di Vittorio Polito - Nel nostro asettico universo, in cui la tecnologia lotta contro l’inquinamento, senza riuscire a vincerlo, e nel quale i mass media spalancano le loro colonne e i loro schermi a ogni sorta di pubblicità mirante al lancio di prodotti per combattere i cattivi odori, l’uomo ha ben poche occasioni per registrare sensazioni olfattive, siano esse piacevoli o meno. Molti frutti, verdure ed altri alimenti, che una volta offrivano caratteristici odori alle cellule dell’odorato, oggi coltivati con tecniche artificiali, stipati per giorni in speciali frigoriferi per maturazione e conservazione, inevitabilmente rivelano una quasi totale assenza di odori e sapori, facendo rimanere in letargo le nostre cellule olfattive.
L’olfatto, l’organo dell’odorato, stimolato da oltre cinquemilioni di cellule che eccitano le terminazioni nervose e invitano il cervello alla decodifica del tipo di fragranze, è l’organo di senso preposto alla funzione specifica della percezione degli odori. Esso va perdendo sempre più il suo ruolo nel corso dell’evoluzione della razza umana, se solo si considera che l’uomo primitivo affidava all’odorato compiti importantissimi, come la ricerca del cibo, la difesa dai pericoli, l’eccitazione dell’appetito sessuale, ecc.
Sull’argomento non mancano aneddoti e storielle curiose. Si narra, ad esempio, che Enrico IV, re di Francia, indirizzò ad una delle sue amanti un biglietto di questo tenore: «Domani verrò da voi, mia adorata. Mi raccomando che non vi laviate. Mi piace il vostro odore forte», mentre i malevoli asserivano che egli stesso, per dare il buon esempio (?), «puzzava come un caprone», ma pare anche che una delle sue ‘conquiste’ gli sussurrasse: «Bisogna proprio che siate il re perché vi sopporti. Altrimenti…».
L’opinione di Yasunari Kawabata (1899-1972), scrittore giapponese, è un po’ diversa da quella del monarca francese, infatti, egli sostiene che: «La pelle di una donna prende ad emanare profumo solo quando è tra le braccia di un uomo che le piace. Una donna anche giovanissima sembra sia incapace di frenare questo profumo. Esso dà coraggio all’uomo, lo rasserena, gli dà pace. Con quel profumo la donna comunica silenziosamente il suo assenso». Lo stesso Casanova affermava di aver sempre trovato soave l’effluvio delle donne che aveva amato. Il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), considerava invece l’olfatto «Il più superfluo ed ingrato dei nostri sensi. Il più nemico della razionalità e quindi della libertà dell’uomo». Sta di fatto che la percezione degli odori, nostri ed altrui, sarebbe perciò alla radice anche di comportamenti apparentemente “razionali” o almeno intenzionali, in quanto il sistema olfattivo ‘dialoga’ con il cervello attraverso un asse che collega ipotalamo e bulbi olfattori.
Oggi, purtroppo, a causa delle innumerevoli aggressioni alle delicate strutture sensoriali del nostro odorato da parte degli agenti chimici inquinanti, questa importantissima funzione, sta andando sempre più in disuso.
All’olfatto è legato anche uno degli aspetti della storia dei profumi, quello religioso, in quanto l’uomo fu talmente sensibile alle sostanze odorose, da utilizzarle, sia per riconciliarsi con gli dei, che per disinfettarsi. A quest’ultimo proposito si trova traccia addirittura nell’Odissea, ove Ulisse, di ritorno a Itaca, fa bruciare dello zolfo per purificare il proprio palazzo, dopo aver sterminato i Proci e i suoi infedeli servitori. Anche nella Bibbia (Esodo 40,27), è scritto che Mosè costruendo il tabernacolo «Vi bruciò sopra l’incenso aromatico…». I profumi servivano anche a combattere i cattivi odori ed a scacciare il demonio. Essi mantenevano intorno alla rappresentazione della divinità nel tempio un’atmosfera favorevole all’accoglimento delle preghiere. La leggenda ricorda che Melisseo, re di Creta e padre di Amaltea, l’affascinante ninfa che nutrì il giovane Zeus con il latte della sua capra salvandogli la vita, fu il primo a sacrificare alcune pecore per bruciarle e accarezzare così, attraverso il velo del fumo, le narici degli dei. La tradizione si tramanda ancora oggi con l’uso dell’incenso che, diffuso attraverso il turibolo, è utilizzato in diverse cerimonie cristiane. Emanuela Angiuli, ipotizza che «La nuvola di fumo che sale dall’altare trascina dalla terra verso il cielo, in mille profumate spirali evanescenti, la voce dei desideri. Così gli uomini parlano agli dei…».
Sta di fatto che le regine si procuravano a qualunque costo i profumi che il lusso e la gloria del loro rango esigevano. Vi sono numerose testimonianze che concordano nell’affermare che Cleopatra non disdegnava enormi quantità di profumi di fiori e di balsami odorosi che gli uomini le offrivano per esaltare la sua bellezza. La regina di Saba portava in dono a Re Salomone, oro, ma anche profumi e aromi.
La scoperta del Nuovo Mondo ed il conseguente intensificarsi dei commerci con le Indie e la Cina portarono poi molti prodotti nuovi, alcuni dei quali utilizzati in profumeria e la loro attività divenne rilevante col progredire della civiltà. Nel 1190, in Francia, i profumieri ottennero un riconoscimento ufficiale e la regolamentazione dell’esercizio della professione per la quale si esigeva un lungo periodo di apprendistato.
Oggi le nostre strutture sensoriali olfattive, forse, proprio a causa dei numerosi eccitamenti odorosi, si sono ‘annoiate’ a tal punto da preferire agli odori naturali quelli delle miscele odorose sempre più raffinate e penetranti che, reclamizzate e ben confezionate, possono essere acquistate in una qualsiasi profumeria, per meglio soddisfare le variate esigenze olfattive, sia femminili che maschili. Ma, Re Salomone, nel Canto dei Cantici, un sorprendente inno d’amore, fa non meno di venti allusioni ai profumi che aleggiano sui corpi degli amanti, consigliando di dare la preferenza al proprio effluvio, poiché l’odore che emaniamo supera ogni profumo.