Quando la Puglia aiutò Milano nell’emergenza rifiuti

BARI. Era il 1995, e quando sta accadendo ora a Napoli, accadde anche a Milano sedici anni circa. Il capoluogo meneghino infatti scoppiava di monnezza, preda di una devastante emergenza rifiuti per via della discarica di Cerro Maggiore - la più grande d'Europa - tra i comuni di Milano e Varese. Seguì l’inevitabile guerra politica tra l'amministrazione comunale di Milano, la Provincia e la Regione Lombardia. I rifiuti prodotti in un solo giorno nella provincia di Milano ammontavano a 12mila tonnellate, di cui cinque solo nel capoluogo. Sui piazzali dell'Amsa, in attesa di smaltimento, nel novembre di quell'anno c'erano ben 28mila tonnellate di spazzatura indifferenziata da smaltire. "Se si pensa - spiegarono all'epoca i Verdi - che i prezzi del settore ammontano, per quanto riguarda lo smaltimento, intorno alle 240 lire al chilo, si fa presto a fare due conti''. Quello dei rifiuti era un ''business'' da 1 miliardo e 200 milioni di lire al giorno solo per quanto riguardava Milano.
Gli abitanti di Cerro, con il sindaco Marina Lazzati in testa, fecero uso di ogni mezzo di lotta (anche scioperi della fame e blocchi stradali), per impedire l'arrivo dei rifiuti alla discarica. A scatenare la protesta era stata la decisione della Giunta regionale guidata da Roberto Formigoni di allargare l'area della discarica per consentire lo scarico delle migliaia di tonnellate di rifiuti provenienti ogni giorno dal capoluogo lombardo che, ancora privo di inceneritori, non sapeva dove collocarli.
Nel settembre '95 il governo Dini, per fare fronte all'emergenza rifiuti di Milano, con un decreto nominò lo stesso Roberto Formigoni e il sindaco di Milano, Marco Formentini, commissari delegati per "l'emergenza rifiuti", rispettivamente alla provincia e al Comune di Milano.
Lo stesso stesso assessore comunale all'ambiente Ganapini denunciava: "Ci sono 45mila tonnellate di terriccio inquinato da pesticidi organoclorurati, fra i quali il ddt, e quindi rifiuti tossici nocivi, che sono stati stoccati abusivamente". Ganapini precisava poi che ''le 45mila tonnellate" erano "sparse su undici cumuli alti fino a otto metri e divisi parzialmente dal terreno sottostante solo da alcuni teli di plastica'', con "rischi per contatto, ingestione e inalazione delle sostanze presenti''. Inoltre - sempre secondo Ganapini - proprio lì accanto c'erano "due vasche" con "200mila tonnellate di rifiuti speciali che hanno un'autorizzazione scaduta" e per la quale era stata chiesta una proroga. Secca la smentita dalla Regione: "I controlli effettuati dagli organismi preposti, la Provincia di Milano e l'Usl di Milano, dicono senza ombra di dubbio il contrario".
Ebbene, in un simile caos, chi aiutò la capitale economica italiana ad uscire dall'emergenza rifiuti? L'allora presidente della Regione Emilia-Romagna, Pierluigi Bersani. "In queste ore Milano - spiegava Bersani - abbiamo sentito il dovere di rispondere all'appello del sindaco di Milano in ordine all'emergenza ambientale che la città sta vivendo. La Regione Emilia-Romagna ha condotto una ricognizione delle possibilità di smaltimento. In accordo con i Sindaci di Ravenna, di Ferrara e di Sogliano (Rimini), ho comunicato al Sindaco di Milano ed alla Regione Lombardia la disponibilità a una intesa per l'utilizzazione dei rispettivi impianti; questo al fine di risolvere nel più breve tempo possibile l'emergenza che investe la citta' di Milano". Poco dopo l'assessore all'Ambiente di Milano firmò un'intesa con i Comuni di Ravenna, Ferrara e Forlì per far confluire i rifiuti nei rispettivi inceneritori. Da quel giorno e per tutto il mese di dicembre, 350 tonnellate vennero trasportate quotidianamente fuori regione, altre destinazioni dello smaltimento furono Trinitapoli (Foggia) e Gubbio (Perugia).
Dalla crisi dei rifiuti Milano uscì con il potenziamento della raccolta differenziata e la costruzione di diversi inceneritori (oltre a quelli già esistenti). E mentre oggi Napoli cerca di rialzarsi dopo decenni di malgoverno, la Lega per tutta risposta chiude la porta in faccia a De Magistris, bloccando il decreto sui rifiuti e l'invio della spazzatura fuori regione. La memoria dei leghisti è evidentemente corta.

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