di Nicola Ricchitelli. «Lassam a vie vecchie pgghiam a via nov, sciam a truè a Maria andò s trov», così narrano le prime righe di uno storico canto popolare barlettano in onore della Vergine dello Sterpeto – “Evviva Maria” - «lasciamo la via vecchia prendiamo la via nuova andiamo a trovare Maria dove si trova»: la via vecchia per l’appunto e nello specifico si tratta di Via Callano, la via che un tempo collegava direttamente Barletta al santuario della Madonna dello Sterpeto, interrotta poi dallo svincolo verso la S.S. 16 bis. Storie di pellegrini e di pellegrinaggi, una tradizione che ha il suo punto di inizio forse dopo il 1656 quando con l’arrivo della peste la “Terra di Baruli” fu stretta nella morsa del morbo – una leggenda tra l’altro narra che durante lo svolgimento di una processione per invocare la cessazione del morbo nella primavera del 1657, all’altezza della chiesa di S.Giacomo una colomba bianca si posò sull’urna del santissimo, e che quindi di lì a poco una fitta nevicata cancellava ogni traccia del morbo – epoca cui numerosi storici ne collocano il rinvenimento della sacra icona.
Ma è nel 1731 che si registra il primo pellegrinaggio quando la mattina del 20 Marzo – seguito da una seconda scossa del 27 Marzo e da altre che si susseguirono fino al volgere dell’anno - un violento terremoto rase al suolo le città del circondario, la Terra di Baruli ne restò si gravemente danneggiata ma subì comunque meno danni rispetto alle altre città. Così narrarono le cronache cittadini di quel tempo:«la devozione verso Beata vergine dello Sterpeto è divenuta profonda e generale. Il suo santuario è divenuto meta di continui pellegrinaggi». Insomma nel corso dei secoli tante sono le grazie che i devoti barlettani hanno chiesto alla Santa Vergine dello Sterpeto, dalla siccità che attanagliava la città nel 1732 prima, e nel 1795 poi, alla crisi vinicola del 1888, e poi gli anni della guerra del 1915-18, quando per tutta la durata del conflitto mondiale i barlettani si recarono al santuario per portare la sacra icona nella cattedrale dove vi rimase esposta per tutto l’arco del conflitto. Prima ancora i barlettani si affidarono alla sacra icona nel periodo della rivoluzione francese del 1799, dove dopo il consueto pellegrinaggio dal santuario a Barletta la sacra icona rimase nella cattedrale di S.Maria Maggiore per ben tre anni. A lei i barlettani intesero affidarsi durante i moti risorgimentali del 1820,1823 e del 1848, durante l’ondata di colera del 1886 e del 1910. «Lassat i cast vost, i cas abbandunat, sciat a truè a Maria dello Sterpeto», lasciate le vostre andate a trovare a Maria dello Sterpeto, una devozione che non si ferma dinnanzi a nessun ostacolo così come racconta una poesia di Gino Garribba, il quale racconta in un dialogo tra mamma e figlia i momenti che precedono il ritorno della sacra icona la mattina all’alba:«M’ne, jalzt’, mamm, cù…ca mangh’ a mess ng truam chiù!. Sa i quatt’ e ng vòl chiù d’n’or ch’scì a p’gghiè a Maddon ca stè fòor!. Màn, spicc’t’, jiiss da ind’o liitt’, lav’t a fecc’ e mitt’t i calziett! Abbesc’ coma Ròs stè a sp’ttè e jè nu buon picch ca ng’ stè a chiamè. Ah…cheda pov’redd stè nguajat’ cu mareit a spass e a figh strupp’jat!…e ch’ fè sapè a madonn a d’vozion vol sci a scalz ràt a br’gssion», lei la mamma sprona la figlia ad alzarsi dal letto quanto prima, di lavarsi la faccia e vestirsi, perché giù c’è Rosa che aspetta, quella Rosa che con un marito disoccupato e una figlia invalida andrà poi a piedi nudi fin al santuario per cercar la grazia. «Vneit tutt quent, ceic, mout e struppiat, cha v guarisc Maria dello Sterpeto», venite tutti quanti, ciechi, muti e storpi che vi guarisce Maria dello Sterpeto, oggi come ieri, i devoti chiedono grazie per un parente ammalato, un tempo si chiedevano di proteggere il lavoro nel mare e nelle campagne così come recita la sua preghiera:«benedici il nostro mare, le nostre campagne, i nostri lavori», oggi come ieri ci si affida a lei per un lavoro che manca a tanti e troppi, a figli, mariti e nipoti. Oggi come ieri si prega per i propri figli e per il loro futuro, una devozione che nonostante la modernizzazione della società barlettana resta intatta se non cresciuta in maniera esponenziale nel corso degli anni. E per coloro costretti a vederla passare sotto il proprio balcone o sotto la propria finestra, comunque loro canteranno sempre: «Stett bon Madonna ma, crè matein ng vdeim, c nen ngi vdeim cha ngi vdeim all’eternità», stammi bene Madonna mia, domattina ci vediamo, se non ci vediamo ci vedremo nell’eternità.
