di Maria Teresa Lattarulo. Con l’avvento di Internet gran parte delle notizie è ormai reperibile on-line. Da un lato, la rete, rispetto alle tradizionali agenzie di stampa, è una fonte di informazione gratuita, dall’altro presenta lo svantaggio di non poter essere sottoposta a controlli. Ciò pone il problema della responsabilità in caso di diffamazione e dunque del rapporto con la libertà di stampa. Il 5 maggio 2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta in materia con la sentenza nel caso Comitato di redazione del Pravoye Delo e Shtekel c. Ucraina.
Nel settembre 2003, il giornale ucraino Pravoye Delo aveva pubblicato una lettera anonima che era stata scaricata da un sito web di notizie. La lettera conteneva affermazioni secondo le quali gli alti funzionari del Dipartimento regionale del servizio di sicurezza di Odessa erano stati coinvolti in vicende di corruzione e altre attività criminali, anche in connessione con gruppi criminali organizzati. Il giornale aveva fornito il riferimento alla fonte delle informazioni e aveva anche pubblicato un commento da parte della redazione che indicava che le informazioni contenute nella lettera avrebbero potuto essere false e invitava a fornire commenti e altre informazioni correlate da tutte le fonti.
Un mese dopo, il presidente della Federazione nazionale di Thai Boxe, che era qualificato nella lettera come membro di un gruppo criminale, citava in giudizio per diffamazione il comitato di redazione e il direttore del giornale, lamentando che le accuse su di lui erano false e avevano danneggiato la sua dignità e reputazione e ottenendo ragione dalle corti interne.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che tali decisioni di condanna dei giornalisti costituissero una interferenza con la libertà di espressione dei ricorrenti.
Essa ha osservato che la legislazione ucraina, in conformità con la sua giurisprudenza sulla libertà dei giornalisti di diffondere dichiarazioni rese da altri, garantisce loro l'immunità dalla responsabilità civile per la riproduzione integrale del materiale pubblicato dalla stampa. Tuttavia, secondo i giudici nazionali, non esisterebbe una simile immunità per i giornalisti che riproducano materiale da fonti Internet non registrate. A questo proposito, la Corte ha rilevato che non esistono regolamenti nazionali in materia di registrazione da parte dello Stato dei media on-line e che, secondo il Governo, la legge sulla stampa e gli altri atti normativi che regolano i rapporti con i media in Ucraina non contengono disposizioni sullo status dei media on-line o sull'uso delle informazioni ottenute da Internet.
Visto il ruolo che Internet svolge nel contesto delle attività professionali concernenti i media e la sua importanza per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione in generale, la Corte ha ritenuto che l'assenza di un quadro giuridico sufficiente a livello nazionale che consenta ai giornalisti di utilizzare le informazioni ottenute da Internet senza paura di incorrere in sanzioni ostacoli gravemente l'esercizio della funzione vitale della stampa come "cane da guardia pubblico". Data la mancanza di adeguate garanzie nel diritto interno per i giornalisti che utilizzano le informazioni ottenute da Internet, i ricorrenti non potevano prevedere in grado appropriato le conseguenze che la pubblicazione impugnata avrebbe potuto comportare e, pertanto, il requisito di legalità contenuto nel secondo comma dell'articolo 10 della Convenzione non è stato rispettato.
La decisione, particolarmente garantista per i giornalisti secondo la tradizione della Corte, può avere ripercussioni anche nel nostro ordinamento. La giurisprudenza, infatti, condiziona la responsabilità dei giornalisti nei giudizi per diffamazione alla prova della verità della notizia e, in mancanza di una chiara normativa sulle informazioni acquisite da Internet, tale prova sarà a favore del giornalista anche quando le notizie siano fondate su dati desunti dalla rete.
Nel settembre 2003, il giornale ucraino Pravoye Delo aveva pubblicato una lettera anonima che era stata scaricata da un sito web di notizie. La lettera conteneva affermazioni secondo le quali gli alti funzionari del Dipartimento regionale del servizio di sicurezza di Odessa erano stati coinvolti in vicende di corruzione e altre attività criminali, anche in connessione con gruppi criminali organizzati. Il giornale aveva fornito il riferimento alla fonte delle informazioni e aveva anche pubblicato un commento da parte della redazione che indicava che le informazioni contenute nella lettera avrebbero potuto essere false e invitava a fornire commenti e altre informazioni correlate da tutte le fonti.
Un mese dopo, il presidente della Federazione nazionale di Thai Boxe, che era qualificato nella lettera come membro di un gruppo criminale, citava in giudizio per diffamazione il comitato di redazione e il direttore del giornale, lamentando che le accuse su di lui erano false e avevano danneggiato la sua dignità e reputazione e ottenendo ragione dalle corti interne.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che tali decisioni di condanna dei giornalisti costituissero una interferenza con la libertà di espressione dei ricorrenti.
Essa ha osservato che la legislazione ucraina, in conformità con la sua giurisprudenza sulla libertà dei giornalisti di diffondere dichiarazioni rese da altri, garantisce loro l'immunità dalla responsabilità civile per la riproduzione integrale del materiale pubblicato dalla stampa. Tuttavia, secondo i giudici nazionali, non esisterebbe una simile immunità per i giornalisti che riproducano materiale da fonti Internet non registrate. A questo proposito, la Corte ha rilevato che non esistono regolamenti nazionali in materia di registrazione da parte dello Stato dei media on-line e che, secondo il Governo, la legge sulla stampa e gli altri atti normativi che regolano i rapporti con i media in Ucraina non contengono disposizioni sullo status dei media on-line o sull'uso delle informazioni ottenute da Internet.
Visto il ruolo che Internet svolge nel contesto delle attività professionali concernenti i media e la sua importanza per l'esercizio del diritto alla libertà di espressione in generale, la Corte ha ritenuto che l'assenza di un quadro giuridico sufficiente a livello nazionale che consenta ai giornalisti di utilizzare le informazioni ottenute da Internet senza paura di incorrere in sanzioni ostacoli gravemente l'esercizio della funzione vitale della stampa come "cane da guardia pubblico". Data la mancanza di adeguate garanzie nel diritto interno per i giornalisti che utilizzano le informazioni ottenute da Internet, i ricorrenti non potevano prevedere in grado appropriato le conseguenze che la pubblicazione impugnata avrebbe potuto comportare e, pertanto, il requisito di legalità contenuto nel secondo comma dell'articolo 10 della Convenzione non è stato rispettato.
La decisione, particolarmente garantista per i giornalisti secondo la tradizione della Corte, può avere ripercussioni anche nel nostro ordinamento. La giurisprudenza, infatti, condiziona la responsabilità dei giornalisti nei giudizi per diffamazione alla prova della verità della notizia e, in mancanza di una chiara normativa sulle informazioni acquisite da Internet, tale prova sarà a favore del giornalista anche quando le notizie siano fondate su dati desunti dalla rete.
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