Libri: la chiesa San Pasquale di Bari e il mosaico 'Dies domini'

di Vittorio Polito. Conservare la memoria storica della propria città significa ricordare fatti, avvenimenti, cose, persone, monumenti, ecc. A dare un contributo in tal senso ci ha pensato Pio Corbo, armato dal desiderio di non lasciar perdere un patrimonio storico, almeno per quanto riguarda il Rione San Pasquale, con il volume “La Chiesa di San Pasquale in Bari” edito, qualche anno fa, da Levante Editori (pagine 332, € 33.57), ma certamente attuale per chi non ne fosse a conoscenza.
L’iniziativa di Corbo è quanto mai lodevole poiché, pur non essendo nato a Bari, ha pensato di scrivere l’opera in occasione del cinquantenario del suo matrimonio, avvenuto appunto in quella Parrocchia il 4 dicembre 1944, lasciando così ai concittadini d’adozione ed ai posteri, una testimonianza concreta di quelle che furono le preoccupazioni dell’allora Arcivescovo Mons. Giulio Vaccaro. Quest’ultimo decretò (26 giugno 1916), l’erezione della Parrocchia di San Pasquale per soddisfare le esigenze spirituali dei cittadini del rione, ma anche perché si preoccupò del grosso “Complesso Russo” presente nelle immediate vicinanze e per arginare la propaganda degli “Ortodossi russi”.
Il volume, che oltre a fornire alcuni cenni storici su Bari e il suo territorio, ricorda la istituzione della circoscrizione ecclesiastica, i parroci e i coadiutori che si sono succeduti, l’opera pastorale, le Associazioni, il patrimonio della Parrocchia, documentando ampiamente tutti i passaggi relativi a donazioni e lasciti. L’autore descrive con precisione il monumentale e prezioso altare settecentesco, vera opera d’arte, ben conservato nella Cappella del SS. Sacramento, con l’interpretazione dei simboli e delle figure scolpite. Detto altare è proveniente dalla diroccata Chiesa di S. Maria della città vecchia, come si legge nell’epigrafe a destra del transetto. Insomma un piccolo museo ed un raro archivio aperto a tutti coloro che desiderano sapere origine, storia e cronaca della Parrocchia che ha da poco superato gli ottant’anni di vita.
Il lavoro da certosino eseguito da Corbo è rappresentato, non solo dalla puntuale ricerca della ricca documentazione amministrativa e fotografica, che porta il lettore per mano nell’itinerario della storia e della edificazione della Chiesa, ma soprattutto dall’amore e dalla passione per la “sua” chiesa, acquisita, attraverso la consorte barese. Infatti, nato a Monteverde (AV) si trasferisce a Bari e dopo gli studi filosofici si laurea in Giurisprudenza, operando attivamente nel mondo della scuola, dell’industria, delle attività sindacali, cooperativistiche e sociali.
Don Marco Mancini, parroco pro-tempore, nel presentare l’opera, afferma che «Il non facile compito di ricerca e interpretazione di documenti d’archivio, fotografie, ricordi di persone che per tanti anni sono stati parte attiva nella vita parrocchiale è stato portato avanti con perseverante volontà di non perdere la memoria non solo di un territorio e di una popolazione che hanno quasi trovato una loro identità attorno alla Chiesa di S. Pasquale, ma anche di quella costruzione di una comunità cristiana che tuttora è vivace e convinta di un ruolo importante proprio nella testimonianza e nella trasmissione dei valori ricevuti come patrimonio da trasmettere con fedeltà». Inoltre, esprime «...un grazie riconoscente e ammirato a Pio Corbo per il suo preziosissimo lavoro, che fissa sulla carta elementi di conoscenza della storia della comunità religiosa di San Pasquale», che condividiamo appieno.
La Chiesa di San Pasquale in Bari, situata a metà tra la Chiesa Russa, che rappresenta l’ortodossia russa nella nostra città, e la Cattedrale, quale emblema del cattolicesimo barese, può rappresentare l’epicentro strutturale dell’ecumenismo, vocazione storica della città di Bari.
L’edificio religioso, disponendo di un’abside incavata in modo che esce un arco trionfale, si è prestata adeguatamente ad ospitare il mosaico iconografico e teologico “Dies Domini” (giorno del Signore), costituito tra il Triduo pasquale e la Pentecoste, arco di tempo in cui si sintetizza tutta la teologia e la spiritualità del giorno del Signore. L’opera è stata ideata e realizzata da padre Marco Ivan Rupnik ed inaugurata in occasione del 24° Congresso Eucaristico Nazionale che si è svolse a Bari nel maggio 2005.
Padre Rupnik, è direttore del Centro Aletti di Roma, insegna al Pontificio Istituto Orientale, alla Pontificia Università Gregoriana, al Pontificio Istituto Liturgico S. Anselmo e tiene corsi e seminari presso numerose istituzioni accademiche europee. Dal 1999 è consigliere del Pontificio Consiglio per la Cultura. Tra le sue opere la Cappella di Giovanni Paolo II, “Redemptoris Mater” ed il nuovo Santuario di San Giovanni Rotondo, dedicato a San Pio.
Il Cristo pantocratore che sovrasta l’intera opera è diviso in due dimensioni: da una parte il giudice, più duro e severo; dall’altra la misericordia e la bontà. Ma l’iconografia è ricchissima: dall’ultima Cena alla Crocifissione, a San Pasquale, San Nicola, San Pio, San Sabino, l’Arcangelo Gabriele, la Vergine Maria, ecc. Tutte figure che non devono avere nulla che possono distrarre, non devono disturbare il raccoglimento, non devono provocare la mente, come sostiene padre Rupnik, per far emergere il gesto, lo sguardo, l’atteggiamento attraverso i quali passa il messaggio di natura teologica e non psicologica.
L’elemento decorativo è stato ispirato dai risultati delle tecniche del ventesimo secolo alle quali l’autore ha fatto abilmente ricorso, armonizzando i diversi materiali, di diverse dimensioni, luci e opachi, luminosi e spenti, chiari e scuri, intensi ed eterei. Si tratta delle dinamiche e dei movimenti.
Anche per i colori vi è stata una specifica scelta dal momento che nell’arte dei cristiani, segue e sviluppa il significato spirituale. Il rosso, ad esempio, indica il Divino, il blu l’umano, il verde il cosmico, il bianco lo spirituale, l’oro la santità e la fedeltà di Dio. La struttura del mosaico, dal punto di vista iconografico, rimanda alla cultura ortodossa a rappresentare, quasi, una iconostasi.
Si tratta di un’opera originale e a dir poco stupenda, che fa rimanere incantati dallo splendore e dalla grandezza, ma anche dalla maestosità, dalla solennità, dalla misericordia e la bontà che esprime nella magnificenza delle numerose immagini rappresentate, molto ben coordinate, dalle quali non si può che rimanere affascinati. Infatti, in precedenza l’ambiente non permetteva concentrazione mentre oggi invita alla meditazione.
La realizzazione è stata fortemente voluta dal Parroco, don Dorino, che, insieme alla solidarietà della comunità, l’ha inserita accanto alle tante scelte pastorali programmate sin dal primo giorno del suo incarico.

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