Ma è nel 1731 che si registra il primo pellegrinaggio quando la mattina del 20 Marzo – seguito da una seconda scossa del 27 Marzo e da altre che si susseguirono fino al volgere dell’anno - un violento terremoto rase al suolo le città del circondario, la Terra di Baruli ne restò si gravemente danneggiata ma subì comunque meno danni rispetto alle altre città. Così narrarono le cronache cittadini di quel tempo:«la devozione verso Beata vergine dello Sterpeto è divenuta profonda e generale. Il suo santuario è divenuto meta di continui pellegrinaggi». Insomma nel corso dei secoli tante sono le grazie che i devoti barlettani hanno chiesto alla Santa Vergine dello Sterpeto, dalla siccità che attanagliava la città nel 1732 prima, e nel 1795 poi, alla crisi vinicola del 1888, e poi gli anni della guerra del 1915-18, quando per tutta la durata del conflitto mondiale i barlettani si recarono al santuario per portare la sacra icona nella cattedrale dove vi rimase esposta per tutto l’arco del conflitto. Prima ancora i barlettani si affidarono alla sacra icona nel periodo della rivoluzione francese del 1799, dove dopo il consueto pellegrinaggio dal santuario a Barletta la sacra icona rimase nella cattedrale di S.Maria Maggiore per ben tre anni. A lei i barlettani intesero affidarsi durante i moti risorgimentali del 1820,1823 e del 1848, durante l’ondata di colera del 1886 e del 1910. «Lassat i cast vost, i cas abbandunat, sciat a truè a Maria dello Sterpeto», lasciate le vostre andate a trovare a Maria dello Sterpeto, una devozione che non si ferma dinnanzi a nessun ostacolo così come racconta una poesia di Gino Garribba, il quale racconta in un dialogo tra mamma e figlia i momenti che precedono il ritorno della sacra icona la mattina all’alba:«M’ne, jalzt’, mamm, cù…ca mangh’ a mess ng truam chiù!. Sa i quatt’ e ng vòl chiù d’n’or ch’scì a p’gghiè a Maddon ca stè fòor!. Màn, spicc’t’, jiiss da ind’o liitt’, lav’t a fecc’ e mitt’t i calziett! Abbesc’ coma Ròs stè a sp’ttè e jè nu buon picch ca ng’ stè a chiamè. Ah…cheda pov’redd stè nguajat’ cu mareit a spass e a figh strupp’jat!…e ch’ fè sapè a madonn a d’vozion vol sci a scalz ràt a br’gssion», lei la mamma sprona la figlia ad alzarsi dal letto quanto prima, di lavarsi la faccia e vestirsi, perché giù c’è Rosa che aspetta, quella Rosa che con un marito disoccupato e una figlia invalida andrà poi a piedi nudi fin al santuario per cercar la grazia. «Vneit tutt quent, ceic, mout e struppiat, cha v guarisc Maria dello Sterpeto», venite tutti quanti, ciechi, muti e storpi che vi guarisce Maria dello Sterpeto, oggi come ieri, i devoti chiedono grazie per un parente ammalato, un tempo si chiedevano di proteggere il lavoro nel mare e nelle campagne così come recita la sua preghiera:«benedici il nostro mare, le nostre campagne, i nostri lavori», oggi come ieri ci si affida a lei per un lavoro che manca a tanti e troppi, a figli, mariti e nipoti. Oggi come ieri si prega per i propri figli e per il loro futuro, una devozione che nonostante la modernizzazione della società barlettana resta intatta se non cresciuta in maniera esponenziale nel corso degli anni. E per coloro costretti a vederla passare sotto il proprio balcone o sotto la propria finestra, comunque loro canteranno sempre: «Stett bon Madonna ma, crè matein ng vdeim, c nen ngi vdeim cha ngi vdeim all’eternità», stammi bene Madonna mia, domattina ci vediamo, se non ci vediamo ci vedremo nell’eternità.