di Nicola Ricchitelli. Se prendi zero voti alle elezioni amministrative i motivi possono essere molti e disparati: ti presenti ai comizi vestito da Prince, durante i comizi ripeti “Ma io non ce volevo venì”, quando la gente ti urla “altri 5 anni!” si riferiscono alla tua sentenza di primo grado, gli spazi pubblicitari che hai comprato sono sul “Barisera” ma sei candidato a Barletta, la campagna elettorale è gestita da Cristiano Malgioglio, vicino al tuo nome sulla scheda c’è scritto “già proprio lui…”, proponi il voto di scambio ma agli elettori non offri manco un caffè, prometti di dedicare una via a “Olindo e Rosa Bazzi”, oppure il tuo slogan è “Vi abbasso le tasse se vi abbassate i pantaloni”. Insomma, scherzi a parte, se Filippo Caracciolo (Pd) e Rossella Piazzola (Pdl) risultano essere i più eletti, numeroso è l’esercito di coloro che non hanno stima neanche per se stessi. La palma dei “Zero Tituli”, o zero voti che dir si voglia, va alla lista “Fiamma – Destra Sociale” che presenta ben quindici candidati con 0 voti, a seguire la lista di Alternativa Comunista e Udc con 13 candidati, quindi La Buona Politica con 10, il Futuro è Oggi con 9, Nuova Generazione, Pdl e Io Sud ne contava 8 a testa, Api e Schituli – Puglia prima di tutto ne contava 6, poi a scendere con numeri diciamo irrisori, quindi Barletta in Rosa, Rifondazione Democristiana e il Mida con 5, Federazione della Sinistra 4 candidati, Fli, Pdc e Sel 3 candidati, Barletta Vale, Verdi e Idv 2 candidati, e quindi Partito Democratico e ViviBarletta cui fenomeno ha riguardato solo un candidato. Viceversa la “Palma d’Oro” di questa speciale classifica va alla lista “Voglio Te” la quale ha visto tutti i 30 candidati della lista avere almeno un minimo di due preferenze.
Chiusa la tornata elettorale, si tirano le somme di questa corsa al Palazzo di città che ha visto ben dieci candidati sindaco e piu di 700 candidati al consiglio comunale, nonchè un numero importante di candidati avere zero preferenze, un fenomeno che dati alla mano ha riguardato ben 138 candidati, 29 per la coalizione di centrosinistra, 47 per il centrodestra, i restanti 62 divisi tra le restanti liste di altre coalizioni, insomma se un candidato al consiglio comunale non ha preso neppure un voto vuol dire che neppure lui si è votato, probabilmente perché non residente nella città presso cui si è candidato e non ha neppure parenti o conoscenti, o perché probabilmente non ha fatto campagna elettorale e nessuno sapeva che era candidato. Ma questo solleva tanti dubbi sulla retorica delle preferenze e sulla composizione delle liste. Il fenomeno in questione avviene in tutte le città ed in tutte le tornate elettorali, ma è meglio soffermarci su quanto accaduto a Barletta. Dicevamo: dei circa 700 candidati al Consiglio Comunale ben 138 candidati hanno preso zero voti, mentre altri 56 hanno preso uno soltanto. II fenomeno dei candidati che prendono zero voti si perde nella notte dei tempi, volenterosi che mettono il nome, e sovente la faccia, per una causa che talvolta neppure li riguarda. Si sacrificano perché non possono dire di no, e molte volte sono in lista senza neppure saperlo. La novità di questa tornata elettorale è che gli "zerotituli" siano comparsi in alcune liste forti e vincenti. Come si spiega questa tendenza? Semplice: si crea una massa critica per convogliare il maggior numero di candidati e quindi di liste. Naturalmente quando un candidato a sindaco assembla liste deve saper miscelare gli apporti, altrimenti capita una cannibalizzàzione selvaggia tra i partecipanti che accade comunque. Infatti succede che un candidato da 800 voti (e sono tanti) non entra in consiglio comunale mentre uno da 500 voti riesce. Ma il problema dei decisori è quella di limitare le tracimazioni. Da qui il dosaggio da farmacista nello smistare i candidati in modo scientifico. Questo mischiare le carte rende difficile risalire alle matrici prettamente partitiche, sicché quando si va a conteggiare la forza di uno o dell'altro partito preso in esame bisogna stare attenti a non valutare esclusivamente i voti del simbolo ufficiale. Un discorso a parte meritano i 56 candidati che hanno preso un solo voto di preferenza: saranno single incalliti per vocazione o per sfiga, chi lo sa, fatto sta che questi non hanno trovato nessuno disposto a votarli: un padre, una madre, un parente, un amico/a, un vicino pietoso, un ragazzo/a del volontariato. Niente di niente.
Chiusa la tornata elettorale, si tirano le somme di questa corsa al Palazzo di città che ha visto ben dieci candidati sindaco e piu di 700 candidati al consiglio comunale, nonchè un numero importante di candidati avere zero preferenze, un fenomeno che dati alla mano ha riguardato ben 138 candidati, 29 per la coalizione di centrosinistra, 47 per il centrodestra, i restanti 62 divisi tra le restanti liste di altre coalizioni, insomma se un candidato al consiglio comunale non ha preso neppure un voto vuol dire che neppure lui si è votato, probabilmente perché non residente nella città presso cui si è candidato e non ha neppure parenti o conoscenti, o perché probabilmente non ha fatto campagna elettorale e nessuno sapeva che era candidato. Ma questo solleva tanti dubbi sulla retorica delle preferenze e sulla composizione delle liste. Il fenomeno in questione avviene in tutte le città ed in tutte le tornate elettorali, ma è meglio soffermarci su quanto accaduto a Barletta. Dicevamo: dei circa 700 candidati al Consiglio Comunale ben 138 candidati hanno preso zero voti, mentre altri 56 hanno preso uno soltanto. II fenomeno dei candidati che prendono zero voti si perde nella notte dei tempi, volenterosi che mettono il nome, e sovente la faccia, per una causa che talvolta neppure li riguarda. Si sacrificano perché non possono dire di no, e molte volte sono in lista senza neppure saperlo. La novità di questa tornata elettorale è che gli "zerotituli" siano comparsi in alcune liste forti e vincenti. Come si spiega questa tendenza? Semplice: si crea una massa critica per convogliare il maggior numero di candidati e quindi di liste. Naturalmente quando un candidato a sindaco assembla liste deve saper miscelare gli apporti, altrimenti capita una cannibalizzàzione selvaggia tra i partecipanti che accade comunque. Infatti succede che un candidato da 800 voti (e sono tanti) non entra in consiglio comunale mentre uno da 500 voti riesce. Ma il problema dei decisori è quella di limitare le tracimazioni. Da qui il dosaggio da farmacista nello smistare i candidati in modo scientifico. Questo mischiare le carte rende difficile risalire alle matrici prettamente partitiche, sicché quando si va a conteggiare la forza di uno o dell'altro partito preso in esame bisogna stare attenti a non valutare esclusivamente i voti del simbolo ufficiale. Un discorso a parte meritano i 56 candidati che hanno preso un solo voto di preferenza: saranno single incalliti per vocazione o per sfiga, chi lo sa, fatto sta che questi non hanno trovato nessuno disposto a votarli: un padre, una madre, un parente, un amico/a, un vicino pietoso, un ragazzo/a del volontariato. Niente di niente.