di Nicola Ricchitelli. Era il 30 dicembre di un lontano 1993 quando, alla pagina 22 della sezione cronaca, Domenico Castellaneta di “Repubblica” parlava di una protesta che prendeva forma nella città di Barletta, una protesta che paralizzava il traffico ferroviario di mezza Italia per via dell’occupazione della stazione ferroviaria su iniziativa dell’allora sindaco Raffaele Grimaldi.
La decisione che costò numerosi disagi ai tanti viaggiatori che scendevano al sud in occasione delle vacanze natalizie fu presa all’indomani del consiglio comunale del 29 dicembre quando, dinnanzi alla reiterata assenza del decreto istitutivo della sesta provincia pugliese nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, il sindaco democristiano Raffaele Grimaldi, alla testa di un gruppo di dieci consigliere, quattro assessori e un migliaio di manifestanti, dopo aver sospeso la seduta del consiglio comunale marciarono verso la stazione occupandola.
La resistenza terminava dopo sedici ore dinnanzi al prefetto di Bari Corrado Catenacci che un po’ con le buone, ma soprattutto con le cattive – si narrano di urla del prefetto con cui intimò l’ex sindaco a farla finita con la sceneggiata – riuscì a riportare la situazione nella normalità . Il risultato fu di un'intera linea adriatica mandata in tilt, studenti costretti a dormire in treno per tutta la notte, altri furono costretti a dormire in improvvisate e artigianali tendopoli di fortuna, altri furono costretti ad aggirare l’ostacolo finendo il viaggio in autobus. «Un vero disastro tra Bari e Foggia. E sino a ieri sera la situazione non era ancora tornata alla completa normalità soprattutto per i treni a lunga percorrenza. Tutto per un gonfalone, quello della Provincia di Barletta per la quale il prefetto di Bari si è impegnato a parlare col governo»: così narrava il Castellaneta, un'azione che all’epoca fu definita pazzoide e scellerata, ma che oggi assume connotati eroici.
Difatti lo stesso ex sindaco, all’indomani ella protesta, invitò la popolazione a reagire alla congiura, quella dei media in particolare, rei di "travisare i fatti". Storie di lotte, ma soprattutto storie di barlettani che per la sesta provincia hanno dato tanto, storie di barlettani appunto, non di andriesi e tranesi.
La decisione che costò numerosi disagi ai tanti viaggiatori che scendevano al sud in occasione delle vacanze natalizie fu presa all’indomani del consiglio comunale del 29 dicembre quando, dinnanzi alla reiterata assenza del decreto istitutivo della sesta provincia pugliese nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, il sindaco democristiano Raffaele Grimaldi, alla testa di un gruppo di dieci consigliere, quattro assessori e un migliaio di manifestanti, dopo aver sospeso la seduta del consiglio comunale marciarono verso la stazione occupandola.
La resistenza terminava dopo sedici ore dinnanzi al prefetto di Bari Corrado Catenacci che un po’ con le buone, ma soprattutto con le cattive – si narrano di urla del prefetto con cui intimò l’ex sindaco a farla finita con la sceneggiata – riuscì a riportare la situazione nella normalità . Il risultato fu di un'intera linea adriatica mandata in tilt, studenti costretti a dormire in treno per tutta la notte, altri furono costretti a dormire in improvvisate e artigianali tendopoli di fortuna, altri furono costretti ad aggirare l’ostacolo finendo il viaggio in autobus. «Un vero disastro tra Bari e Foggia. E sino a ieri sera la situazione non era ancora tornata alla completa normalità soprattutto per i treni a lunga percorrenza. Tutto per un gonfalone, quello della Provincia di Barletta per la quale il prefetto di Bari si è impegnato a parlare col governo»: così narrava il Castellaneta, un'azione che all’epoca fu definita pazzoide e scellerata, ma che oggi assume connotati eroici.
Difatti lo stesso ex sindaco, all’indomani ella protesta, invitò la popolazione a reagire alla congiura, quella dei media in particolare, rei di "travisare i fatti". Storie di lotte, ma soprattutto storie di barlettani che per la sesta provincia hanno dato tanto, storie di barlettani appunto, non di andriesi e tranesi.