TOKYO. Dopo numerosi tentativi andati a vuoto, i tecnici al lavoro nella centrale atomica giapponese di Fukushima Daiichi 1 sono finalmente riusciti a tappare la falla che si era aperta in una delle vasche di contenimento del reattore numero due, e dalla quale per giorni e' fuoriuscita acqua estremamente radioattiva che in parte si infiltrava nel sottosuolo e per il resto si riversava in mare: l'esito dell'intervento e' stato annunciato da fonti della compagnia elettrica 'Tepco', che gestisce il disastrato impianto nucleare. Per chiudere la falla, una crepa lunga una ventina di centimetri nel muro perimetrale della vasca, e' stato impiegato il cosiddetto 'water glass', o vetro liquido: cioe' una soluzione altamente concentrata di silicato di sodio, che si usa in genere come isolante nei materiali da costruzione, e la cui consistenza vischiosa la rende anche molto adattabile alle specifiche caratteristiche della breccia di volta in volta da tamponare. Iniettato anche nel terreno, il vetro liquido lo ha consolidato abbastanza da impedire ulteriori perdite.
L'operazione si e' conclusa alle 05:38 del mattino ora locale, quando in Italia erano le 22,38 di ieri. Nell'acqua di scolo dalla vasca erano stati riscontrati livelli di radioattivita' superiori ai 1.000 millisievert. Si ritiene che la crepa fosse responsabile della dispersione nell'ambiente di un quantitativo di iodio-131 ben quattromila volte superiore agli standard di legge. Per porre fine alla fuoriuscita era stato tentato davvero di tutto: iniezioni di cemento liquido o di calcestruzzo, occlusione delle tubature del reattore mediante uno speciale polimero a elevato potere assorbente, persino il ricorso a giornali pressati e segatura.
L'operazione si e' conclusa alle 05:38 del mattino ora locale, quando in Italia erano le 22,38 di ieri. Nell'acqua di scolo dalla vasca erano stati riscontrati livelli di radioattivita' superiori ai 1.000 millisievert. Si ritiene che la crepa fosse responsabile della dispersione nell'ambiente di un quantitativo di iodio-131 ben quattromila volte superiore agli standard di legge. Per porre fine alla fuoriuscita era stato tentato davvero di tutto: iniezioni di cemento liquido o di calcestruzzo, occlusione delle tubature del reattore mediante uno speciale polimero a elevato potere assorbente, persino il ricorso a giornali pressati e segatura.
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