LECCE. Il disco-pub turba la tranquillita' e il riposo dei cittadini? Scatta il risarcimento per danni morali da movida. Lo ha stabilito la Cassazione operando un giro di vite nei confronti di quei locali notturni che, a causa dei rumori molesti e degli schiamazzi, turbano il sonno degli italiani. In particolare, la prima sezione penale ha convalidato un risarcimento per danni morali pari a 5mila euro nei confronti di Mario L. e del suo nucleo familiare a causa dei disturbi provocati dal disco-pub 'Bloom' di Soleto in provincia di Lecce. Inoltre la Cassazione fa notare che l'articolo 659 del Codice penale che punisce appunto il disturbo della quiete dei cittadini non guarda tanto se siano stati superati i decibel ma si basa su "criteri di normale sensibilita' e tollerabilita' in un determinato contesto socio-ambientale".
Il che, specifica ancor meglio la Cassazione, vuol dire che "l'accertamento acustico operati dai tecnici dell'Arpa, in quanto accertamento di carattere amministrativo trasfuso in atto pubblico, non ha valore peritale ed e' come tale liberamente valutabile dal giudice che puo' basarsi su altri elementi probatori acquisiti agli atti per ritenere i rumori non connaturati al normale esercizio dell'attivita' lavorativa e al normale uso dei suoi mezzi tipici e causa di disturbo della quiete, a prescidere dalla conoscenza dei decibel raggiunti".
In questo modo piazza Cavour ha respinto il ricorso di Andrea T., titolare del disco-pub che, oltre a dovere risarcire la famiglia disturbata con 5mila euro, e' stato anche multato per 300 euro. A scanso di equivoci la Cassazione ricorda che per far scattare la multa prevista dall'art. 659 c.p. "e' necessario che le emissioni sonore rumorose siano potenzialmente idonee a disturbare il riposo o le occupazioni di un numero indeterminato di persone, anche se non tutte siano state poi in concreto disturbate e una sola di esse si sia in concreto lamentata".
Il che, specifica ancor meglio la Cassazione, vuol dire che "l'accertamento acustico operati dai tecnici dell'Arpa, in quanto accertamento di carattere amministrativo trasfuso in atto pubblico, non ha valore peritale ed e' come tale liberamente valutabile dal giudice che puo' basarsi su altri elementi probatori acquisiti agli atti per ritenere i rumori non connaturati al normale esercizio dell'attivita' lavorativa e al normale uso dei suoi mezzi tipici e causa di disturbo della quiete, a prescidere dalla conoscenza dei decibel raggiunti".
In questo modo piazza Cavour ha respinto il ricorso di Andrea T., titolare del disco-pub che, oltre a dovere risarcire la famiglia disturbata con 5mila euro, e' stato anche multato per 300 euro. A scanso di equivoci la Cassazione ricorda che per far scattare la multa prevista dall'art. 659 c.p. "e' necessario che le emissioni sonore rumorose siano potenzialmente idonee a disturbare il riposo o le occupazioni di un numero indeterminato di persone, anche se non tutte siano state poi in concreto disturbate e una sola di esse si sia in concreto lamentata".