MARTINA FRANCA (TA). Prima rappresentazione mondiale in tempi moderni per Il Novello Giasone di Francesco Cavalli e Alessandro Stradella, domani sera, nel Teatro Verdi di Martina Franca, ore 21, nell’edizione critica curata da Nicola Usula e Marco Beghelli e la consulenza di Lorenzo Bianconi.
Giasone è forse l’opera più rappresentativa di tutto il Seicento: molto più dei capolavori stessi di Monteverdi (che fu il maestro di Cavalli) che, pur preparando il terreno al nuovo genere, ebbero certamente minore diffusione e popolarità . Tuttavia la fortuna di Giasone e in generale dell’opera in musica di questi anni la si comprende meglio non quale esempio, fra i primi, di opera «mercenaria» (cioè destinata a un pubblico pagante), ma come ultima novità - quasi un nuovo corso - di un genere ormai acquisito e tradizionalmente consolidato: la commedia dell’arte. La vicenda raccontata da Cicognini è quasi del tutto indifferente al mito (dove al più Medea incantatrice offre il pretesto per introdurre quelle scene infernali che tanta fortuna avranno in seguito), e la storia, osservata con divina partecipazione da Apollo e Amore, ruota attorno ai propositi matrimoniali di Giasone, tutt’affatto disinteressato a recuperare il suo bravo vello d’oro e invece assai coinvolto in affari amorosi con due fanciulle a cui aveva già regalato un paio di pargoletti a testa: Isifile, la buona, ma ormai un amore passato, e Medea, l’attuale amata, ma donna crudele. Apollo crede nel Fato e punta su Medea; Amore crede in se stesso e parteggia per Isifile. Perderanno entrambi giacché Giasone, impossibilitato a sposare Medea, si concederà a Isifile (che aveva appena tentato di gettare da un dirupo) in un momento di pietosa debolezza provocato dalla di lei scenata. Cicognini, il più acclamato drammaturgo del momento, si muove nel dramma per musica e la prosa con la stessa disinvoltura con cui passa dal comico alla tragedia sacra. L’edizione che sarà rappresentata domani, quella appunto di Stradella risulta più moderna, concisa e spettacolare, con alcuni interventi rispetto alla partitura originale: il prologo che si inserisce in un ricco filone di prologhi seicenteschi, l’intermezzo tra gli atti II e III, un breve diverbio comico e la scena III, 14, che vira nel comico rispetto all’originale in cui l’eroe si tormenta nel rimorso di aver soppresso l’innocente Isifile. L’opera di Cavalli rafforzata da Stradella apre uno squarcio affascinante sul laboratorio dell’opera alla veneziana, nel passaggio dalla prima alla seconda generazione: è la fase in cui il genere, diffondendosi in tutta Italia si stabilizza nelle forme drammatiche e musicali come nelle routines produttive, tenendo d’occhi le aspettative di un pubblico oramai smaliziato.