Festival della Valle d' Itria: domani in scena "Il Convitato di Pietra" di Tritto

MARTINA FRANCA (TA). Il Convitato di Pietra di Giacomo Tritto (1733-1824) opera workshop del 37° Festival della Valle d’Itria, in collaborazione con l’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”, sarà rappresentato domani 30 luglio nel Chiostro della Chiesa del Carmine, ore 21, nella versione revisionata a cura di Roberto De Simone. Questa farsa in due parti di Giambattista Lorenzi (1720-1807) venne più volte ripresa sino al 1809. Don Giovanni, che è venuto a sapere di un appuntamento di Donna Anna con il suo fidanzato Ottavio, si presenta nei panni di quest’ultimo sotto il balcone della ragazza con un gruppo di suonatori, per intonare la classica serenata. Fa quindi visita a Donna Anna, ma, scoperto, uccide in duello il padre della ragazza. Dopo questa notte drammatica, l’azione si sposta in campagna, dove Pulcinella e Lesbina si apprestano a festeggiare le nozze prossime. Don Giovanni insidia immediatamente la nuova coppia, seducendo Lesbina con la promessa di elevare la sua condizione sociale. Frattanto, il ministro di giustizia Dorasquez ordina l’arresto del libertino dietro le accuse di tre donne. In città le fantasticherie di Lesbina e di suo padre Bastiano, che vagheggiano il loro avvenire nobile, vengono interrotte dalla comparsa di Don Giovanni, che si sta rifugiando in una chiesa per scampare all’arresto. Lì il libertino trova il monumento funebre del defunto Commendatore, che lo invita a cena per bocca di Pulcinella. Nell’atrio del tempio Don Giovanni offre al servo un napoletanissimo piatto di spaghetti: compare allora la statua del Commendatore che invita i due a cena prima di librarsi a mezz’aria. Intanto, presso il marchese Dorasquez, si legge nella confusione generale la sentenza regia che condanna Don Giovanni prima al matrimonio e quindi alla decapitazione. Ma il libertino si trova ora in un tempio, dove osa infrangere l’antico divieto di nutrirsi di cibi riservati ai morti. Accetta di stringere la mano del Commendatore, ma rifiuta di pentirsi, sprofondando perciò all’inferno. Irrompono tutti i personaggi, ai quali Pulcinella spiega l’accaduto, mentre appare, attraverso uno squarcio nella terra, Don Giovanni nella sua terribile condizione di dannato. Del mito di Don Giovanni emerge prepotentemente il sostrato arcaico, in cui è centrale il tema della profanazione del regno degli estinti. Il protagonista arretra, come personaggio caratterizzato individualmente, di fronte alla debordante ambientazione popolare, che si esprime soprattutto attraverso i personaggi di bassa levatura sociale, tra cui, in primis, Pulcinella: un Leporello napoletano di grande autonomia scenica che si esprime rigorosamente in dialetto e che s’impone come parte principale dell’opera, totalizzando un’aria, un duetto e un terzetto, nonché la presenza costante nelle scene più importanti, nel concertato introduttivo e in quello finale.
La fortuna di Tritto ai nostri giorni è dovuta a quest’opera, messa in scena nel febbraio del 1985 da Roberto De Simone a Napoli, al teatro di Corte di Palazzo Reale, in una produzione ben riuscita. Se più di uno studioso, alla semplice lettura della partitura, aveva giudicato l’opera un buon lavoro di maniera, pubblico e critica trovarono irresistibile il meccanismo musicale e teatrale innescato da Tritto e da Lorenzi

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