LECCE. Per dispetto diffonde il recapito del rivale in rete e viene condannato a quattro mesi con la condizionale. Oggi, in base al dlgs 196/2003 sulla privacy (già legge 675/1996), è proibito rendere noto finanche il numero di utenza del cellulare. Nel concetto di dato personale rientra "qualunque informazione relativa a persona fisica, persona giuridica, ente od associazione, identificati o identificabili, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”.
Configura allora il trattamento illecito sanzionato dal codice della privacy la condotta di chi per vendetta nei confronti del titolare dell’utenza, diffonde sul web il recapito del “rivale”: inevitabile è la sanzione penale.
È questa la severa sanzione comminata oggi dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 21839, pubblicata il primo giugno 2011 che ha confermato la condanna già inflitta dalla Corte di Appello di Milano l'11 maggio 2010.
Gli ermellini con la sentenza che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta hanno confermato la condanna a quattro mesi con la sospensione condizionale ai danni del frequentatore di una chat line protagonista di un litigio con il gestore del “forum”.
La vicenda portata all’attenzione dalla Suprema Corte riguarda, in particolare la diffida dell’utente dal ripetere indebite intrusioni pubblicitarie: dal web il diverbio si trasferisce sulla linea telefonica, insulti compresi. Per dispetto pubblica su altri canali di chat line il numero del cellulare del rivale, di cui è appunto entrato in possesso grazie alla concitata conversazione. L'autore della violazione della privacy si è salvato dal carcere soltanto perché incensurato, potendo così beneficiare della sospensione condizionale della pena. Del resto, nel caso di specie, l'acquisizione non è stata casuale mentre la diffusione "indebita" è stata certamente voluta al fine di provocare un danno poiché sicuramente pregiudizievole è la diffusione in un ambito generalizzato come Internet di una dato riservato come il recapito del cellulare, che è tanto privato da non figurare in alcun elenco (salvo eccezioni). Né conta quanto tempo il “post” con il recapito “incriminato” sia rimasto on line: ciò che rileva è la diffusione ad ampio raggio, tanto da consentire a chiunque di prenderne eventualmente nota del numero.
Configura allora il trattamento illecito sanzionato dal codice della privacy la condotta di chi per vendetta nei confronti del titolare dell’utenza, diffonde sul web il recapito del “rivale”: inevitabile è la sanzione penale.
È questa la severa sanzione comminata oggi dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 21839, pubblicata il primo giugno 2011 che ha confermato la condanna già inflitta dalla Corte di Appello di Milano l'11 maggio 2010.
Gli ermellini con la sentenza che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riporta hanno confermato la condanna a quattro mesi con la sospensione condizionale ai danni del frequentatore di una chat line protagonista di un litigio con il gestore del “forum”.
La vicenda portata all’attenzione dalla Suprema Corte riguarda, in particolare la diffida dell’utente dal ripetere indebite intrusioni pubblicitarie: dal web il diverbio si trasferisce sulla linea telefonica, insulti compresi. Per dispetto pubblica su altri canali di chat line il numero del cellulare del rivale, di cui è appunto entrato in possesso grazie alla concitata conversazione. L'autore della violazione della privacy si è salvato dal carcere soltanto perché incensurato, potendo così beneficiare della sospensione condizionale della pena. Del resto, nel caso di specie, l'acquisizione non è stata casuale mentre la diffusione "indebita" è stata certamente voluta al fine di provocare un danno poiché sicuramente pregiudizievole è la diffusione in un ambito generalizzato come Internet di una dato riservato come il recapito del cellulare, che è tanto privato da non figurare in alcun elenco (salvo eccezioni). Né conta quanto tempo il “post” con il recapito “incriminato” sia rimasto on line: ciò che rileva è la diffusione ad ampio raggio, tanto da consentire a chiunque di prenderne eventualmente nota del numero.
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