvolgimento alcuno. Questo è stato il suo limite e le decisioni e i provvedimenti improntati a tali criteri rappresentano le ombre della sua amministrazione. Si può fare meglio, si deve fare meglio. L’operazione culturale di De Nittis è stata positiva ed efficace, non dimentichiamo il resto però. Non voglio dare voti, non mi piace, forse perché non ero il primo della classe».
D: Franco, analizziamo un po’ di dati: lo scorso anno il 40% degli elettori – in occasione delle regionali – non ha votato, cosa si sente di dire a questa parte di elettorato?
R:«La stessa cosa che ho detto rispondendo alla domanda sulla compravendita del voto, che quanto oggi ci sembra scontato non è sempre stato così. A votare si va, fosse anche per esprimere la propria protesta. Non votare vuol dire realizzare il paradosso di mettersi dalla parte di chi ci ha disgustato a tal punto da spingerci a non farlo. Ricordatelo!».
D: Cosa si aspetta da questa campagna elettorale, viste le tante forze pronte a scendere in campo? Perché un elettore dovrebbe votare Franco Pastore al consiglio comunale?
R:«Perché col carattere che mi ritrovo non ho mai potuto ingannare alcuno, ho il difetto, e non lo dico per simulare modestia, di non sapermi tenere nulla, di dire quello che penso. Non mi improvviso, non sono superficiale, sono molto severo con me stesso e vado a fondo alle questioni, l’ho dimostrato con la 167. A Barletta sono nato, nella sua periferia sono cresciuto, nei campi abbandonati sotto casa ho imparato a tirare calci al pallone, ero bravo, ma volevo dei campi di calcio veri su cui vedere giocare i ragazzini. La mia condizione di vita personale, semplice, mi ha spinto a sollevarmi sulle punte per arrivare a vedere più lontano e a mostrare quello stesso orizzonte agli altri, alla città , portarla sempre più vicino a quel punto lontano che, per fortuna, non raggiungeremo mai, perché deve esserci sempre un margine di miglioramento. Mi chiede come sarà la campagna elettorale? Si sta svolgendo mentre noi parliamo. Ci sono tante facce e altrettanto palesate buone intenzioni. Ai cittadini chiedo di farsi una domanda quando andranno a votare. Chiedetevi perché quello lì o quella lì, le donne sono poche a dire il vero, si è candidato, anzi se vi capita chiedetelo ai diretti interessati, avete il diritto di saperlo».
D: Finalmente un saluto a Franco Pastore del Partito Socialista – consigliere regionale Gruppo Misto-Psi – da Giornale di Puglia. Franco, un anno fa giungeva la tua elezione al consiglio; un anno dopo cosa ci puoi raccontare della tua esperienza in Via Capruzzi?
R:«E’ un impegno che mi riempie di responsabilità perché rappresento la regione e, in regione, anche la mia città , il territorio di cui fa parte e al quale Barletta sovrintende come capoluogo di provincia. È fondamentale che una città abbia dei suoi rappresentanti nel consiglio regionale, ci sono state anche volte in cui con gli altri colleghi barlettani abbiamo congiuntamente, come sulla sede legale della Asl due giorni fa. A chi se lo stia chiedendo mi preme dire che non solo è possibile conciliare il ruolo di consigliere regionale con quello di consigliere comunale, è in più auspicabile, per incrociare in maniera diretta le esigenze del proprio comune con le possibilità offerte dalla regione, per una azione forte, consapevole, efficace».
D: Franco, in anteprima ti anticipiamo un articolo che uscirà tra qualche giorno sulla compravendita del voto. Queste le tariffe: 50 euro in caso di vittoria, 30 in caso di sconfitta ai rappresentanti di lista, con l’assicurazione che lo stesso rappresentante di lista voti il candidato che rappresenterà . Quale il suo parere sulla compravendita del voto? È da considerarsi sintomo di mancanza di fiducia nei confronti della politica? Mancanza di cultura o solo malcostume?
R:«C’è tutto quello a cui lei fa riferimento, c’è la domanda e l’offerta, è un mercato in piena regola in cui il bene che si aliena è la democrazia, la libertà , il principio di decidere chi debba rappresentarci. Perché? Perché i cittadini credono, e a volte ne hanno ben donde di farlo, che coloro che eleggono non vanno a rappresentare i loro interessi bensì i propri. Se questo però è l’esame di quanto accade non ne rappresenta l’assoluzione. Il proprio voto non ha valore. Io non voglio essere o sembrare né retorico né politicamente romantico, ma almeno non diamo per scontato quanto ottenuto con battaglie difficili, dure e lunghe. Un tempo votava chi era ricco, decideva chi era ricco, le donne votano solo dal 1946, da quando scegliemmo di vivere da cittadini in una repubblica e non da sudditi in una monarchia. Dimostriamo di essere cittadini».
D: Franco Pastore e Antonio Carpagnano: segni particolari? Socialisti. Franco, che significa essere socialista nel 2011?
R:«Quello che ha sempre significato, giustizia sociale, lavoro, essere contro le guerre, anche contro l’ultima in Libia ovviamente, garantire i diritti alle persone, che abbiano una casa e possano curarsi e avere un lavoro e un reddito per farlo. Mettere tutti nelle condizioni di poter vivere dignitosamente. Questo vuol dire socialismo».
D: Franco, la politica oggi può dirsi ancora una condivisione di idee o prevale più l’opportunismo? Come giudica le circa dieci candidature a sindaco? Sono sintomo di un bipolarismo ormai allo sfascio e che quindi sta smarrendo con il passare dei giorni la propria identità o siamo dinnanzi ad una sorta di politicanti allo sbaraglio in cerca di gloria? Come giudica i tanti cambi di casacca che ha visto protagonisti molti esponenti politici locali?
R:«Non sempre deve esserci condivisione di idee in politica, anzi è meglio che ce ne siano tante e differenti, che ci sia dialettica, agonè democratica. Per quanto riguarda l’opportunismo si tratta invece di un comportamento e di una tendenza che caratterizza i rapporti umani di qualsiasi natura e al quale, purtroppo, la politica non si sottrae. Certo se prevale, soprattutto in politica, ne compromette l’essenza stessa, l’agire per gli altri. Dieci candidature o quante ne saranno alla fine sono tante, è evidente. Ma è quello che significano che è peggio. C’è il bipolarismo che non va bene per il nostro paese, c’è in alcuni casi l’andare allo sbaraglio, c’è il ruolo dei partiti che si è assottigliato, c’è che tra la mia e la generazione politica successiva è come se fossero venuti meno dei tabu, in senso positivo, e così chiunque ci può provare. Non è così. I cambi di casacca? A molti piace trovarsi sul carro del vincitore quando solleva lo scettro».
D: Quali sono stati i suoi modelli politici? Quanto la politica ti ha dato e quanto ti ha tolto nell’arco della tua pluriennale militanza politica? Quale il ricordo più bello che conservi dentro di te e quale il momento meno esaltante della tua carriera politica?
R:«I miei modelli sono Turati, Nenni, Pertini e Craxi. Devo dire che la politica mi ha dato molto, sia sul piano personale sia sociale. Ha arricchito me e mi ha fornito strumenti utili e che mi hanno permesso di aiutare gli altri. E’ vero, mi ha tolto del tempo, quello da dedicare alla famiglia, che a volte ho sacrificato, ma sapevo di poter contare su una compagna di vita, mia moglie, la quale è stata capace di colmare alcune mie assenze occupandosi di me e dei nostri figli meravigliosamente, pur lavorando anche lei. Facendo un bilancio, alla politica ho dato più di quello che ne ho ricevuto, ma forse cosi deve essere! I ricordi più belli nella mia mente sono visivi, sono occhi colmi di gioia, luccicanti più di un sorriso, sono gli sguardi di quelle persone con le quali abbiamo raggiunto un traguardo, siamo arrivati alla fine di una battaglia, di un problema. Tuttavia ci sono momenti meno esaltanti, sono quelli che nascono dalla frustrazione che vivo ogni volta che invece disattendo alle loro aspettative».
D: Franco, non è passato inosservato nel corso degli anni il tuo impegno nei confronti dei carcerati: a ferragosto dello scorso anno infatti hai preferito una visita alla casa circondariale di Trani ad un ombrellone e ad una spiaggia. Da cosa nasce questa tua particolare sensibilità , è cosa ti lascia dentro una visita tra le stanze di un carcere?
R:«Al carcere ci sono pure tornato molte altre volte e per i detenuti, insieme ai miei collaboratori, al coordinamento dei giovani socialisti abbiamo lavorato anche dall’esterno. In carcere abbiamo portato la musica, quella classica nel femminile, quella neomelodica al maschile. Fuori, ai nostri amici e parenti e per strada, abbiamo venduto i taralli prodotti dai detenuti, assunti dalla cooperativa Campo dei Miracoli. Quel lavoro gli regala la possibilità concreta di un futuro dopo la pena, di una vita diversa, nella regola. Abbiamo pensato anche ai figli dei detenuti e delle detenute. Che la pena da scontare sia a tempo sia che si tratti di casi di “Fine pena mai”, i detenuti sono persone e vanno rispettate. Mi sto battendo affinché la figura del garante divenga nella nostra regione una realtà e non resti sulla carta ancora a lungo. Poi c’è il problema del sovraffollamento, della carenza di personale. Una settimana fa sono tornato a Trani per questo motivo, incontrando gli agenti di polizia penitenziaria in sciopero».
D: Un altro tuo intervento di recente pubblicazione riguarda la questione rom, e in particolar modo il campo di Via Barberini. Come mai il problema viene costantemente ignorato dalle varie amministrazioni che si avvicendano in Corso Vittorio Emanuele?
R:«Il progetto per spostare quel campo esiste, lo abbiamo redatto, deve concretizzarsi. Ora bambini non ce ne sono, o sono davvero pochi, ma negli anni hanno frequentato le nostre scuole. Non possono utilizzare l’acqua fredda di una fontana pubblica per lavarsi. Oramai sono stanziali non sono nomadi coloro che ci vivono e civiltà vuole che si dia loro un luogo degno con un minimo di servizi».
D: Si stanno concludendo questi cinque anni di amministrazione Maffei. Dal tuo punto di vista quanto Barletta è cambiata in questi cinque anni, e cosa ci lascia in eredità questa amministrazione nel bene e nel male e che voto ne diamo?
R:«Io faccio parte della stessa coalizione di Nicola Maffei e ho fatto parte della sua amministrazione e ho, pertanto, il privilegio di poter dire anche in questa occasione quello che non ho mai taciuto al diretto interessato, le critiche che gli ho rivolto. Maffei, a volte, ha avuto una condotta immobilista, altre ha deciso e poi comunicato senza processi partecipativi o di coinvolgimento alcuno. Questo è stato il suo limite e le decisioni e i provvedimenti improntati a tali criteri rappresentano le ombre della sua amministrazione. Si può fare meglio, si deve fare meglio. L’operazione culturale di De Nittis è stata positiva ed efficace, non dimentichiamo il resto però. Non voglio dare voti, non mi piace, forse perché non ero il primo della classe».
D: Franco, analizziamo un po’ di dati: lo scorso anno il 40% degli elettori – in occasione delle regionali – non ha votato, cosa si sente di dire a questa parte di elettorato?
R:«La stessa cosa che ho detto rispondendo alla domanda sulla compravendita del voto, che quanto oggi ci sembra scontato non è sempre stato così. A votare si va, fosse anche per esprimere la propria protesta. Non votare vuol dire realizzare il paradosso di mettersi dalla parte di chi ci ha disgustato a tal punto da spingerci a non farlo. Ricordatelo!».
D: Cosa si aspetta da questa campagna elettorale, viste le tante forze pronte a scendere in campo? Perché un elettore dovrebbe votare Franco Pastore al consiglio comunale?
R:«Perché col carattere che mi ritrovo non ho mai potuto ingannare alcuno, ho il difetto, e non lo dico per simulare modestia, di non sapermi tenere nulla, di dire quello che penso. Non mi improvviso, non sono superficiale, sono molto severo con me stesso e vado a fondo alle questioni, l’ho dimostrato con la 167. A Barletta sono nato, nella sua periferia sono cresciuto, nei campi abbandonati sotto casa ho imparato a tirare calci al pallone, ero bravo, ma volevo dei campi di calcio veri su cui vedere giocare i ragazzini. La mia condizione di vita personale, semplice, mi ha spinto a sollevarmi sulle punte per arrivare a vedere più lontano e a mostrare quello stesso orizzonte agli altri, alla città , portarla sempre più vicino a quel punto lontano che, per fortuna, non raggiungeremo mai, perché deve esserci sempre un margine di miglioramento. Mi chiede come sarà la campagna elettorale? Si sta svolgendo mentre noi parliamo. Ci sono tante facce e altrettanto palesate buone intenzioni. Ai cittadini chiedo di farsi una domanda quando andranno a votare. Chiedetevi perché quello lì o quella lì, le donne sono poche a dire il vero, si è candidato, anzi se vi capita chiedetelo ai diretti interessati, avete il diritto di saperlo».